La Memoria distrutta
La Memoria distrutta L'espulsione di Manzoni (e altro) dalla scuola La Memoria distrutta Ha ragione Kundera: la differenza tra qui e fi non è poi molta, se i due sistemi, con metodi diversi, e qui magari senz'aleuti metodo, con uguale energia perseguono la distruzione della Memoria. C'è da sperare, anzi, che fi il ravvedimento gorbacioviano valga ad arrestare un tale processo; ma nessuna speranza che si arresti qui. Si andrà avanti sempre più celermente, piuttosto: a rotta di collo. E mettendo in avanguardia la scuola, che il collo ce l'ha già sufficientemente anchilosato, a reggere alquanto precariamente la testa. In questo senso, il mettere Manzoni fuori dalla scuola era quasi un atto dovuto. Bisogna sempre più immergere la scuola in un presente senza passato. Ma un presente senza passato è anche un presente senz'avvenire. La questione non sta dunque soltanto in Manzoni: sta, direi, nell'idea d^Witaliano che la scuola dava e che ora non vuol più dare. Dell'essere italiano, dello scrivere italiano (con tutto quel che ne consegue). Si dirà che Manzoni non viene brutalmente messo fuori della scuola e che, anzi, lo si libera così dall'odiosa obbligatorietà. Ma e un alibi. La scuola è tutta un obbligo: e non si vede come possa essere scuola senza obbligare. Specialmente riguardo ai «classici», quel che sul momento possiamo sentire come obbligo, e magari gravoso, e magari insopportabile, ci è poi, con l'andare degli anni, ricchezza, conforto, riposo. Ci accorgiamo poi, insomma, che quell'obbligo cui di malavoglia e con insofferenza abbiamo risposto, ha improntato la parte migliore di noi e ci ha affinato a capire il mondo, le cose intorno a noi. Il problema vero, in definitiva, è quello di sapere che cosa è la scuola, che cosa dal la scuola si vuole, che tipo d'uomo si vuole che la scuola formi. Nella scuola italiana risorgimentale e post-risorgimentalc, questo si sapeva: basta vedere i testi di storia, i libri di lettura, le antologie della letteratura italiana. Tanto per ricordarne qualcuno, dei libri che correvano nella scuola dei nostri padri e nostra: le Prose e poesie italiane di Luigi Morandi, il Manuale detta letteratura italiana di D'Ancona e Bacci, / moderni di De Robertis e Pancrazi. Libri che restavano nelle case, nelle piccole o grandi biblioteche di ognuno; che non finivano, appena terminato l'anno scolastico, direbbe appunto Manzoni, sui muricciuoli. E qui si tocca un tasto che dà suono stridente e allarmante: ed è quello dei libri che la scuola adotta, operazione che i docenti compiono con molta libertà e spesso con disinvoltura, ma a cui i discenti sottostanno per obbligo con Leonardo Sciascia (Continua a pagina 2 in quarta colonna)
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