Droga, cosa fa la scuola

Droga, cosa fa la scuola Sempre più spesso gli spacciatori insidiano da vicino gli studenti Droga, cosa fa la scuola Molti presidi lamentano la loro «solitudine» - Alle carenze supplisce il volontariato dei professori La nuova figura del «referente» - Dal '77 in funzione il Servizio educazione e prevenzione Che cosa fa la scuola di fronte al dramma della droga? Come si muove per informare dei pericoli, come interviene in difesa degli studenti? ! presidi lamentano, unanimi, la loro solitudine di fronte a un problema dirompente. Spiegano che ancora una volta devono far ricorso al volontariato dei professori. Tutti giudicano pericoloso affrontare il «tema droga» isolato da un contesto generico di educazione alla salute. 'Non dimentichiamo—affermano — che la maggioranza dei nostri giovani è ben lontano dalla droga*. Esprimono la. speranza che qualcosa si muova, dopo la nascita, un anno fa, del «referente» di educazione alla salute. Il referente. Chi è? Spiega la prof. Marcella Orattarola coordinatrice del Servizio di educazione alla salute e prevenzione alle tossicodipendenze: 'E' un insegnante volontario particolarmente sensibile alle questioni giovanili che si aggiorna, che porta nella scuola ciò che ha appreso stimolando i colleghi e la commissione genitori-studenti, ad avviare iniziative di informazione-educazione, che tiene i collegamenti con il nostro Servizio e con i referenti delle Usi». Un personaggio che nasce da una lunga esperienza: migliaia di professori hanno partecipato ai seminari del Servizio educazione e prevenzione fin dal 1977. Nei giorni scorsi sono partiti 4 seminari di aggiornamento per medie inferiori e superiori, tenuti da medici, psicologi, insegnanti. Negli istituti. Che cosa avviene di concreto all'interno degli istituti? Spiega la prof. Maria Lumello Schelllno, preside della inferiore Peyron e relatrice ai seminari: 'Le terribili notizie di cronaca evidenziano il dramma della droga, ma le scuole da molti anni si fanno càrico del problema nell'ambito dell'educazione alla salute. Non solo spiegando dà che è bene e ciò che è male, ma puntanto alla formazione globale della persona. Uri individuo con un solido equilibrio saprà affrontare la vita e di conseguenza anche tenersi lonta^ no dalla droga». Prosegue la preside: «il tema specifico viene affrontato nell'ambito delle materie, ma anche con discussioni sulle notizie dei giornali, nell'ora di osservazioni scientifiche. La scuola, tuttavia, riflette soltanto un aspetto, sia pure molto importante, della vita dei ragazzi. Se guardo all'esterno vedo tanta solitudine durante il tempo libero, soprattutto per i più deboli. E' proprio a questi giovani che hanno famiglie disgregate opiù semplicemente disattente, forse per il troppo lavoro, che il territorio dovrebbe offrire opportunità maggiori per evitare che i loro "tempi vuoti" possano essere colmati in modo sbagliato». Educazione sanitaria. "Nella mia scuola — spiega un'altra relatrice ai seminari Maria Chiara Acciarini, preside del tecnico commerciale Rosa Luxemburg—si presta da sempre attenzione ai problemi detta salute. Le classi prime hanno un corso di educazione sanitaria, le seconde di educazione sessuale. Durano due-ire mesi, sono tenuti da esperti, medici e psicologi esterni. In queste occasioni si parla anche del pericolo droga, poiché ritengo negativo affrontarlo isolatamente. La scuola deve trattare lutti i problemi che possono toccare da vicino gli allievi. Sarebbe giusto, invece, fare un'azione capillare sui soggetti a rischio: Che fare? Risponde la prof. Acciarini: 'Possediamo un unico strumento: osservare il comportamento quotidiano dei singoli. In caso di sospetto, un ragazzo troppo svogliato o con troppe assenze, improvvise "chiusure" nei confronti di insegnanti e compagni, si informa la famiglia. Se è un falso allarme, tanto meglio. In caso contrario cerchiamo di collaborare per far sentire attorno al ragazzo attenzione, disponibilità all'aiuto. Altro, la scuola non può fare». H liceo classico Cavour preferisce affrontare l'argomento droga nell'ambito delle singole materie. 'Fuori dall'istituto troviamo molte siringhe — dice la preside Teresa Poliedro—ma per fortuna i miei ragazzi non sembrano toccati personalmente dal dramma della droga. Certo gli insegnanti affrontano la questione, ma nell'ambito delle singole discipline, da scienze, a storia, a italiano: No al ministro — D. ministro Galloni sull'onda delle morti a catena dei giorni scorsi, aveva suggerito di istituire l'ora di lezione sulla droga. 'Non credo che sia una buona idea, anzi potrebbe stimolare curiosità morbosa e desiderio sbagliato, cosi come mi pare sia stato con i corsi di educazione sessuale». Dello stesso parere il preside Italo Care dello scientifico Einstein: "L'informazione deve essere affidata ad esperti esterni. Da noi, per ora, ci pensano i docenti di scienze'. Di recente un ragazzo dell'Einstein è stato arrestato per uso e spaccio di droga. Ammette: 'Purtroppo alcuni casi li abbiamo avuti anche noi dentro e fuori dell'Einstein. All'esterno c'è la sorveglianza discreta delle forze dell'ordine, all'interno quella dei docenti. Quando è necessario convochiamo le famiglie interessate. Ma non sono pochi i genitori che rifiutano anche soltanto l'ipotesi di avere un figlio che si droga». Prevenzione — Di droga si parla nell'ambito del corso di educazione alla salute e prevenzione dall'Aids al professionale Lagrange: 2 ore la settimana per due-tre mesi con uno psicologo e un medico: 'Due anni fa la scuola, con l'aiuto dei genitori, ha salvato un allievo che era scivolato su una china pericolosa — dice la preside Anna Clerici —. Noi prestiamo molta attenzione ai comportamenti dei singoli, anche i bidelli hanno fatto corsi di aggiornamento, telefoniamo a casa per controllare le assenze. Facciamo blitz antifumo nei gabinetti durante gli intervalli, una scusa per controllare, senza indagare direttamente per evitare curiosità e interessi sbagliati. Ma il problema dei miei alunni non è tanto la droga, quanto piuttosto il disagio sociale di chi proviene da famiglie dissestate, da maternità precoci, dalla solitudine e dall'isolamento». La scuola cerca di fare del suo meglio, ma è opinione comune di docenti e presidi, che sarà impossibile ottenere risultati senza l'appoggio esterno delle famiglie, di enti e associazioni, che collaborino a creare attività e stimoli per aiutare i giovani a scoprire i valori e gli obiettivi della vita. Maria Valabrega