Un dio spuntò dalle rovine di Ebla

Un dio spuntò dalle rovine di Ebla LE ECCEZIONALI SCOPERTE DELLA MISSIONE ARCHEOLOGICA ITALIANA IN SIRIA Un dio spuntò dalle rovine di Ebla La missione di Paolo Matthiae aveva già «portato alla luce la cultura, la lingua, la storia» dell'antica città - Ora ha trovato intarsi in calcare del 2400 a.C. e avori intagliati del 1800 a.C: le prime grandi testimonianze di una vita artistica raffinata e autonoma - Illustrano una vittoria, il bottino, i prigionieri - Sul fregio, l'aquila a testa di leone su due tori a testa umana: il grande dio della guerra e della tempesta ROMA — 22 ottobre 1988, ! Teli Mardikh, nel Nord della Siria, à 70 chilometri a Sud di Aleppo e lungo la strada per Damasco. Sono gli ultimi giorni della campagna di scavo di quest'anno,■'; Per la-, missione archeologica italiana è stata una stagione eccezionale. Dopo «over portato alla luce la cultura, la lingua, la stòria di Ebla», come tutto il mondo riconosce al prof. Paolo Matthiae dell'Università di Roma, in questi tre mesi l'equipe ha fatto un'altra rivoluzionaria scoperta. In quell'arca un tempo considerata desertica, uri foro buio e oscuro incastonato fra la civiltà sumerica da una parte (l'attuale Iraq meridionale) e l'Egitto faraonico dell'antico regno dall'altra, gli archeologi italiani adesso hanno trovato le prime grandi testimonianze di una vita artistica raffinata e autonoma. Hanno trovato intarsi in calcare del 2400 a.C e avori intagliati del 1800 a.C. Alcuni erano in frammenti minuti, sparsi nella polvere. Una volta raccolti, ripuliti e messi insieme, hanno fatto' sobbalzare tutti di gioia e di emozione. "Raccontano, spiega Matthiae, che nel 3° millennio a.C. in quella vasta regione esistevano scuole d'arte con propri stili e una propria originalità, grandi artigiani che sono stati gli antenati dell'artigianato dell'antichità finora più famoso, quello dei Fenici e dei Siriani». ■ Gli intarsi — una ventina, quasi tutti interi — componevano un pannello celebrativo, un pannello lungo un metro e mezzo, alto 50 centimetri, molto più grande del famoso stendardo di Ur che è un capolavoro dell'arte mesopotamica, e — come questo — di fattura d'altissimo livello. Formavano una specie di grande arazzo. Le scene, incorniciate in riquadri di legno, illustrano una vittoria militare, gesti di guerra, la raccolta del. bottino, soldati che sfilano conducendo i nemici, i prigionieri, mostrando teste mozzate. I prigionieri sono nudi, completamente alla mercè dei vincitori. Sul fregio: l'aquila a testa di Icone che sovrasta due tori a testa umana. Cosi il grande dio dcjja guerra e della tempesta veniva raffigurato nel mondo mesopotamico. Ma per la prima volta—questa è la novità —se ne scopre traccia anche in Siria.... Con gli avori intarsiati si fa un balzo in avanti di 6 secoli. Gli artigiani eblaiti si sono rifatti alle divinità egizie — il dio-coccodrillo Sobeck, il diofalcone Horus, la dea-vacca Hathor—ma le hanno rielaboratc a modo loro. Gli intarsi ora riportati all'originario splendore dovevano decorare un cofanetto prezioso o un mobile della reggia, un letto, la spalliera di un trono.-Sono bellissimi. E antichissimi: hanno 4 secoli.più dei primi avori di Siria conosciuti, i famosi avori di Ugarit. «Ci sembrava già di essere stati terribilmentefortunati», racconta un'archeologa, ricordando i giorni che precedono il rientro in Italia. «Ci bastava. Pensavamo che il lavoro era ormai finito». Nell'equipe, a Teli Mardikh, già circola una grande eccitazione. Si pensa alle notizie da dare al mondo scientifico internazionale, alle pubblicazioni da fare, al lavoro da impostare per i prossimi anni. Si tirano bilanci: il 1988 — dicono — 6 analogo al famoso 1975. Il 75 è l'anno in cui si erano imbattuti nell'archivio reale della leggendaria città di Ebla e avevano fatto «la scoperta del secolo per l'area del Vicino e Medio Oriente antico», una scoperta che faceva affiorare millenni di storia perduti e costringeva a guardare in maniera del tutto nuova il passato delle civiltà semitiche. Anche allora mancavano pochi giorni alla conclusione della campagna, quando — per un caso fortunato — il piccone di un operaio siriano affondò nel tesoro sepolto delle tavolette d'argilla. i Era la certezza definitiva che era stata; trovata Ebla, la città nominata dai testi mesopota- mici ma che gli esperti del settore avevano erroneamente localizzato molto più a Nord, in Turchia. Invece era lì, sotto i loro picconi, coperta da detriti e polvere, a fianco di quel villaggio di mille abitanti dove venivano a scavare dal '63, nel mezzo di una piana stepposa, i Una città che esisteva già nel 3° millennio a.C, con un Palazzo Reale sontuoso, una lingua che è la più antica che si conosca in area semitica, leggi complesse; trattati internazionali, ^un^sercjto che faceva tremare il mondò antico, spie e diplo¬ mgdvlmMdnftctcv matici a tenere i rapporti con gli alleati e i nemici. Si trovava dove confluivano importanti vie commerciali: quella che dall'Iran, attraverso la Mcsopotamia settentrionale, arrivava al Mediterraneo, e quella che andava da Nord a Sud, dalle miniere d'argento della Turchia fino alla Palestina e l'Egitto. Era fra ottanta regni, in un territorio dove per secoli s'era creduto che scorrazzassero soltanto popoli nomadi. I suoi re commerciavano con moneto allóra conosciuto, ed estende-' vano là loro"influènza sulle co-* ste del Libano, sulla Turchia, tuttala Siria, parte dell'Iraq, fino al Sinai. Il grande Teli (che in arabo vuol dire collina artificiale) entro il quale era sepolta Ebla, e che si estende per ben 60 ettari, incominciò dopo quel ritrovamento a far conoscere i segreti che aveva custodito per millenni. Quest'anno ha fatto apparire sulla scena nuove figure della sua storia: soldati, militari, sacerdoti, cuochi, sovrani, dei. Del. maestoso Palazzo Reale (che risale al 2300 a.C e occupa 10 mila meirf quadri") è ve¬ nuto alla luce un intero quartiere: quello adibito alla preparazione dei cibi, dove si macinavano i cercali e si spremevano le olive, e dal quale sono stati prelevati i resti biologici che a Roma verranno esaminati. Si potrà incominciare a studiare come gli eblaiti si difendevano dagli assedi, ora che è stata identificata la cinta fortificata della cittadella: un sistema imponente, con muri in mattoni crudi, in pietra, terrapieni ampi torrioni in opera megalitica. " Nella città bassa," mentre si cercavano abitazioni private, un giorno i picconi sono andati a cozzare contro una grande struttura. C'erano muri di pietra dello spessore di quasi 7 metri. Si è scoperto così, ancora una volta per fortuna e per caso, un tempio, il più monumentale che si conosca nell'area siro-palestinese, vasto quasi come una basilica paleocristiana, databile fra il 1900 e il 1600 a.C. «Sciaguratamente molto rovinato, si rammarica Matthiae. Per secoli, fino all'età romana, deve essere stato saccheggiato come cava di pietra. Con tutta la pavimentazione perduta. Ma da cui si potrà partire per affrontare un altro tema affascinante: la vita religiosa a Ebla, di cui non sappiamo niente». Le ipotesi, che per il momento questo ritrovamento suscita, sono infinite. Forse il tempio si trovava in un'estesa area sacra ed era dedicata al dio Hadad. Forse fu distrutto verso il 1600 a.C, quando gli ittiti conquistarono la città e l'intera regione venne sconvolta da terribili guerre e devastazioni. Proprio due anni fa una missione archeologica tedesca, in Turchia, ha trovato un sensazionale testo poetico ittita del 2° millennio a.C: la prima testimonianza scritta della definitiva distruzione di Ebla e l'ennesima conferma di quanto nel mondo antico questo regno fosse considerato importante. Ebla, canta l'anonimo poeta, «fu infranta come un vaso d'argilla». Il 22 ottobre a Teli Mardikh arriva la televisione siriana per un servizio sull'equipe dell'Università di Roma che da 25 anni scava fi. E le telecamere di Damasco sono le prime a inquadrare quanto, fra l'affanno e la sorpresa, da sotto la polvere e i colpi di piccone, gli operai siriani e gli archeologi italiani stanno recuperando. Una dopo l'altra, tre statue di basalto in grandezza naturale vengono fuori da un ripostiglio antistante il grande tempio. Tre figure della famiglia reale, divinizzate: una femminile, due maschili. Una integra, due con la testa distrutta a randellate còme succedeva normalmente nei saccheggi e quando un potere regale veniva abbattuto. Ma tutte di ottima fattura. Una documentazione unica della statuaria monumentale della Siria tra il 1900 e il 1700 a.C Finora se ne erano trovati solo alcuni frammenti. Gli archeologi questa volta sono stupefatti. Le statue erano accatastate insieme in una buca, come se fossero state seppellite. «Forse, secondo Matthiae, le ha salvate ungesto di pietà religiosa. Quando il tempio fu distrutto, le statue vennero colpite. Passata la furia della guerra, a qualcuno può es-. sere venuto in mente di dare sepoltura a figure simboliche così importanti». L'emozione per la scoperta prende tutti. Un'archeologa propone di mettere le statue al coperto, per la notte, dovè la missione alloggia. «Avevo paura che le portassero via. Avevo paura che venisse a . piovere e si sciupassero» dice ora, a Roma, ridendo. L'ultimo capitolo di questo scavo romanzesco è anche sfiorato, per un momento, dal rischio di un malinteso con le autorità siriane con le quali gli archeologi italiani — ovviamente — hanno sempre avuto ottimi rapporti, «il presidente Hassad, racconta Matthiae sorridendo dietro il fumo della sua immancabile pipa, qualche anno fa mi ricevette e si congratulò per il lavoro svolto. Si disse lieto che una scoperta così importante sul passato tanto lontano e inatteso del suo Paese fosse stata fatta da un Paese amico come l'Italia e in un periodo di indipendenza della Siria». Ma il 22 ottobre, quando la tv siriana manda in onda le immagini delle statue, il capo della spedizione non ha ancora avvisato la direzione archeologica di Damasco. «Mi sono dovuto scusare con loro», Matthiae precisa. E' sinceramente dispiaciuto, e anche molto soddisfatto. Aggiunge: «Quest'anno il ritmo delle scoperte è stato incalzante, così martellante che a volte non si riusciva a tenere al corrente le autorità siriane». Si annuncia molto rumore intorno alla campagna di scavi '88. Che è uri po' il fiore all'occhiello dell'Università di Roma. Ma che, può sembrare incredibile, «ha serie difficoltà» come ammette Matthiae. Difficoltà finanziare: il finanziamento per quest'anno è stato di 70 milioni, per 12-20 specialisti, e per le pubblicazioni relative. Per gli ultimi due volumi sono stati spesi 40 milioni. ' Liliana Ma dea Ebla. Lo scavo del palazzo reale. Qui la missione archeologica italiana ha trovato tracce di un'arte più antica di quella dei Fenici e dei Siriani

Persone citate: Aleppo, Hadad, Matthiae, Paolo Matthiae