Reagan vince anche in Canada

Reagan vince anche in Canada Successo del premier Mulroney che vuole l'asse economico con gli Usa Reagan vince anche in Canada I conservatori hanno perso molti seggi, ma mantengono la maggioranza - Washington punta a formare, una zona di libero scambio da opporre alia Cee e al Giappone WASHINGTON — Anche sulle elezioni canadesi si è fatto sentire l'effetto Reagan. Al pari di Bush, il premier Mulroney e il governo conservatore hanno vinto con facilità, ma perdendo terreno rispetto all'84. Come il vicepresidente Usa, anch'essi hanno rivendicato l'eredità economica e politica reaganiana, respingendo l'offensiva «alla Dukakis» di John Turner, il leader dei liberali, n loro mandato è chiaro: procedere con il patto commerciale con Washington, che è stato al centro della campagna elettorale, ma senza sacrificare troppo i servizi sociali. Per Mulroney si è trattato di un grosso successo personale: da 35 anni nessuno vinceva due elezioni consecutive. Nell'84, su un totale di 280 seggi in Parlamento, Mulroney e i conservatori ne avevano conquistati 211. L'altro ieri, su un totale di 295 essi sono scesi a 169, un calo netto ma non tanto da privarli della maggioranza. Ai liberali sono andati 82 seggi contro 40 di quattro anni fa, e ai Nuovi democratici di Ed Broadbent 44 anziché 30. Il voto popolare si è cosi ripartito: il 43 per cento al governo, il 32 per cento ai liberali, il 20 per cento ai Nuovi democratici, il 5 per cento ai partiti minori. Broadbent ha definito questi dati «un monito a Mulroney che la maggioranza dei canadesi è contraria alla linea governativa di dipendenza dall'America». Il premier ha risposto che il rafforzamento dei rapporti economici e politici con gli Usa 'è nell'interesse dell'intero Paese». L'ansia per il responso elettorale era evidente non soltanto a Ottawa ma anche a Washington: oltre che per il Parlamento, il Canada ha votato anche sulla formazione di una zona di libero scambio con gli Stati Uniti, e il risultato rafforza la competitivtà del Nord America con la Cee e il Giappone. Dopo una campagna elettorale incandescente, che ha assunto l'aspetto di un referendum sulla sudditanza agli Usa e sul sistema assistenziale, l'affluenza dei canadesi alle urne è risultata alta nonostante le prime nevicate, il 75 per cento. John Turner, l'erede di Trudeau, che era partito in terza posizione, preceduto anche da Ed Broadbent, è riuscito a dare alle elezioni il carattere di un dibattito sul nazionalismo e Tanti americanismo, ma non a demolire i miti di Reagan e di Mulroney. Il premier canadese e il presidente americano avevano firmato il patto sugli scambi economici alcuni mesi fa: Mulroney si propone di farlo approvare in Parlamento il mese prossimo in modo che entri in vigore già a gennaio. Il volume dei commerci tra gli Stati Uniti e il Canada sfiora i 150 miliardi di dollari annui, quasi duecentomila miliardi di lire, quello canadese è il massimo mercato al mondo per i prodotti Usa, e l'accordo contempla anche una più libera circolazione dei capitali e dei servizi. Nel giro di un decennio, quando scompariranno quasi tutti i dazi e contingentamenti, si formerà un blocco regionale potenzialmente ostile alla Cee e al Giappone. Il dipartimento di Stato ha smentito che questo sia lo scopo dell'accordo. A Washington è viva la soddisfazione per la vittoria di Mulroney. I due governi la interpretano come la conferma della formazione di un fronte formato da Usa, Canada e Inghilterra, in sintonia politica e finanziaria, in grado di assumere subito la funzione di guida nei negoziati sulla liberalizzazione dei commerci internazionali e nella Nato.