Un'armata Brancaleone

Un'armata Brancaleone Tra Isernia e Campobasso la necropoli dei guerrieri bulgari Un'armata Brancaleone Nel VII secolo un gruppo di cavalieri lasciò la Pannonia per venire a «lavorare» nel Sannio, agli ordini dei Longobardi - Fra di loro il figlio di un re, sepolto con il suo cavallo e la giovane promessa sposa DAL NOSTRO INVIATO CAMPOBASSO — Mori di vecchiaia: 63 anni, dicono gli esperti, traguardo più che rispettabile per l'epoca. Probabilmente fin quasi all'ultimo restò quell'uomo vigoroso dalla volitiva, quadrata mascella che tanto rispetto aveva saputo incutere alla gente del posto. Era stato piuttosto alto, aveva trascorso la vita a cavallo, accanto a lui con una cerimonia che dovette riunire molte persone posero gli arredi di un capo. Eppure è difficile credere che le ultime ore di Altzek siano state serene. Sarà stato a causa di quella giovinetta. Bore mai colto sepolto accanto a lui con gli arredi di una sposa, o forse colpa di un'ultima occhiata al panorama. Aveva viaggiato per anni, il cavaliere, varcato montagne e paludi, rubato donne, governato città e adesso si ritrovava in una piana desolata proprio come i luoghi da cui era fuggito. Anni di lotte per passare da una steppa a un'altra. Sorride la sovrintendente alle antichità, rincorrendo queste suggestioni. Per la prima volta in Italia, una necropoli dell'Alto Medio Evo svela civiltà e riti lontani migliaia di miglia, mostra tombe in cui cavalieri del Settimo Secolo erano stati sepolti coi loro cavalli. Un'usanza asiatica mai comparsa prima dalle nostre parti, la prova di una presenza finora soltanto accennata dalle fonti proprio perché marginale. Non la storia di un'altra invasione, di un'ennesima migrazione dall'Asia verso il bacino del Mediterraneo: piuttosto quella di una.piccola truppa, di una •sporca dozzina» (o centuria, le cose non cambiano) arrivata dalla Pannonia al Sannio senza carri, senza arredi, senza mogli e forse senza scopi, escluso quello di sopravvivere. , Anche il nome dato ai resti del primo «capo» trovato col suo cavallo esprime solo una speranza: Altzek, o Alzecone, si chiamava l'unico bulgaro di cui negli annali sì trovi traccia. Era il quinto figlio del grande re Koubrat, l'unificatore di un popolo di nomadipastori allora sparso fra il Volga e il Danubio. Anche definirli bulgari non è del tutto esatto, oggi la Pannonia ricade in territorio ungherese, n re comunque era morto nel 642: del figlio si ritrova traccia una ventina d'anni dopo. Fra Isemia e Campobasso. Cosa c'era venuto a fare? L'area da cui Altzek si muove è nel Settimo Secolo fra le più inospitali. Persiani, Turchi ed Avari la fanno da padroni, i nomadi-pastori se la passano davvero male. Così Altzek parte verso l'Ovest coi suoi armati. Poca gente: se ne trova un labile segno nell'Esarcato di Ravenna, dove i Bulgari transitano invitati sollecitamente a proseguire, e poi più nulla, tranne che per la stazione d'arrivo. Intorno al 660 Altzek e i suoi si presentano a Romualdo, duca longobardo di Benevento. Scrive Diodoro Siculo che i bulgari, -di attrezzi agricoli provvisti e di bestiame », furono spediti dal Duca nelle valli del Volturno, del Bifemo e del Tammaro. Una landa inospitale, falcidiata da scorrerie, terremoti e pestilenze, gelida d'inverno e calda d'estate, con poca terra da coltivare e pochi villici da sfruttare, una sola via di comunicazione (la «Minucia» o Beneventana) e tre paesi in rovina. Di quei tre centri (Baiano, Serino, Isemia) Altzek diventa «gastaldo» ossia governatore per conto dei Longobardi. La necropoli su cui oggi si sta lavorando è proprio li. L'antica via, oggi ridotta un tratturo, scorre a meno di cento metri dai luoghi della sepoltura. •/ bulgari — spiega Valeria Ceglia, responsabile degli scavi — dovevano essersi collocati a ridosso di un'antica "villa" romana-. Di un'azienda agricola che al¬ meno assicurava loro la sussistenza. La necropoli appare circoscritta, quasi isolata da altre tombe che pure affiorano nella zona come il cimitero di un'orgogliosa minoranza. Guerrieri di razza centroeuropea, donne del luogo. Le «tombe dei cavalli» sono tutte li: la prima, quella di «Altzek», è venuta alla luce nell'ottobre dello scorso anno, altre due durante la seconda campagna di scavi. Intorno, altri 45 sepolcri che in genere contengono resti di donne o di bambini. Per i dignitari, la fossa è più grande. Altzek aveva accanto uno scudo, una punta di lancia, una spada: appoggiato al ventre, un lungo coltello. A fianco, steso come a guardarlo, lo scheletro di un cavallo. Accanto, nelle altre due tombe di -capi» finora venute alla luce, altri scheletri di cavalli e altri arredi. Uno dei cavalieri (sempre con lancia, spada, coltello) portava al dito un anello ricavato da una moneta d'oro e ornato da una pietra incisa con un simbolo. Alla «lettura» di quell'incisione la soprintendente Gabriella d'Henry ed il professor Gianfranco De Benedittis, che l'affianca nelle ricerche, attribuiscono adesso grande significato. 'Sulla vita di questo gruppetto di cavalieri proiettato nella pianura sannita — spiega la soprintendente — si potrebbe fare qualsiasi ipolesi. Ma certamente quel che sta venendo alla luce nella zona di Campochìaro costituisce una novità assoluta'. Anche Bruno Genito, docente all'Orientale di Napoli e prezioso consulente (da anni conduce scavi in Ungheria) è dell'idea che dalla pianura sannita stia per avere origine un «giallo» archelogico di non poca portata. 'Bulgari? Può essere. Quei cavalieri furono sepolti secondo tradizioni asiatiche, seguile dalla Siberia all'Ungheria fino dall 'età del rame'. E poi c'è il mistero della fanciulla. Nella tomba a fianco di quella di Altzek sono stati trovati i resti di quella che pareva una giovane donna, agghindata con orecchini di tipo asiatico, collane, monili, ciondoli. Un arredo particolarmente sontuoso. 'La moglie del capo-, pensarono subito gli archeologi, almeno finché esami più accurati spensero gli entusiasmi. Quella donna vestita come una cortigiana in realtà era slata solo una bambina: doveva avere nove, dieci anni al massimo. Non una moglie, dunque: forse una moglie promessa, una di quelle splendide creature che un tempo i -capi- usavano riservarsi in attesa che la pubertà le rendesse donne. Forse andò davvero così, forse no. Certo adesso, mentre si conclude la seconda campagna di scavi e la pianura sannita si prepara all'inverno, fa ancora più tristezza pensare agli ultimi giorni di Altzek. • g. z.

Persone citate: Baiano, Bruno Genito, Diodoro, Gianfranco De Benedittis, Persiani, Serino, Siculo, Turchi, Valeria Ceglia