Una spia francese a Bolzano

Una spia francese a Bolzano UN LIBRO SUL RUOLO CHE PARIGI EBBE NELLA QUESTIONE ALTOATESINA Una spia francese a Bolzano L'Alto Adige, dove domenica si rinnoverà il Consiglio regionale, è sempre al centro dell'interesse dell'opinione pubblica, e forse vi rimarrà a lungo. Purtroppo, come suole avvenire in questi casi, la polemica del momento prevale sulla pacata considerazione degli aspetti storici e strutturali, i soli che possano permettere una serena valutazione della questione. Eppure la liberalizzazione archivistica intervenuta in questo dopoguerra nel mondo occidentale — e ora a quanto pare anche in Urss — lascia poco spazio alla emotività. Dopo gli studi di Mauro Toscano per la documentazione italiana, di Antony Alce, ck per quella inglese e sud tirolese, di Dennlson Rusinow per quella americana e di Ivan Protopopov per quella sovietica, ecco ora un importante volume basato sui documenti francesi: Giuseppe Caprotti, Alto Adige o Sùdtirol. La questione altoatesina o sudtirolese dal 1945 al 1948: studio degli archivi diplomatici francesi (ed. Franco Angeli). Si tratta di una ricerca diligente e approfondita condotta sotto la guida di due autentici maestri, Jacques Bariety e Pierre Oulllen. Sappiamo ora tutto sull'atteggiamento francese nei confronti dell'Alto Adige, che fu mutevole, forse anche un poco passionale, almeno inizialmente. Poiché tuttavia un documento diplo¬ matico non è mai fine a se stesso, ma è piuttosto da porsi in relazione ad altri documenti anche stranieri, cosi questo libro oltre a precisare le varie fasi dell'atteggiamento francese, costituisce un contributo alla comprensione dell'intero processo che portò all'accordo De Gasperi-Gruber, e alla decisione alleata di lasciare immutato il confine del Brennero. Briga e Tenda La Francia, dunque, quando ancora il suo governo provvisorio era ad Algeri, decise la restituzione di tutto l'Alto Adige all'Austria. Era un atteggiamento emotivo, una reazione all'assurda aggressione fascista. Una tale soluzione trovò l'appoggio dello Stato Maggiore francese, ed in particolare del gen. Bethouart, comandante delle forze francesi di occupazione in Austria. Si pensò allóra che un'Austria libera e forte avrebbe potuto costituire una specie di antemurale nei confronti di una paventata aggressione da parte tedesca o russa. Prevalse poi, poco a poco, l'opinione delia diplomazia francese, e in modo particolare di quella del ministro degli Esteri Bldault, e cioè che non si dovesse scontentare oltre misura l'Italia anche perché si pretendeva da essa la restituzione di Briga e Tenda. Inoltre puntare su di l un antemurale austriaco era semplicemente paradossale. La Francia, comunque, si mantenne favorevole a una piccola rettifica del confine del Brennero a favore dell'Austria, secondo il pensiero dello stesso gen. De Gaullc. Cambiò parere solo quando si accorse che sarebbe rimasta isolata, e quando gli stessi sudtirolesi si dichiararono contrari alla cessione all'Austria di una «parte» dell'Alto Adige, per non indebolire la loro presenza colà. Questo racconto è svolto dal Caprotti in modo preciso, pertinente e documentato. Accenna anche alla missione che una spia francese, il capitano Clairval compì a Bolzano a partire dai primi mesi del 1945. Mi sia concesso di aggiungere a questo proposito una mia testimonianza. Inviato da Parri a Bolzano, quando ancora era sotto occupazione nazista, venni,a conoscenza che agenti francesi stavano lavorando per la creazione di una Stato tedesco del Sud, mediante l'unione del Tirolo austriaco e di quello italiano con la Baviera, il Baden e il Wurttemberg. Più o meno il programma del maresciallo Foch nel 1918! Raccolsi tessere e documenti che l francesi distribuivano largamente, e che più tardi consegnai a Salvemini. Mi incontrai clandestinamente e ripetutamente con Eric Amonn, di sentimenti antinazisti e futuro primo Presidente delia «Sùdtiroler Volkspartei»: non riuscii mai a convincerlo a partecipare ad azioni comuni contro gli occupanti nazisti. Il libro di Caprotti costituisce un contributo di prim'ordine per la migliore conoscenza della questione altoatesina. Sarebbe perù un errore estrapolare quest'ultima dal complesso dei problemi che impegnano la diplomazia italiana. In politica estera, soleva dire Cario Sforza, 'tutto si tiene-: una ciliegia chiama l'altra e, tanto per rimanere in tema, è arcinoto che tra la questione altoatesina e quella giuliana vi fu un legame assai stretto. Le ricerche del Caprotti introducono quindi a una meditazione più approfondita e attuale del contributo che la storia può dare alla definizione della politica estera italiana. La quale non è certo di facile comprensione, come dimostra il libro di Enrico Decleva L'incerto alleato. Ricerche sugli orientamenti internazionali dell'Italia unita (ed. Angeli). Incerto alleato Si tratta del tentativo di ricostruire la problematica di fondo della nostra politica estera da parte di uno dei più agguerriti e promettenti storici italiani. Si può ben capire la fase del «raccoglimento» impostata dal grande Emilio Visconti Venosta subito do- po l'Unità, quando si trattava di fondere le politiche estere dei vari Stati preunitari. Si possono ben comprendere le successive fasi del «connubio» e del «trasformismo», quando s'imponeva la ricerca di un consenso il più largo possibile. Ma rimaneva pur sempre un'ambiguità di fondo tra la direttrice «continentale» della politica estera italiana e quella «mediterranea» ereditata, in gran parte, dal Regno delle due Sicilie; tra la politica delle «nazionalità» e quella dell'imperialismo. E' appunto questa ambiguità che ha fatto dell'Italia, in più di un'occasione un «incerto alleato». In realtà le motivazioni appaiono complesse anche nell'ambito dell'opinione pubblica, su cui Decleva appunta giustamente il suo sguardo. Un'opinione pubblica sempre più importante ai fini del consenso, ma che in definitiva non ha avuto che un modesto rilievo sulle decisioni di fondo, durante il Regno d'Italia. Salvatorelli ha parlato giù stament e dei tre colpi di Sta to perpetrati da Vittorio Emanuele III nel 1914, nel 1922 e nel 1943. In realtà tut ta la politica estera dell'Italia sino alla caduta della monarchia è essenzialmente una politica savoiarda. Il libro di Decleva offre utili spunti di riflessione e di ripensamento, Enrico Serra