L'ospedale? E' un miraggio

L'ospedale? E' un miraggio Ventisei anni fa fu posta la prima pietra in un paese della Campania L'ospedale? E' un miraggio Una serie di «contrattempi» ha sempre impedito che la costruzione fosse realizzata -1 trentamila abitanti della provincia costretti ad andare a Benevento - L'ultimatum del parroco NAPOLI — Due parallelepipedi di cemento, 11 rustico già fatiscente di un edificio diventato ricovero di cani randagi, deposito di rifiuti: è 10 scheletro del nuovo ospedale di San Bartolomeo in Caldo, un paese di settemila anime, il più grande degli undici Comuni della Valle del Fortore. Da ventisei anni i trentamila abitanti disseminati nei piccoli centri agricoli della provincia beneventana aspettano la fine dei lavori. Oggi la salvezza è appesa a un filo: chi ha bisogno di cure urgenti, chi è costretto ad un ricovero d'emergenza deve raggiungere 11 capoluogo, lontano settanta chilometri, oppure oltrepassare i confini della Campania verso Foggia, a cinquanta chilometri. Percorsi di una, due, quasi, tre ore, lungo le strade impervie che la pioggia e la neve rendono spesso impraticabili. La solita vecchia storia di burocratiche inefficienze? Dal pulpito della parrocchia di San Bartolomeo, don Ciro guida la rivolta di tanta gente stufa di aspettare. E' lui il leader indiscusso del comitato interparrocchiale che raccoglie i sacerdoti della diocesi, da Baselice a Foiano, a Montefalcone. Domenica scorsa nelle chiese i parroci hanno letto ai fedeli la lettera spedita al capo dello Stato Cossiga e al presidente del Consiglio De Mita: se entro il prossimo 30 novembre non sarà assegnato l'appalto per il completamento dell'ospe dale, dicono con tono deciso e minaccioso, occuperanno 'pacificamente e ad oltranza» la sede dell'Unità sanitaria locale numero 9. . A innescare la protesta a cui i parroci hanno dato voce e fatto da cassa di risonanza senza esitare, sono stati due incidenti stradali avvenuti pochi giorni fa. Antonio Pacifico, 20 anni, ha atteso per due ore l'arrivo di un'autoambulanza che lo trasportasse, dopo una brutta caduta dalla moto, all'ospedale «Rummo» di Benevento. Stessa sorte per un altro ragazzo che i familiari hanno condotto con mezzi di fortuna all'ospedale di Foggia. L'alternativa ad un viaggio a rischio è oggi rappresentata da un ambulatorio visitato una volta alla settimana da alcuni specialisti convenzionati, da una guardia medica nel comuni principali, e da un consultorio familiare. Nel nuovo ospedale, invece, sbno programmati ben cinque reparti: medicina generale, ostetricia, chirurgia, cardiologia e pronto soccorso. Ma cosa c'è dietro gli eterni lavori di una struttura sanitaria che potrebbe garan¬ tire duecento posti letto e occupazione per almeno cinquecento persone? «Per errori volontari o involontari— spièga don Ciro Canfora, ormai un esperto di questa storia — sono state annullate le gare d'appalto, fatte negli ultimi due anni. I soldi ci sono ed è impossibile che non sia. tutelato il diritto alla salute di questa povera gente. Evidentemente c'è del marcio e noi vogliamo vederci chiaro». La vicenda comincia con un evento solenne. B 20 maggio del 1962 la popolazione di San Bartolomeo assiste fiduciosa alla cerimonia della prima pietra dell'ospadale. Ma i finanziamenti statali, già in partenza insufficienti, arrivano con il contagocce oppure si perdono in mille rivoli per strada. Quando la competenza passa alla Regione e poi alla Unità sanitaria locale, sono trascorsi addirittura vent'anni. I responsabili dell'Unità sanitaria, retta da un comitato di gestione sostenuto da de e psdi e presieduto dal costruttore edile Donato Callisto, democristiano, tengono a separare le proprie dalle altrui responsabilità: 'Certo, mancavano i fondi — dicono adesso — ma si sono trovati i soldi per acquistare le cucine e le lavanderie che oggi giacciono in un deposito». Neil'86 entra in scena l'ex Cassa per il Mezzogiorno che stanzia tre miliardi e trecento milioni per il completamento dell'opera. Quei denari non sono stati ancora utilizzati. Perché? La storia assume risvolti paradossali. , E primo appalto, assegnato alla ditta «Sollazzo» di Campobasso, viene annulla¬ to dalla Casmez dopo il ricorso presentato dalla seconda impresa in graduatoria, la «Edilit» di Bari. La Usi le aggiudica i lavori, ma anche questa volta interviene la Cassa: neppure la «Edilit» ha i requisiti necessari. Si passa alla terza impresa in gara, la «Fintec» di Napoli, interviene il Comitato regionale di controllo: la procedura d'appalto non era corretta e quindi doveva essere ripetuta da capo. E siamo all'ultimo atto. Il 23 ottobre scorso l'agenzia per il Mezzogiorno approva una delibera che sancisce il trasferimento del progetto e dell'opera alla Unità sanitaria che è ora l'unico organismo responsabile di gare e appalti 'Adesso non ci sono più alibi — tuona don Ciro — e il nostro è davvero un ultimatum». Mariella Cirillo

Persone citate: Antonio Pacifico, Ciro Canfora, Cossiga, De Mita, Donato Callisto, Mariella Cirillo