Un salone, un prato, un quartiere weekend a Padova con memorie

Un salone, un prato, un quartiere weekend a Padova con memorie La mostra sul Palalo della Ragione è un motivo in più per visitare la citià veneta Un salone, un prato, un quartiere weekend a Padova con memorie LA stagione autunnale è forse il periodo migliore per visitare Padova. Lontani dalla calura e dalla piatta luce dell'estate, dimenticate le frotte di pellegrini che ogni anno giungono in visita al «Santo» — così i padovani chiamano • semplicemente la basilica di Sant'Antonio — la tranquillità e la luce dell'autunno inoltrato, con la sua colorazione rossastra, sono senz'altro lo sfondo più adatto permeglio cogliere gli infiniti toni chiaroscurali di questa città, 1 continui passaggi dalla penombra alla luce, dalla luce allo spazio. v E passeggiare per Padova può essere allora occasione per vedere là città sotto un profilo diverso, meno tipicamente turistico, seguendo un filo rosso che non si limita più ad unire i monumenti «importanti» tra loro, ma cerca di coglierne il significato nel rapporto con la città: fatta di monumenti ina anche di edifici, di case, di strade. E fatta, soprattutto, di spazio; dei rapporti spaziali che tra questi edifici esistono, del magico equilibrio che Padova ancora conserva nell'alternarsi continuo di spazi angusti e spazi dilatati, spazi chiusi e spazi aperti. Gli spazi chiusi: Palazzo della Ragione. Nel centro di Padova, letteralmente incastonato tra piazza delle Erbe e piazza del Frutti, si trova 11 Palazzo della Ragione, uno dei più grandiosi monumenti eretti in Italia all'epoca dei Comuni. La sua nascita risale al 1218, quando si decise di edificarlo come tribunale cittadino, luogo cioè in cui veniva amministrata la giustizia del nuovo governo comunale. Per quanto rimaneggiato più volte nel corso dei secoli, il Palazzo della Ragione conserva essenzialmente la struttura che aveva allametà del 1400, con un grande ambiente uricrj'td piano supejftbré;--p: che ikpadovani chiamano «il Salone» — e un piano terre¬ no percorso da lunghi vòlti lungo le facciate, sède fin dal Medioevo di numerose "botteghe. Oggi, ad oltre sette secoli di distanza, il Palazzo della Ragione non ricopre più le funzioni civili del passato ina continua ad essere al centro della vita cittadina: fare la spesa «sotto al Salone» o nei mercati di frutta e verdura che ogni mattina si tengono nelle piazze antistanti è una pratica profondamente radicata nelle tradizióni cittadine. E infatti poche zone di Padova sono cosi frequentate in ogni stagione, altrettanto dense di suoni, colori, voci. Chi visita il Palazzo della Ragione sarà prima di tutto colpito dai suol rapporti spaziali. Dalla perfetta armonia con cui l'edificio è inserito nello spàzio circostante, che attraverso i portici ed il profondo loggiato lo penetra e lo attraversa. Dal¬ la sconfinata grandezza dell'unico ambiente superiore, cosi incomparabilmente vasto che venne definito da Goethe, che lo vide durante il suo viaggio in Italia, «un angolo d'infinito». Diviso originariamente in tre ambienti, il plano superiore venne rimaneggiato alla metà del 300 dall'architetto Fra Giovanni degii Eremitani, che lo trasformò in quella che è a tutt'oggi la sala pensile più grande d'Europa; l'interno venne completamente affrescato da Giotto, secondo la tradizione ispirata dal famoso mago-astrologo Pietro d'Abano. Gli affreschi purtroppo andarono distrutti durante un incendio che devastò il salone nel 1420, ma vennero prontamente rieseguiti dai pittori Miretto e Stefano da Carrara e costituiscono uno dei rarissimi cicli astrologici medioevali oggi conservati. Per visitare il Palazzo del¬ la Ragione c'è oggi, e fino al 26 febbraio, un motivo in più: una mostra, organizzata dal Comune di Padova e intitolata «Il Salone mostra se stesso» (orario 0-13 e 1418,30; chiuso il lunedi; ingresso lire duemila), che ripercorre la stòria di questo importante edificio documentandone lo stato attuale e che per la prima volta permette al pubblico, tramite un apposito ponteggio, di osservare da vicino gli affreschi delle fasce superiori. Gli spazi aperti: il Ghetto e Prato della Valle. In fatto di spazi urbani Padova non è mai stata città generosa. Cresciuta fino a metà Ottocento senza oltrepassare la cerchia delle mura cinquecentesche, con le sue strade strette, irregolari, spesso tortuose, nel passato ha dato non pochi problemi a chi voleva farne un centro al passo con 1 tempi, dotato di una buona viabilità, ma so- prattutto di un forte impianto scenografico. Chi visita : oggi 11 vecchio centro cittadino soltanto in parte può' rendersi conto dell'intricata tràina Viaria che componeva, o del numerosi navigli che conferivano alla città un aspetto,unico, oggi ricordati solo dalla toponomastica delle vie. Eppure, nonostante le distruzioni, ancora si può cogliere a Padova la misura di una città fatta di spazi angusti, quasi stipati di strade ed edifici — come è il caso del «ghetto», l'antico quartiere ebraico — ma capace anche di comprendere al suo internò la spazialità, sconfinata della piazza più grande d'Europa. Il quartiere del Ghetto, nel cuore della vecchia Padova, viene costituito ufficialmente nel 1601 come domicilio coatto per la gente ebraica in una zona già tradizionalmente occupata da quella popolazione. L'area è quella più prossima alle grandi piazze Comunali, sede ieri come oggi di mercato. Pur non presentando singoli edifici degni di particolare rilievo, la zona è una delle più pittoresche della città, caratterizzata da un'edilizia che, nell'impossibilità di espandersi al di fuori dei confini assegnati, si è sviluppata verticalmente. Passeggiando per le strade acciottolate è ancora possibile ritrovare qualche sprazzo della dimensione autentica di quella zona, fatta di anguste strade perticate, di scorci improvvisi che lasciano intravedere la mole grandiosa del Palazzo della Ragione, di edifici che recano ancora tracce evidenti di facciate un tempo affrescate. Ma è forse la vitalità di questo piccolo quartiere, oggi come allora ricco di botteghe, soprattutto orafe, a costituire la vera continuità con 11 passato. E nel cuore del.Ghetto è possibile ritrovare anche i piatti della | cucina tradizionale padovana, come nell'antico risto- rante Dotto, in via dei Soncin, a due passi dal Palazzo della Ragione. Dagli spazi compressi e odorosi del vecchio quartiere ebraico, lasciandosi alle spalle piazza delle Erbe e dirigendosi invece.verso via Roma e via Umberto I, si passa, dopò pochi minuti di percorso porticato, alla dimensione dilatata di Prato della Valle. Quella che i padovani chiamano confidenzialmente «ihPra'» è una piazza vastissima ed alberata, episodio unico nella storia della città europea. Che abbia una grandissima rilevanza urbanistica lo si può capire osservando una qualsiasi pianta topografica della città: nel generale affollamento Prato della Valle emerge prepotentemente come una gran macchia bianca, una voragine aperta nel reticolo delle vie cittadine. ' L'importanza della zona è antica quanto la città stessa, e già dal primo secolo dopo Cristo viene determinata la sua vocazione a luogo d'incontro e spettàcoli con la costruzione di un teatro grandioso, ricordato dai posteri come Zairo, corruzione dialettale del termine greco theatron, ed i cui resti, che dovettero essere cospicui, furono riutilizzati, secondo le consuetudini del tempo, per le fondazioni del Ponte di Rialto a Venezia. La forma moderna di Prato della Valle, che per lungo tempo è stato un territorio aquitrinoso, si deve al provveditore veneziano Andrea Memmo, che nella seconda metà del 1700 jsrogettò di reritìère queTlubgò'd'ÈScon' troédimércStò*..:'ùrra'delle più sorprendenti . piazze d'Europa». Al centro della vasta area irregolare venne quindi tracciata una canaIetta anulare, di forma ellittica, alimentata da un condotto sotterraneo collegato con 11 vicino canale Alicorno. La zona circondata dalla canaletta, che < secondo il progetto del Memmo doveva accogliere botteghe e pa- diglioni e che fu invece alberata, si costituisce quindi come un'isola, collegata da quattro ponti alla «terraferma cittadina». Un doppio filare di 88 statue di personaggi illustri contorna le due sponde del canale conferendo alla piazza un aspetto incomparabile. Per quanto oggi l'assetto delle vie circostanti sia profondamente mutato, arrivare in Prato della Vaile provenendo dal centro costituisce ancora un'esperienza unica, un'immersione improvvisa nella luce e nello spazio. L'Orto Botanico. A ridosso di Prato della Valle, in bellajsosiziqne.tra la monumentalèbasliìca & Sah^'£n;-' tonfò edVii' monastero di Santa Giustina, si trova l'Orto Botanico dell'Università di Padova. Anche se la stagione non è propizia alla fioritura ed al massimo rigoglio vegetale, la visita all'Orto Botanico (apertura dalle 9 alle 13 di tutti i giorni feriali) riserva ugualmente momenti molto suggestivi. La fondazione di quello che è conosciuto come il giardino botanico più antico del mondo si deve al medico naturalista Francesco Bonafede che si propose lo scopo di coltivare e studiare i Semplici, cioè le piante medicinali, per affiancare allo studio teorico della botanico l'osservazione dal vero. Il suo atto costitutivo, ratificato da un decreto del Senato della Repubblica Veneta, risale al 1545. Fin dalla sua nascita l'Orto dei Semplici rivesti subito una grande importanza, oltre che per lo studio delle piante officinali, anche per l'introduzione di numerose specie esotiche, che giungevanp„a Padova attraverso la.. ; vicina Venezia, alloca la città più .,«orientale» ,'dÌEuropà.'Francesco Orsetti go Padova, Prato della Valle (acquaforte di Beppi Zancàn) Padova, il Palazzo della Ragione in piazza delle Erbe ^adeli^a^odell. RAGIONE VIA SAN FRANCESCO,-* „ w Basilica del vi SANTO

Persone citate: Andrea Memmo, Francesco Bonafede, Goethe, Memmo, Vaile