Le sfortune della Romana di Ugo Buzzolan

Le sfortune della Romana In tv il movie di Patroni Griffi e il film del '54 di Zampa Le sfortune della Romana Canale 5 ha dedicato Finterà serata ai due lavori: il confronto si è risolto a favore della versione televisiva • Sostenuta la progressione drammatica dell'ultima puntata Gina Lollobrigida, ieri, e la Dellera, oggi, poco adatte al ruolo di Adriana Con abile mossa — e con astuzia — Canale 5 ha dedicato l'intera serata, l'altro ieri, a La romana: prima l'ultima puntata del movie di Patròni Orini e poi il film di Zampa del '54 (ma c'è voluta da parte del pubblico una forza di resistenza inaudita: imbottiti di spot in modo assurdo movie e film sono andati avanti a sussulti sin dopo la mezzanotte). Perché ho parlato di astuzia? Perché la pur tartassata versione tv de La romana ha finito col non fare cattiva figura a petto del vecchio film. Zampa è regista di merito (si pensi solo ad Anni difficili e a Processo alla città), ma qui non va oltre un freddo prodotto di mestiere. Tolta la rapida vivacità d'inizio, nel momento in cui la storia dovrebbe svilupparsi e assumere grinta, s'affloscia e si raggela. Di chi la colpa? Non si sa se è del regista che forse non sentiva la materia; se della sceneggiatura asfittica (che pure è firmata dallo stesso Moravia, da Bassani e da Plaiano); se di interpreti mal scelti (Pellegrin insignificante Astarita e Daniel Gelin uomo matu¬ ro, grottesco nei panni del ventenne Mino reso, tra l'altro, vigliacco all'eccesso); se della codina censura dell'epoca che non permetteva la minima concessione all'erotismo; o se della corta durata dei film d'allora, per cui era indispensabile una sublime capacità di sintesi. Quanto a Gina Lollobrigida, bisogna riconoscere che la figura di Adriana non è stata fortunata oggi con la Dellera, ma nemmeno trentaquattro anni fa con la Lollobrigida, troppo graziosa, troppo bambola, troppo asettica: va bene in partenza a fare la fresca popolana (ricordo della Bersagliera...), ma poi le tragiche vicende passano sul suo viso come acqua su marmo levigato senza lasciare traccia. Certo, la versione tv non ci scapita. Nell'ultima puntata la progressione drammatica è piuttosto sostenuta, e si è imposta una sequenza di polso (non a caso, avulsa dal romanzo), l'interrogatorio cui il borghese poliziotto Astarita sottopone il borghese «ribelle» Mino: gran taglio teatrale, e dialogo serrato ben recitato da Tony Lo Bianco e dal giovane Pierre Cosso. Attorno, purtroppo, ripetuti cedimenti all'inutile patetico spinto, con un finale birbone e retorico: la Dellera incinta (con la madre Lollobrigida sempre attaccata alle costole) si rifugia in casa dei genitori del suicida Mino, ed è una villa principesca con tenuta miliardaria sui dolci colli senesi (meno male, si dice che il figlio è del criminale pugile Sonzogno; mentre nel film, per censura, lo si è affibbiato d'autorità al meschino Mino). La Dellera, specie nell'ultimo capitolo, ce la mette tutta, con impegno, ma non celala. Tecnicamente, caratterialmente è inadeguata; il ruolo è troppo più grande di lei, e la debolezza della protagonista ha determinato — come nel film — la debolezza e la dispersione della storia. Chiaro che non basta esibire poppe còmmendevoli — come non è bastato allora un bel faccino — per esprimere il travaglio di questa romana presa nella morsa della vita. E oltre a tutto, povera Dellera, è stata anche mal doppiata. Ugo Buzzolan Gina Lollobrigida

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