In fondo al mare c'è il fallimento

In fondo al mare c'è il fallimento In crisi le imprese giapponesi nate per sfruttare jf!i oceani In fondo al mare c'è il fallimento TOKYO — Per aver inseguito troppo precipitosamente il sogno di estrarre minerali dal fondo del mare e di costruire città galleggianti la Mitsui Ocean Development and Engineering Co. sta abbandonando la partita dopo cinque anni consecutivi di perdite che hanno raggiunto i 4,3 miliardi di yen (oltre 45 miliardi di lire). Sarà liquidata in gennaio ed una nuova impresa, più piccola, sarà costituita per mantenere la presenza nel settore. . «Vi sono certamente molte opportunità nello sviluppo del mare — dice Masao Murayama, presidente di un'altra " impresa, la Toyo — ma dobbiamo ammettere che è molto improbabile die il settore diventi redditìzio in un futuro vicino, he piattaforme petrolifere in mare sono state un buon affare ed hanno fatto crescere la nostra industria ma ora diventano rischiose. Dobbiamo ridurre le nostre dimensioni per sopravvive¬ re'. -Le imprese private sono entrate in questo campo troppo presto' afferma Yutóo Hayashi, che si occupa dello sfruttamento degli oceani presso l'ente governativo per le risorse naturali e per l'energia. Nel 1981, il suo anno migliore, la Mitsui Ocean ha avuto un utile prima delle tasse di 2,4 milioni di yen, per la maggior parte derivante dalla vendita di piattaforme di perforazione petrolifera, n decollo dei prezzi del greggio incoraggiava le ricerche in mare; ma la società ha cominciato a perdere a partire dall'84 e prevede per la fine dell'anno un buco di almeno 1,4 miliardi di yen. Le otto maggiori società del settore, compresa la Mitsui, neli'81 avevano avuto un fatturato di 82,6 miliardi di yen; nell'87 il fatturato è sceso a 22,5 miliardi, con una diminuzione di circa il 75%. (Asahi News Service)

Persone citate: Hayashi, Masao Murayama