Se i politici «danno i numeri»
Se i politici «danno i numeri» Soltanto nelle ingiurie parlano con chiarezza e verità? Se i politici «danno i numeri» De Mita che schernisce Occhetto («Sta dando i numeri»), Occhetto che replica ringhioso («Non regge il surmenage»), Ripa di Meana che morsica La Malfa («Ha un travaso di bile»). Perché queste ingiurie non ci piacciono?' Si risponde: perché sono becerate, indegne di uomini eletti a rappresentarci e tenuti perciò a osservare comunque un certo decoro, certe forme, un certo reciproco rispetto. Gli obblighi di tali pubblici personaggi non si riducono a qualche snello completino blu (o blè, come si dice a Roma), a qualche cordiale stretta di mano sui gradini dell'Eliseo o della Casa Bianca, a qualche smorfia dolorosa durante le esequie di un collega. Sarebbe troppo comodo, si osserva. Ma è una spiegazione che non convince del lutto. In fin dei conti i litiganti in questione non sono scesi fino alle vere e proprie parolacce. Sono stati, sì, sarcastici, ma non davvero pesanti, non francamente scurrili. E che male c'è a utilizzare il sarcasmo nella polemica politica? Lo stesso Demostene, lo stesso Cicerone, se si va a vedere... Già, ma intanto costoro non sono né Demostene né Cicerone; e in secondo luogo le loro frecce hanno una punta velenosamente personale che lascia intravedere abissi d'intolleranza, di incompatibilità, di atra, feroce acrimonia. Non è un bene che il cittadino si faccia della democrazia parlamentare un'idea così negativa. Ma neppure questo argomento sembra persuasivo. Il cittadino non coltiva al riguardo nessuna illusione, sa benissimo che i suoi delegati si disistimano, si disprezzano, si odiano l'un l'altro ben più profondamente di quanto possa mai fare, dal di fuori, lui; e non cade certo dalle nuvole quando la cosa di tanto in tanto traspare. No, secondo noi non sono le intemperanze verbali di per sé a sconcertare e scandalizzare gli italiani. Lo choc viene da una discrepanza stilistica. I nostri politici ci hanno abituati a non aspettarci da loro altro che iniziatiche allusioni, indecifrabili perifrasi, contorte reticenze, ripetizioni, banalità, e a questo linguaggio fumoso abbiamo finito per rassegnarci, come ci si rassegna a un lamentevole film imposto da una moglie, da un marito. Ed ecco che nel pieno del grigiore e dell'inverosimiglianza, entra in scena un Benigni, che si mette a parlare con estrema vivacità e franchezza, fuori dai denti. E' una contraddizione intollerabile. Possiamo accettare che quei body-builders dell'opaco non dicano quello che veramente pensano, si esprimano in modo da non compromettersi, evitino rigorosamente ogni dichiarazione non smentibile e non rimangiabile il giorno dopo. Quello che non possono, però, permettersi, e che non gli possiamo perdonare, è di servirsi all'occasione del semplice linguaggio della verità. A ognuno, per favore, il suo stile. Carlo Frutterò Franco Lucentìni
Persone citate: Carlo Frutterò Franco Lucentìni, Cicerone, De Mita, La Malfa, Occhetto, Ripa Di Meana
Luoghi citati: Roma
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