Il principe di Sansevero mago e inventore nella Napoli dei lumi di Giorgio Martinat

Il principe di Sansevero mago e inventore nella Napoli dei lumi Raimondo di Sangro, un singolare personàggio tra superstizione e scienza, raccontato da Coletti Il principe di Sansevero mago e inventore nella Napoli dei lumi QUANDO morì, si disse che aveva cercato di assicurarsi la vita eterna con l'arte negromantica, facendosi smembrare e rinchiudere in una cassa da uno schiavo moro. Ma uno del familiari, che dovevano crederlo in viaggio, aveva aperto il feretro nascosto in cantina. Ne era uscito un urlo disumano, da dannato: i brani del cadavere apparivano già ricomposti, ma l'intempestiva luce aveva vanificato la resurrezione. Questo l'elogio funebre del popolino per Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, che il giornalista Alessandro Coletti fa ora rivivere in una minuziosa biografia. Teneva a Napoli, come tutti 1 nobili, un fastoso palazzo, preferito all'avito castello nel feudo pugliese di Torre maggiore. In quella prima metà del '700 la città si avviava verso il mezzo milione di abitanti, per lo più disperati che la rapacità pubblicarla dei baroni aveva cacciato dalle campagne. Chiusa nelle mura dal divieto di costruire fuori, era stata stipata di monasteri Un clero potente e corrotto dominava con il tribunale segreto dell'Inquisizione e con il sangue di San Gennaro che aveva trasformato in strumento per scatenare, facendo mancare il «miracolo», l'ira dei «lazzaroni» a seconda dei propri disegni Così arrogante e scandalosa era la condotta dei preti che per controllarli si era dovuto creare uno speciale corpo armato, detto degli Scopetielli dallo schioppo che portavano sotto il mantello. Su questa città antica il Secolo dei lumi arriva con Carlo di Borbone. O meglio con un toscano, Bernardo Tanucci, che il re, salendo al trono nel 1734, si porta dietro da Pisa dove insegnava diritto civile e che sarà il padrone di Napoli per oltre quarantanni. Prima come eminenza grigia, poi, quando il destino porterà Carlo al trono di Spagna, come reggente dell'infante Ferdinando. Tanucci comincerà con il ridurre drasticamente il numero dei monasteri e continuerà abolendo il tribunale dell'Inquisizione, scacciando i gesuiti, limitando gli abusi della nobiltà e costruendo l'Albergo dei Poveri e i Granili. Accanto a lui, nell'affresco disegnato da Coletti, alcuni protagonisti di quello che fu detto l'«enciclopedismo italiano». Un altro toscano, Bartolomeo Intieri, che istituisce a proprie spese la prima cattedra di economia politica in Europa, e il docente che la occupa, Antonio Genovesi, oscuro prete salernitano che suscita scalpore tenendo, primo nella penisola, le sue lezioni in italiano e richiamando, folle, di uditori. .Tanto che nei salotti di tutta Napoli si finisce con il discutere di commer- ciò, industria e metodi di conservazione del grano, insieme con gli impossibili successi galanti di Gaetano Majorana detto Cafiarello, celebre «castrato» dell'epoca che domina la scena del San Carlo e le alcove cittadine. Ma di questa «Napoli dei lumi» che riscopre Ercolano e fa concorrenza a Meissen con Capodimonte, apre biblioteche e un'Accademia delle Scienze, il personaggio più rappresentativo è Ferdinando Galiani. Un abate faceto e deforme, traduttore di Locke e autore di un saggio sulla politica monetaria, che conquista i più esclusivi salotti parigini rivaleggiando in arguzia con D'Alembert e Diderot. Voltaire gli attribuirà il pensiero di Platone e la comicità di Molière e Marmontel lo definirà «un Arlecchino con la testa di Machiavelli». Superstizione e cultura: le due anime di Napoli, che da allora convivranno in perenne schizofrenia. Raimondo di Sangro ne è lo specchio. Lavoisier è già nato, da Verona Scipione Maffei proclama «dileguata» l'arte magica, ma il principe dilapida notti insonni e grandi ricchezze negli scantinati del suo palazzo tra fiale, alambicchi, fuoco calcinatore dell'Athanor, vapori di mercurio e zolfo, fantasmi di abitatori dei quattro elementi, salamandre, ninfe, gnomi e le eteree silfe, che talora non disdegnano l'amore degli uomini. Si consuma nella ricerca del flogisto e della pietra dei filosofi capace di trasmutare il piombo in oro e rinsanguare le esauste casse del feudo. Ma non legge soltanto la cabala, gli apocrifi di Ermete Trismegisto, l'Azoth di Basilio Valentino o i testi iniziatici dei Rosacroce e dei Liberi Muratori. Legge anche il Chimico scettico di Bayle, i discorsi sulla tolleranza di Locke, i messaggi dei liberi pensatori inglesi Toland e Collins. Si proclama uomo d'armi e inventore. In effetti, ha presentato a re Carlo un rivoluzionario archibugio .e un cannone ultraleggero. Ha i scritto un lodatissimo. manuale.. Pratica più agevole e utile di esercì- zi per l'infanteria, con cui spera di trasformare bande di lazzari nei quadrati battaglioni di Federico di Prussia, che ha incontrato a Berlino. Ha intrapreso un Dizionario militare che la morte interromperà alla lettera O. Ha inventato il tessuto impermeabile, produce tappezzerie di lana che vengono scambiate per quadri, ha aperto una tipografia modello, con caratteri fusi dal più grande incisore dell'epoca, Nicolò Kommareck, e inchiostri d'ogni colore. Stampa edizione clandestine che inquietano il vescovo. Tinge il marmo di Carrara in tutta la gamma dell'arcobaleno, produce cristalli di grande purezza e gemme artificiali quasi uguali alle vere. Con il medico anatomista Giuseppe Salerno ha costruito una «macchina circolatoria», che riproduce il sistema sanguigno. Con tanta minuzia che lo accusano di aver «pietrificato» due cadaveri, come fa con trine e merletti dopo averli drappeggiati su iUna statua, lasciando credere al miracolo di un abilissimo scalpellò. ' Scriverà di lui, nel suo diario, Antonio Genovesi: «Se non avesse ildifetta di una forte fantasia, per cui è portato talvolta a credere cose poco verisimile potrebbe passare per. il più perfetto dei filosofi». La forte fantasia gli fa diffondere a Parigi relazioni pseudoscientifiche sul suo «lume perpetuo», ottenuto dalla calcinazione di un cranio, che.consuma soltanto le particelle ignee elementari presenti nell'aria. Gli fa dire di aver vinto gravi malattie con un suo estratto di pervinca e proporre autofficina dei papiri», dove penano a svolgere gli antichi manoscritti di Ercolano, un suo metodo al mercurio che fallisce miseramente. Si rifa con un Teatro Pirotecnico in cui per la prima volta sfolgorano bengala tinti di verde e con un Cocchio Marino, che azionato da pedali e ruote a pale, attraversa maestoso 11 golfo. Napoli conserva di questo principe mago tre opere emblematiche. Un trattatela sui Quipu degli Incas (le misteriose cordicelle annodate, che servivano per trasmettere messaggi in codice) fonte di infiniti guai con la Chiesa perché il suo carattere giocoso e beffardo vi ha trovato sfogo con ironici doppi sensi che un recensore malevolo, padre Innocenzo Molinari, prende sul serio. La fantastica cappella di famiglia che 1 napoletani chiamano la Pietatella, costata una fortuna, che in ogni monumento nasconde secondi sensi esoterici, ispirati alle dottrine ermetiche, dei Rosacroce e dei liberi Muratori. E il museo delle sue invenzioni, purtroppo in gran parte disperso, di cui egli stesso redasse 11 catalogo. Ma sua invenzione più geniale è senza dubbio quella del Punto Ironico che propòse, accanto all'esclamativo, all'Accademia della Crusca, di cui faceva parte. Anticipando di due secoli Giovanni Papiri!, che riteneva gli Italiani totalmente incapaci di afferrare quella figura retorica che si chiama ironia. Giorgio Martinat • ' Alessandro Coletti* «.0 principe.di.... Sansevero»,: De Agostini, 336 pagi-, ne, 23.000 lire. sola -^■fc&;:■'^flHfiP*,*,," Il prìncipe di Sansevero