La gente gridò sotto il «Calvario» di Polidoro

La gente gridò sotto il «Calvario» di Polidoro UNA MOSTRA A NAPOLI RILANCIA LALLIEVO DI RAFFAELLO DIVENTATO UN GRANDE DEL '500 La gente gridò sotto il «Calvario» di Polidoro NAPOLI — Pittore di facciate a chiaroscuro per Vasari, geniale disegnatore per i collezionisti inglesi. Ma Polidoro Caldara da Caravaggio (circa 1499-Messina 1543) era anche stimato pittore di tavole. E quando nel 1534 la sua drammatica Andata al Calvario per la chiesa dell'Annunziata dei Catalani di Messina (ora al museo di Capodimonte di Napoli) era stata presentata al pubblico, dalla processione di popolo si era alzato «un pianto, un grido». « Lo racconta in un prezioso libretto. Il spasmo di Maria Vergine, uscito ili" settembre 1534, il prete Colagiacomo d'Alterando, letterato messinese, che, con questa raccolta di versi dedicata al committentu Pietro Ansatone, celebrava il dipinto finito. Sul froiucspizio una xilografia lo riproduceva fedelmente. Oggi 'avola e libro (della Biblioteca universitaria di Messina) sono esposti nell'importante mostrv .Polidoro da Caravaggio fra Napoli e Messina» (Museo di Capodimonte, sino al 15 febbraio) con altri 50 dipinti e 75 disegni- Curata da Pierluigi Leone de Castris della Soprintendenza di Napoli, la rassegna conclude il restauro, durate sei anni, dei dipinti di Polidoro conservati nei musei di Napoli e Messina, accompagnandoli con un'intelligente scelta di disegni preparatori da collezioni europee e americane. E' la riscoperta di un artista a suo tempo celebre, ma dimenticato o Misconosciuto per sfortunate circostanze: la perdita dt molte delle facciate dipinte a Roma, la dispersione e la cattiva conservazione delle tavole eseguite nel Sud la cui storta sofferta si può leggere nette schede del catalogo (Mondo kori-De Luca). | Polidoro da Caravaggio, nato in provincia di Bergamo, comincia presto, verso il 1517, come garzone-muratore nei pontieri dette Logge Vaticane a Roma, dove Raffaello e i suoi lavoravano ai vasti cicli ad affresco. «Portava il vassoio pieno di calce ai maestri òhe muravano», scrive Vasari, intanto si appassiona > alla pittura e entra tra i giovani aiuti di Raffaello. Un disegno di Oxford, ti Pitagora, tema tratto dotta Stanza della Segnatura, lo presenta ragazzo mentre disegna sotto un arco. Subito dopo altri «retrati de Polidoro», di Parigi e Firenze, riflettono l'immagine d'un uomo barbuto e imberrettato, lineamenti marcati, sguardo intenso e curioso: era già uno dei grandi dell'epoca. All'inizio, a Roma, netta bottega di Raffaello col fiorentino Perin del Vaga e lo spagnolo Machuca si distingue subito per una tendenza anticlassica, che lo allontana dal maestro e lo porta a una pittura veloce, schizzata Come in quei cinque affreschi staccati con episodi detta Passione, che componevano un ciclo di nove progettato da Perin del Vaga nel Camposanto Teuto¬ nico di Roma: rapidi, nervosi, colpiti da sferzate di luce tradiscono la simpatia per le stampe fiamminghe e per artisti nordici come Jan van Scorei, nella capitale verso il 1523-4. Tra 1520 e 1527 Polidoro diventa a Roma, con Maturine da Firenze, lo specialista di decorazioni esterne a chiaroscuro, che imitano rilievi classici con storie romane e mitologiche, spesso ispirate alle scene dette colonne troiane e antonine. Delle 40 o 50facciate dipinte rimangono poche testimonianze. Tra queste,gli affreschi staccati dal Casino del Bufalo con Sacrificio perla liberazione di Andromeda e Pegaso, le muse e i poeti, arrivati dal Museo di Roma, che rivelavo negli anni 1524-5 l'in¬ contro con il Rosso Fiorentino, ti Parmigianino e altri esponenti della «maniera» nel periodo di Clemente VII. Gli interessi vari, contraddittori, dell'artista in questa prima attività affiorano dotta serie rara di disegni dai paesaggi di rovine, in cui l'antico diventa l'occasione per ritrarre una natura grandiosa e fantastica, agli studi per decorazioni architettoniche, alle realistiche, quasi ottocentesche figure di lavandaie, cucitrici, maestre e scolare. Con questo bagaglio di cultura Polidoro, durante ti Sacco del 1527, fugge dalla città e approda a Napoli. Anche gli amici se ne canna- Perin del Vaga a Genova, Rosso in Umbria, Parmigianino a Bologna E' un brusco cambiamento per ti pittore. Napoli, provata dalla peste e dalla carestìa, non chiede raffinate facciate per prelati e banchieri, ma tavole d'altare e dipinti religiosi In quel 1527-8, quasi morto di fame, come ricorda Vasari, Polidoro disegna frati, Messe e incappucciati, e lavora a tre tavole per la chiesa della Congrega dei pescivendoli: per l'altare maggiore dipinge una grande composizione con la Madonna delle Grazie, perduta, ma di cui sono stati ritrovati nel 1983 ì due pannelli con San Pietro e Sant'Andrea Li vediamo con talora foga violenta, quasi espressionistica, e i colori incandescenti, insieme al progetto generale di Windsor e ai numerosi studi preparatori, segno di una lunga elaborazione. Stessi caratteri nel secondo dipinto, il Trasporto di Cristo, straordinario, ricomparso sul mercato napoletano negli Anni 60 del Novecento, acquistato nel 1972 dal Museo di Capodimonte e ora identificato con quello citato netta chiesa dalla guida secentesca di Carlo Celano. Il terzo, una «tavolina a olio» con la Madonna delle Grazie, ricordata da Vasari, risulta perso, ma a testimoniarlo rimangono i disegni dell'Accademia Albertina 'di Vienna e alcuni quadri di artisti locali, come il Cardisco e il discuoio, che ne riprendono precocemente lo schema. Se l'attività napoletana, breve e intensa, scopre un artista votato a una pittura religiosa di grande effetto emotivo, quella siciliana esaspera la tendenza A Messina l'artista arriva nel 1528. Non se ne conoscono le ragioni, ma, secondo Vasari, «deliberò partire da coloro che più temevano d'un cavallo che saltasse, che di chi facesse con le mani le figure dipinte parer vive». Doveva esservi appena arrivato il 7 ottobre di quell'anno, quando scrive una lettera — raro documento — a Roma a Giovanni Antonio Milesi, suo committente e agente presso il Papa'dei cavalieri gerosolimitani stanziati provvisoriamente a Messina. Grazie al Milesi entra in contatto con le maggiori famiglie del luogo e diventa, nei suoi ulti¬ mi quindici anni, il pittore della città. Una città non povera, né provinciale, per cui lavora molto. Gli commissionano opere i privati, ma anche gli ordini religiosi. L'Incredulità di San Tommaso della Courtauld Gattery di Londra (esposta in fotografia) per la coppetta Faraoni della chiesa di San Tommaso è una delle poche opere scampate ai disastri siciliani. Databile verso il 1530 come i due santi carmelitani Alberto e Angelo pannelli sopravvissuti (rispettivamente atta Sabauda di Torino e in una collezione privala di Roma) di un polittico con la Trasfigurazione, perduta, per la chiesa del Carmine. Ma il capolavoro, capace di coinvolgere «vecchi, fanciulli, nomini e donne», come ricorda ti d'Alibrando, è l'Andata al Calvario del 1534 per la chiesa dei Catalani Ordinata dal console detta «nazione» Ansatone, quasi in gara con il dipinto di analogo soggetto di Raffaello a Palermo (oggi al Proda), colpiva per ti crudo realismo, la complessa iconografia, i colori accesi Dopo le grandi tavole religiose, l'arte dell'inquieto Polidoro subisce ancora svolte. Nel 1535 si dedica agli apparati per l'ingresso di Carlo V vittorioso da Tunisi, di cui rimangono schizzivi un taccuino berlinese. Dal 1535 al '37, ormai famoso, ha un collaboratore, probabilmente Stefano Giordano, come suggerisce la Natività per la confraternita dett'Altobasso e forse ti bellissimo Crocifisso per i cavalieri di Molta, rievocazione moderna della tradizione medioevale dell'isola Sorprendente l'ultima fase. Le immagini, piccole o grandi, sono ormai dipinte di getto, con una violenza che porta atta rinuncia del colore e al grottesco (dalla Deposizione di Palermo all'Orazione nell'orto di Messina al grande San Cristoforo di Oxford). Sono gli ultimi anni per il pittore che, stanco anche di Messina, ma trattenuto da una donna «da lui molti anni amata», finirà male, strangolato nel 1544 in casa da un garzone avido di denari. Maurizia Tazartes Polidoro da Caravaggio: «San Pietro» e «Sant'Andrea», ora esposti al Museo di Capodimonte