I cacciatori di fantasmi

I cacciatori di fantasmi La polemica sul caso Jenninger I cacciatori di fantasmi A Philipp Jenninger, presidente del Bundestag, i media italiani dovrebbero delle scuse, mi pare. E con lui, forse, al popolo tedesco. Sia chiaro, non gliele dovrebbero solo quelli italiani, ma a noi è di questi che importa, dal momento che siamo in Italia. Questo giornale è stato l'unico, nel nostro Paese, che—di fronte all'oggettiva enormità di una notizia secondo la quale il presidente del Parlamento tedesco avrebbe fatto pubblica apologia del nazismo nientemeno che commemorando l'inizio dello sterminio degli ebrei da parte del medesimo — ha riportato sì la notizia per quella che essa era, per come era giunta dalle agenzie, ma ha voluto controllare c capire esattamente quanto era successo, cercando il testo integrale del discorso c pubblicandolo. I lettori de La Stampa hanno così potuto constatare con i loro occhi che quella notizia era nel merito assolutamente falsa; che seppure il di scorso aveva potuto essere frainteso all'ascolto di alcuni passi per la scarsa capacità oratoria di Jenninger, il suo contenuto, il suo impianto e il suo fine sono tuttavia inequivocabili. E' il discorso di un democratico tedesco che medita sulla storia della Germania, non solo nulla celando dei suoi orrori, ma anzi chiamando tutto il popolo tedesco a sentirsi in qualche modo re sponsabile di essi. Sta di fatto, invece, che se un giornate, almeno uno, non avesse voluto capire bene come stavano le cose l'immagine di Philipp Jenninger oggi definitivamente accreditata sarebbe quella di una sorta di clerico-fasci sta, e l'immagine della Germania — ciò che più conta — sarebbe ancora e sempre quella di un Paese infido per la democrazia perfino nelle sue massime istituzioni, pronto a gettarsi nelle braccia dei suoi antichi (e si dice eterni) fantasmi, ingua ribilmentc sciovinista, razzi sta ed antisemita. Il Paese — si aggiunge sempre della storiografia 'revisionista» che vuole 'banalizzare crimini nazional-socialisti che vuole fare passare un passato che invece non deve passare. Eccetera, eccetera. Infatti, appena sono arrivate le prime confuse notizie del discorso di Jenninger, proprio questa immagine c stata prontamente tirata fuori e fatta propria da gran parte della stampa italiana nei commenti improntati agli inevitabili e virtuosi sdegni di occasione. Sui motivi profondi che stanno dietro questa cicca coazione a ripetere, a riproporre in eterno lo schema dei buoni e dei cattivi, nonché sul terrore che coglie certo antifascismo alla sola idea di essere privato della sua rassicurante vulgata, ha già detto benissimo Barbara Spinelli, e dunque non è necessario ripetersi. Rimane però un problema, diciamo così di deontologia professionale, se l'espressione non è troppo pomposa. Quando i commenti di cui sopra sono stati scritti, il testo del discorso di Jenninger era già noto, e comunque facilmente conoscibile. Ora, poiché è letteralmente impossibile che una persona di comune buonsenso equivochi sul significato di quel discorso, non restano che due ipotesi: o che quei commenti sono stati scritti sulla base di un semplice sentito dire, senza conoscenza diretta della cosa da commentare, pure così facilmente ottenibile; ovvero che quei commenti medesimi hanno volutamente manipolato un testo che essi, ad ogni costo, volevano fosse ciò che gli piaceva pensare avrebbe dovuto essere. E' davvero diffìcile dire quale di queste due spiegazioni torni meno ad onore di una stampa che si pretende autorevole, magari di spirito disincantatamente «liberal», e perfino, se possibile, di livello europeo. Altrettanto difficile è capire come si possa aspirare a queste cose quando poi, venuta finalmente fuori la verità e divenuto di pubbli co dominio cosa Jenninger ha davvero detto, quella medesima stampa passa disinvoltamente dagli alti sdegni in nome dei princìpi al pudico silenzio dei propri piccoli comodi. E. Galli della Loggia

Persone citate: Barbara Spinelli, Galli, Jenninger, Jenninger I, Philipp Jenninger

Luoghi citati: Germania, Italia