Ligato chiede aiuto alla dc di Ruggero Conteduca
Ligato chiede aiuto alla dc II presidente delle Ferrovie non va dal giudice ma a Palazzo Chigi Ligato chiede aiuto alla dc Ha avuto un colloquio con Misasi - Dopo l'incontro con il braccio destro di De Mita è parso rinfrancato, ma anche pri e pli chiedono che si dimetta - Cominciati gli interrogatori degli imputati ROMA — Lodovico Ligato non va dal giudice, come aveva annunciato, ma si fa ricevere a Palazzo Chigi. Segno, forse, che la poltrona di presidente dell'Ente ferrovie gli sta più a cuore o gli sembra più traballante della situazione giudiziaria in cui è venuto a trovarsi dopo gli arresti per lo scandalo delle «lenzuola d'oro». Richieste di dimissioni continuano a piovergli addosso da tutte le parti, specie da socialisti e comunisti. Né, quello legato all'ex presidente dell'Avellino calcio, Elio Graziano, sembra essere l'unico dispiacere in cui il presidente è incorso dal giorno della sua nomina, il primo gennaio del 1986. L'affare di 140 miliardi per una maxifomitura di parures di federe e lenzuola sintetiche destinate alle cuccette dei treni, è l'ultimo, in ordine di tempo, di una serie di addebiti mossi alla sua gestione. Il presidente, dicono i suoi più stretti collaboratori, è allo stremo. Non ce la fa più, e vorrebbe gettare la spugna. Ma, come sottolineò egli stesso venerdì scorso durante una conferenza stampa convocata in tutta fretta alla notizia dei primi arresti, lascerà solo se gli arriveranno segnali di imbarazzo o di sfiducia da parte del governo. ■Perché il governo mi ha nominato— disse—e solo il governo potrà convincermi a dimettermi". Chi lo ha visto ieri uscire nel tardo pomeriggio da Palazzo Chigi, dice però di aver- lo trovato rinfrancato. Segno che il colloquio che aveva avuto fino a pochi momenti prima con l'amico e conterraneo Riccardo Misasi, sottosegretario alla presidenza e braccio destro di De Mita, si era concluso con toni rassicuranti. Almeno per lui. D'altro canto, perché dovrebbe dimettersi proprio adesso, con un'inchiesta giudiziaria in corso, con quattro persone finite in galera e due ancora latitanti, e con una comunicazione giudiziaria per truffa contestatagli dai magistrati? E quale tipo di fiducia gli ha concesso l'amico Misasi: illimitata o a tempo? Gli ha confermato l'antica stima o gli ha consigliato solo di restare al suo posto in questo momento, perché altrimenti, avrebbe potuto dare l'im¬ pressione di una sua pur minima responsabilità nell'imbroglio delle lenzuola pagate a peso d'oro? Una cosa è certa: dopo aver dichiarato di voler essere ascoltato dal magistrato a tambur battente, Ligato ci ha ripensato e, consigliato anche dal suo difensore, avvocato Nino Marazzita, ha fatto slittare l'incontro con i giudici Calabria e Paraggio al prossimi giorni. L'attesa di cronisti, fotografi e cineoperatori, ieri mattina al Palazzo di Giustizia di piazzale Clodio, è andata così delusa. I magistrati, anzi, hanno fatto sapere di non aver ricevuto nessuna richiesta di colloquio da parte del presidente delle Ferrovie. E che, anche se l'avessero ricevuta, l'avrebbero respinta perché. per owii motivi, la precedenza negli interrogatori spetta agli imputati in carcere. Per Ligato, dunque, c'è tempo. Forse potrà incontrare i giudici giovedì o nei giorni immediatamente seguenti. Ieri, è toccato invece a Guido Mieli, revisore di prima classe al servizio Movimento delle Fs, in pensione da due anni e arrestato venerdì mattina. L'interrogatorio si è svolto nella sala colloqui del carcere di Rebibbia alla presenza del suo difensore, avvocato Claudio Isgrò. Fra oggi e domani saranno ascoltati gli altri tre alti funzionari delle Fs finiti in carcere: Giovanni Notarangelo, Antonio Bifolco e Luigi Tornatore. Degli altri due imputati. Alfonso De Felice Condemi, ispettore capo aggiunto del servizio approvvigionamenti dell'Ente, e l'ingegner Elio Graziano, «fornitore eccellente» di 25 milioni di lenzuola sintetiche, non si hanno ancora notizie. Silenzio totale, mentre non accenna a placarsi invece la polemica nei partiti riaccesasi alla notizia dell'ultimo scandalo. Dopo socialisti, comunisti, missini e demoproletari, sull'assetto delle ferrovie e sulla loro inefficienza hanno preso posizione ieri anche repubblicani e liberali, entrambi partiti di governo, come i socialisti. Parlando dell'inchiesta giudiziaria, l'onorevole Mauro Dutto, responsabile del settore trasporti dèi pri, ha detto che -le accuse dimostrano, se verranno provate, che l'azienda era marcia. Ed era quel marcio che la riforma del 19SC voleva tagliare. La nostra protesta, diversa da quella degli altri partiti, si rivolge soprattutto a quan to non è stato fatto contro le ruberie e i clientelismi e a favore della imprenditorializzazione delle attività». Il deputato liberale Pietro Serrentino ricorda invece, in un'interrogazione al governo, che c'è un articolo della norma istitutiva dell'Ente ferrovie secondo il quale «in caso di irregolarità o defi cienze tali da compromettere il normale funzionamento tecnico-amministrativo o la normale efficienza economico-finanziaria dell'impresa ferroviaria, il consiglio di amministrazione può essere sciolto con decreto del Presi dente della Repubblica». Ruggero Conteduca
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