SCIASCIA PRESENTA CALANDRI
Tre lastre di poesie SCIASCIA PRESENTA CALANDRI Tre lastre di poesie : Una raccolta di tre incisioni di Mario Calandri con uno scrìtto di Leonardo Sciascia sarà presentala uggì alle ore 16,30 alla Grafica Internazionale di Torino. Ecco l'introduzione di Sciascia. Forse s'incontravano spesso quando Maccari è stato a Torino redattore della Stampa diretta da Malaparte (esperienza che finì con un «incidente» cine Maccari racconta estraendo dal p/iccolo dramma di un licenziamento in tronco, negli anni del fascismo, una sequenza di elementi comici) e certo raramente oggi: ma tra Mario Calandri e Mino Maccari ce amicizia e reciproca ammirazione. Ho parlato di Calandri con Maccari e di Maccari con Calandri (mi piacérebbe incontrarli assieme): e.ho scoperto quest'amicizia, qliesta affinità, che va al di là del loro diverso mondo espressivo e riguarda il loro modo di vita; il loro piacere di disegnare, di incidere, di dipingere; il loro non prendersi sul serio agli effetti della notorietà, del successo, del mercato e il loro prendere su! serio, invece, il piacere e il gusto di quel lavoro, l'affinarlo, il perfezionarlo; e il trovare in esso, insomma, premio sufficiente, del tutto appagante, al di fuori; di ogni esibizione e pratica. Entrambi restii a far mostre c alquanto noncuranti di quel che gli addetti ai lavori dicono delle loro cose; e, per dirla con le parole del poeta, non intesi af vii guadagno, alle più o meno artefìciate quotazioni, ai prezzi. Che è noncuranza, quella riguardo ai prezzi, che in questo nostro mondo si paga: e non è un giuoco di parole. Altre affinità si possono notare nel loro essere spiritosi ed ironici: nel lampo di una frase il piemontese Calandri, solido e taciturno; in un continuo scoppiettio il toscano Maccari, loquace e guizzante; e ancora nell'aver letto entrambi {anti libri, acutamente scegliendo i propri: quelli, voglio dire, che più rispondevano e meglio si accompagnavano, alla loro visione della vita, al loro pensarla e fantasticarla. In ciò. si capisce, diversi: si può infatti, di Ironte alle loro cose, pensare a un Calandri lettore di assidua attenzione di uno scrittore come Henry James (che non è un tirare a indovinare, ma un dato che specialmente si ricava da una nota di Giovanni Romano); ma si deve pensare a un Rabelais e ai libertini del XVIII secolo per Maccari. Ma è da dire che la grande e difficile arte dell'incisione, a cui Calandri, Maccari e pochi altri hanno dedicato gran par te del loro tempo, in Italia non gode di molto amore. E magari ci sarà, in questa mia affermazione, una certa malizia: ma è grazie all'ingente lievitare dei prezzi che le ac queforti di Morandi sono di ventate cos'i ricercate. Bollissi me e di sicuramente limitata tiratura. Ma davvero sono più belle di almeno cinquanta incisioni di Luigi Bartolini, di almeno venti di Tono Zanca naro? E nominiamo soltanto questi due artisti contempo ranci che non sono più: che magari saranno stati disordinati nella numerazione dei loro fogli, ma non è pensabile abbiano dichiarato più basse del vero le tirature, conside fando anche la scarsissima ri chiesta, ancor più di ora, nel momento in cui erano attivi. Ho visto più di una volta Tono Zancanaro numerare le sue acqueforti, di cui si portava dietro qualche esemplare non firmato e non numerato: e avevo l'impressione che 1 numerasse dando numeri ^simpatici» ai collezionisti ;he gli erano simpatici (per esempio, il 7); e una volta, a confermarmi l'impressione Oli disse che poteva benissimo darsi si trovassero due stesse sue incisioni con lo stesso nu mero d'ordine, ma mai falso i numero che dichiarava la tira tura. Ma questa è una piccola divagazione: a ricordo della mia lunga amicizia e dei tanti incontri con Tono. E poche volte ci siamo incontrati, co me lui diceva, ih «terrafer ma»; ma due o tre volte l'anno, nei .suoi lunghi soggiorni in Sicilia: terra che goethiana mente, come «chiave di tut fù», amava. Tono ha alimentato e reso esperiente il mio gusto pe l'incisione, che, direi, quasi istintivamente, già avevo: sicché a lui debbo anche una più approfondita e goduta distinzione tra le incisioni che niente di più sono che una moltiplicazione di un disegno e quelle che sono invece, autonomamente, per necessità espressiva, incisioni. Acqueforti, acquetinte, vernici molli, puntesecche, bulini: e ciascuna tecnica obbedendo a una intrinseca necessità. Da una tale «necessità» nascono le acqueforti di Mario Calandri: e con dietro un'c-, sperimentazione tecnica così lunga, intensa e sottile da non tarsi sentire nei «risultati», da «scomparire»: da essere, insomma, soltanto poesia. Che è quel che accade ad ogni tecnica, quando appunto si raggiunge la poesia. Poiché la tecnica, per raffinata e meticolosa che sia, può anch'essere un guscio vuoto, se non espri- s ■ ■ - ' ri——f"si me le cose di dentro. E si può anche arrivare, padroneggiandola, ad averne un certo sprezzo: ma per, direi, urgenza di poesia, come si vede in certe cose di Bartolini. Che è, Bartolini o almeno così a me pare, l'incisore cui Calandri è più vicino nel tempo: e specialmente pensando alle incisioni più «nette», più «lavorate» di Bartolini; mentre tante altre, pur suggestive, si appartengono al Bartolini cacciatore, cacciatore di immagini, alla Renard, come di selvaggina, il fucile in spalla e le lastre e i punteruoli in tasca: come quell'altro grande incisore francese, Dunoyer de Segonzac, cui in effetti poco assomiglia Bartolini e forse un po' più Calandri, ma soltanto per certi momenti che colgono l'ariosità della natura, per certi temi (il circo in Segonzac, il mondo delle giostre in Calandri), per certi toni (quali, in Segonzac, nella famosa incisione delle Demoiselles de la Marne e più frequenti in Calandri nelle nature morte). Più lontanamente, volendo stabilire una continuità storica dell'incisione italiana, le cose di Calandri possono richiamare quelle di Telemaco Signorini; e, ovviamente, quelle della scuola piemontese da cui viene. Ma sono, i miei, punti di riferimento da dilettante, non del tutto sicuri. E in definitiva: le acquetorti di Calandri, a giusto titolo «peintre-graveur» (non soltanto pittore, non soltanto incisore: ma incisore che sulla lastra sa fare a meno della pittura proprio nell'atto di viverla, per come la più grande riflessione su questa forma di espressione vuole che siano i veri incisori), sono tra le più belle di questa difficile arte. Difficile a praticarsi, specie nell'impazienza dell'oggi; ma difficile anche nell'essere amata, e da pochi. Leonardo Sciascia Mario Calandri. «Marzo», una delle tre incisioni della raccolta
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