In Italia sperimentare è facile ma chi pensa al paziente-cavia?

In Italia sperimentare è facile ma chi pensa al paziente-cavia? Manca a tutt'oggi una legge nazionale che stabilisca responsabilità, limiti e criteri etici In Italia sperimentare è fma chi pensa al paziente-cavia? Un quadro allarmante, in un seminario di esperti a Torino, svoltosi col patrocinio della Regione Piemonte TORINO—«Ritolto sta diventando il paese preferito dotte multinazionali farmaceutiche per la sperimentazione e voi italiani rischiate di'trasformarvi ih cavie inconsapevoli; dice Marty Wagner, medico danese responsabile dell'educazione sanitaria dell'Orna, l'Organizzazione Mondiale della Sanità. C'è da rabbrividire, ma non da stupirsi Manca a tutt'oggi una legge nazionale che stabilisca responsabilità e limiti, ma anche che definisca criteri etici e morali, ossia i confini del problema su cui legiferare. SI scopre che manca un censimento delle ricerche, ma anche delle apparecchiature usate negli ospedali; che nessuno sa esattamente quante sperimentazioni sono in corso o progettate, chi le effettua, se vi sono dei doppioni, se il numero dei pazienti è tale da garantire un risultato «scientificamente» valido. Nel caso del «doppio cieco randomizzato» (scelta casuale, attraverso estrazione a sorte, della persona su cui verrà effettuato l'esperimento) lo stesso medico non sa se il paziente sta assumendo un placebo oppure un farmaco potente. Si ha una conferma in più di come i diritti del malati siano molto labili perché il paziente, oggetto di sperimentazione (sempre che sappia di esserlo), non è messo nelle condizioni di dare un consenso attivo e informato. E anche in questo caso le categorie «più a rischio» sono quelle più indifese: bambini, anziani, malati di mente, donne. Un paziente è in grado di consentire un esperimento rischioso? In che rapporto stanno i diritti e e i vantaggi collettivi rispetto a quelli individuali? E' un quadro allarmante quello delineato dagli esperti che hanno partecipato al seminarlo di due giorni sulla sperimentazione clinica sugli esseri umani. Dal confronto, organizzato dal «Centro Simonetta Tosi» con il patrocinio del Consiglio Regionale e dell'Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte, sono scaturite una serie di «raccomandazioni» pratiche in vista di una revisione dell'attuale legge regionale dell'86 — nata sulla spinta del «caso Elisabetta», la sedicenne morta al Sant'Anna in seguito a un esperimento eseguito senza 11 suo assenso — ma applicata solo a partire dal maggio scorso. Dall'ambito regionale l'attenzione ai è spostata necessariamente alla realtà nazionale e all'urgenza di una legislazione che valga per tutta la penisola. Potrà sembrare strano, ma finora non ci ha pensato ancora nessuno. La pur breve esperienza del «Comitato etico», la commissione consultiva istituita dalla legge regionale per vigilare sulla sperimentazione clinica, ha già dato qualche risultato. 'Ho saputo che molte case farmaceutiche preferiscono altre città per le loro sperimentazioni, perché ora a Torino hanno vita meno facile; ha riferito il professor Portlgliatti Barbos, uno dei 5 sanitari che compongono il «comitato». E' giusto che l'unico limite per la medicina sia quello della conoscenza per cui tutto ciò che è possibile è lecito? «Si discute di bioetica, ma il dibattito in Italia si ferma atta liceità dell'oggetto su cui s'interviene — vita/non vita, morte/non morte, trapianti — e non si considera la liceità dell'intervenire. Non si discute se l'esperimento venga eseguito con il pieno e consapevole consenso del/la paziente dopo una richiesta informata; ha fato notare Vicky Franzlnetti del «Centro Simonetta Tosi». Olà la definizione concreta di che cosa si debba intendere per sperimentazione non è semplice. Teoricamente dovrebbe essere tutto ciò che viene fatto al paziente con fini diversi dalla diagnosi e dalla cura della sua malattia. Ma nell'attuale situazione il medico assomma in genere due vesti, quella del «medico soccorritore» e quella dello «sperimentatore medico». «Osmi ruolo Ita il suo sistema di valori e un valore dominante: per la scienza è la verità, per la medicina la ricerca del benessere, per le singole persone i loro propri interessi. Presi ciascuno a sé sono più che legittimi. Tuttavia quando s'incontrano con la scienza clinica possono sorgere seri conflitti morali; ha detto il dottor Pellegrino, della Kennedy Foundation, vincitore del premio Unicef per l'Etica, sottolineando la necessità della se¬ parazione delle due figure. Ottenere nuove conoscenze, un nuovo farmaco o una nuova procedura chirurgica non dovrebbero mai prescindere dai diritti della persona. Nel seminario tutti si sono trovati concordi nell'affermazione dal «Centro Simonetta Tosi»: 'Decidere sul proprio corpo e destino resta un diritto inalienabile. Motti diranno che Ulla paziente non può capire. Vorremmo solo ricordare che questa posizione — la persona che non sa non può decidere — è sostenuta dal Sud Africa per negare i pieni diritti alla popolazione di colore: Anche per questa ragione gli esperti del seminario si sono trovati d'accordo con quanto ha ricordato Wagner: 'L'Organizzazione Mondiale detta Sanità crede che la cura della salute sia troppo importante per lasciarla solo nette mani dei medici'. Di qui la raccomandazione ai legislatori: prevedere il controllo dèlia sperimentazione da parte di «comitati etici» con un potere reale di controllo in cui siano presenti anche dei «profani», i rappresentanti dei cittadini. S tefanella Campana

Persone citate: Kennedy Foundation, Marty Wagner, Vicky Franzlnetti

Luoghi citati: Italia, Piemonte, Sud Africa, Torino