Un tetto per chi teme l'Aids

Un tetto per chi teme l'Aids Nel cuore della vecchia città apre una casa per madri sieropositive Un tetto per chi teme l'Aids Il progetto è del Ser.mi.g.-1 locali, nell'edifìcio «Le Maddalenine», sono dell'Opera Pia Barolo che li ristrutturerà - Ci saranno trenta posti - Il collegamento con l'Amedeo di Savoia assicurerà assistenza e cure - La lettera-appello di Ernesto Olivero firmata anche da Norberto Bobbio, Enzo Biagi, Tullio Regge, da vescovi e cardinali, laici e credenti Una casa per donne sieropositive in citta: nel cuore della vecchia Torino, nel palazzo «Le Maddalenine», a due passi dal Cottolengo. L'hanno voluta i giovani del Ser.mig (Servizio missionario giovani) per offrire speranza, n progetto è ora realtà. Tra pochi giorni Emesto Olivero, inguaribile sognatore e carismatico fondatore di una comunità che da anni «firma» le più provocatorie iniziative di pace o per gli emarginati, spiegherà come e perché. Ha scritto una lettera alle madri sieropositive. La spedirà l'8 dicembre, giorno in cui i cattolici festeggiano la Madonna Immacolata. -Carissime — scrive —, il nostro è un tempo drammatico e i suoi dati di maggior travaglio, dalla fame alla droga, dalla guerra alla disoccupazione, dalla violenza sull'infanzia alla vecchiaia abbandonata, sono davanti a tutti... Invertiamo questi segnali?-. Molti ci provano. I giovani che con Olivero cercano il «sogno di Dio» per le strade del mondo tra vescovi e preti, politici e carcerati, suore e stranieri, hanno dimostrato che è possibile. Ogni giorno aprono la porta ai disperati che non sanno più dove sbattere la testa. Non chiedono nulla, offrono soltanto sincero impegno, grande cordialità, la povertà come regola di vita e la voglia di dialogare con tutti. Alla vigilia di Natale, lancia no un'altra sfida. Alle donne incinte con problemi di Aids dicono: «...non chiudetevi nel silenzio. Non uccidete la vita, può ancora essere speranza ed eternità... E chi non ne avesse la forza, il coraggio, i mezzi venga da noi, ci porti i suoi figli, li faccia nascere. Noi li cureremo, li fasceremo perché non si dica, alle soglie del 2000, che per qualcuno 'non c'è posto'-. Presto per loro ci sarà un tetto. Lo offre l'Opera Pia Barolo. L'edificio, in via Cottolengo, fa parte del complesso di fabbricati destinati dai marchesi di Barolo alle opere d'assistenza ai più deboli. Verrà totalmente ristrutturato e potrà ospitare almeno trenta donne. • •Non vogliamo offrire altro che una speranza a chi forse non ce l'ha più-. Una scelta ctmcsmdplntMlngGmdculo che, sicuramente, farà discutere; forse provocherà polemiche; certamente è «controcorrente». Ma nel vecchio Arsenale di Borgo Dora, trasformato da casa d'armi in centro d'accoglienza, nessuno se ne preoccupa. A firmare l'appello alle madri sieropositive sono venuti in tanti: da Norberto Bobbio a monsignor Del Monte, da padre Sorge a Tullio Regge, dal cardinal Piovanelli ad Enzo Biagi, da Benigno Zaccagnini a don Pierino Gelmini. Discretamente. Come sempre. Anche il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, forse invierà una roulotte. La «casa» sarà collegata all'Amedeo di Savoia e le sue ospiti potranno ottenere le stesse cure, i medesimi con¬ trolli che i professori Gioannini e Grilloni coordinano nell'ospedale torinese. •Partiamo, come sempre, senza soldi — ammette Olivero — ma sicuri di superare tutte le difficoltà-. Certo non è il modo tradizionale per ricordare venticinque anni di attività. «Afa è il più urgente oggi. Non si può continuare a vivere come su una grande montagna in cui ognuno arraffa la terra per costruirsi la propria casa net nome dei propri interessi... Perché, di tanto in tanto, la terra frana, travolge tutto e l'uomo pensa ad una maledizione. All'Aids si cercano rimedi, scusanti, motivazioni dimenticando che l'uomo è tempio di Dio e della storia, una creatura con un equili¬ brio da rispettare-. E là dove, dietro Porta Palazzo, la Dora disegna un'isola di pace, Torino s'appresta a dare un tetto a chi non ce l'ha. Inutile chiedere perché. Sarà un'altra idea-guida di un «puro di cuore» contro il conformismo. L'ennesima tappa di un gruppo che ha due regole fisse: pregare, vivere rinunciando al superfluo. E un sogno da inseguire: un mondo più giusto. Non ha mai fatto battaglie, ma ha movimentato non poco il tran-tran di una città difficile, scandendone paure e angosce, spargendo speranza. Dalle denunce all'impegno: con le cene del digiuno, le marce di solidarietà, la scelta totale della pace e queir affidare «al silenzio le attese della gente d'oggi». Poi la lunga ed entusiasmante rinascita dell'Arsenale (mezzo milione di ore di lavoro), gli incontri con i grandi (da Giovanni Paolo II a Helder Camara), la stretta di mano dei politici (da Sandro Pertini ad Enrico Berlinguer, da Guido Bodrato ad Andreotti). E questa capacità di arrivare sempre in tempo: tutti a parole s'interessano ai carcerati, il Ser.mig apre una cooperativa per ex-detenuti, ci si riempie la bocca di Terzo Mondo e dall'Arsenale partono centinaia di milioni per gli assetati del Sael o i profughi vietnamiti, per gli stranieri c'è un centro d'accoglienza. Ora un messaggio di fiducia per chi vive sotto l'incubo dell'Aids. Gian Mario Ricciardi L'ingresso del palazzo «Le Maddalenine» dove sarà ospitata una casa per donne sieropositive

Luoghi citati: Barolo, Borgo Dora, Torino