Al galoppo con Tex Willer

Al galoppo con Tex Willer COMPIE 40 ANNI IL PIUMTALIANO EROE DEL WEST A FUMETTI Al galoppo con Tex Willer Un festival cinematografico a Milano e una mostra itinerante festeggiano il cowboy che spara solo contro i «cattivi» Più di mezzo milione di persone comprano ancora le sue avventure- Accusato negli Anni 50 di incitare alla violenza, in realtà educa al senso di giustizia - Parla il suo inventore, Gianluigi Bonelli, una specie di Salgari del dopoguerra MILANO — Galoppa e spara da Quarant'anni, Tex Willer, italianissimo eroe del West. Non esistenti altro personaggio cosi longevo nel mondo del nostro fumetto: conosciuto persino nello Sri Lanka, vende ancora oggi più di meteo milione di copie ogni mese. Adesso lo festeggiano: si inaugura domani a Milano un festival di gloriosi film western, è in allestimento una mostra itinerante con scenografie di Gianni Polidori, escono numeri speciali di riviste, i semiologi sguainano/ analisi e interpretazioni. Un bel fenomeno, questo Tex, sorta di Zorro delle praterie, di Robin Hood della Monument Volley, lo scenario di Ombre rosse La domanda è: in c?ie modo avrà agito sui milioni di italiani che ne hanno seguito le avventure in Arizona e Colorado,fra deserti di pietra, rari cactus e torrenti in fondo ai canyon? Tentare una risposta è un'altra avventura, vuol dire evocare le fasi più fortunate del fumetto nel dopoguerra, delineare addirittura alcuni tratti del nostro immaginario collettivo. E' una storia ricca di personaggi e di tante storie nel suo interno. Innanzi tutto c'è la storia di lui, di Tex. «Per tutti! diavoli, che mi siano ancora alle costole?»: Tex entra in scena cosi, accanto alfocheretto del bivacco sull'atto di una gola, nella prima inquadratura del primo album. Era un albumina stretto e basso, di 32 pagine, una piccola striscia del settembre '48. Costava 15 lire. Tex è braccato, ma non è un fuorilegge. Ha «solo» vendicato la morte del fratello. Scorge laggiù una giovane indiana inseguita. Non ci pensa due volte: salta in sella al suo Dinamite, stupendo cavallo domato in lontani tempi di rodeo, e affronta il cattivo Coffin per salvare l'indiana. Non la conosce, ma è in difficoltà. Gli basta.- Peggio per Coffin e i suoi uomini E inizia la serie dei 1500 cadaveri che i filologi hanno contato sul suo cammino. Tex si rivela subito: è un generoso, un impulsivo, un romantico castigamatti Diviene amico dei Navajos e sposa la dolce indiana Lilith, molto prima che film come Soldato blu facessero scoprire le ragioni dei pellirosse. 72 lettore di Tex era già dalla parte degli indiani. Ma Tex rimane vedovo, e di amore non si parla più. L'eroe vive nel ricordo della sposa E'probabile però che, senza essere inquadrato, una vìsita alle signore ospitali al primo piano dei saloon la faccia anche lui Di Lilith gli resta un figlio, Kit, che lo accompagna nelle avventure, insieme con l'indiano Viger Jack e Kit Canon, ì * Per i deboli Un giorno il figlio gli chiede: «Per chi combatteremo noi, papà?». E lui: «Per i deboli e gli oppressi. Non certo per un branco di sporchi e ignobili politicanti». Si è trasformato in un ranger, in agente governativo che vigila sulla riserva dei Navajos. Non per suonarvi la zampogna, per rifugiarsi in Arcadia, ma per disporre l'ordine. Ha pistole più veloci del pensiero. La sua età è sempre sui 40 anni L'altezza invece varia, perché la sua epopea è come l'Iliade e l'Odissea: il cieco Omero, più che un autore;è un simbolo, un fascio di autori anonimi.. Qosì avviene per, lui: si succedono vari sceneggiatori e vari disegnatori, e ognuno 10 vede, entro certi limiti, un po' a modo suo. Ora è sul metro e 80, ora conquista il metro e 90. Ed ecco un'altra storia, quella del creatore di Tex, Gianluigi Bonetti, 80 anni, milanese, ancora lì che scrive sceneggiature. E' il patriarca del fumetto italiano. E' una specie di Salgari del dopoguerra: ha inventato più di 50 personaggi spaziando in tutti i tempi e in tutti i continenti senza mai muoversi da casa Ha viaggiato si, ma per inquietudine, non per documentarsi. Sì documentava sui libri, sulle riviste. Ha letto tutto Zane Grey, il dentista scrittore che negli Anni Venti ha iniziato la narrativa western. Si è innamorato giovanissimo di Jack London. Nei luoghi di Tex è andato per la prima volta quest'estate, beccandosi per giunta dai suoi amatissimi Navajos una multa per eccesso di velocità. Gianluigi Bonetti veste jeans, giubbotti, cappelloni. Dice «che il diavolo mi porti» e «satanasso». Parla cioè come 11 suo Tex. Porta una collana indiana d'oro, un Rolex d'oro, un anello con un diamante da sette carati Tex l'ha reso ricco. Ma confida: «Ho terre a Ibiza, ho delle case, vivo in un appartamento di 300 metri quadrati con palestra, ho una collezione di più di 20 pistole. Ma che ne faccio di tutto questo? E' la forza quel che conta, è l'amore». Nei pasticci Tre mogli e due figli, non fuma più sette pacchetti di Xantia al giorno. Di sé dice: «Sono un anarchico, Tex è come me, negatore di Dio, dei partiti, della nazioni, delle guerre. Tex non è un guerrafondaio ma vive in mezzo ai pasticci. Lo tirano dentro, lui non si sottrae perché ha il senso della giustizia». Gianluigi Bonetti ha sempre amato l'America: «Gli americani sono gente seria. Qui in Italia c'era la retorica fascista e post-fascista. A me piacevano quei paesaggi che mi avevano rivelato i film western. Ho messo insieme quella vita e quei paesaggi con il mio carattere e le mie idee, cioè che il bene è il bene, senza tener conto della pelle e del denaro, e il male è il male, come 11 bianco e nero del fumetto Questo è Tex. Se Tex ha contribuito a diffondere In Italia l'amore per l'America, sono contento». Quindi c'è la storia del dise¬ gnatore, di colui che ha inventato il volto di Tex, quella figura fisica, quegli scenariAurelio Galeppini, 71 anni, un bisnonno amico di Garibaldi e un avo allievo del Quercino. Racconta: «H viso del primo Tex assomigliava a quello di Gary Cooper. E siccome io assomigliavo a Gary, ero Tex anch'io. Mi ricordo che, per disegnare certe espressioni, mi mettevo davanti allo specchio. Poi l'ho cambiato, non l'ho fatto assomigliare a nessuno. Anche nel vestire: in un primo momento portava calzoni neri attillati e stivaletti quasi da moschettiere; dopo diventa un vero cowboy, n fatto è che Bonelli non mi aveva detto nulla di preciso. Non sapevo che tipo d'eroe aveva in mente. E il paesaggio all'inizio è piuttosto quello della Sardegna dove vivevo. Insomma, mi barcamenavo. Dopo mi sono documentato bene, quando Tex ha cominciato ad andare forte». Galeppini ha disegnato finora 16 mila tavole di Tex. Resta il princeps dei suoi illustratori E c'è la storia di Sergio Bonelli, figlio di Gianluigi Editore di Tex, è anche il più importante editore italiano di fumetti Pubblica sette testate, per un milione di copie mensili Dice: «Tex nacque dal cinema, da Hollywood, dai film con John Wayne. Ma non son state sempre rose e fiori. Ricordo il periodo della censura. Nel '51 due deputati democristiani, Federici e Migliori, presentarono un disegno di legge sul controllo preventivo di tutti i fumetti Approvò la Camera, non il Senato. Nuovi tentativi nel '55 e nel '58. Nelle parrocchie eravamo consigliati solo agli adulti e "con riserva". Se quella legge passava, per noi fumettari era la fine, non ce l'avremmo fatta coi tempi tecnici di produzione». Fu così che Sergio Bonetti divenne segretario dell'associazione degli editori di fumetti. «Ci autocensuravamo. Mettevamo un marchio con le lettere MO, Garanzia Morale. Una vergogna». Il vento moralistico travolse alcune testate come Pantera Bionda, la Tarzanella, una splendida regina detta giungla: quando volava sulle liane le si sollevava il quadratino di pelle dì leopardo sul ventre, e allora lì subentrava un oscuro tratteggio a significare chissà quali mondi per i poveri bambini del dopoguerra. Anche un confronto fra le edizioni di Tex del'48 e del '64 mostra differenze. Cambiarono disegni e parole. Per esempio, la ragazza indiana del primo album: in origine porta la minigonna, dopo i pantaloni E sparirono parole come scagnozzo, bastardo, sangue del diavolo. I cadaveri non esibivano più buchi di proiettili e sangue. Dice Bonelli che «il cattivo moriva perché sci¬ volava e batteva la testa o perché sbucava un serpente». L'accusa di fondo era di istigare i ragazzini atta violenza. La stessa accusa che otto anni fa si rivolgeva ai cartoni animati giapponesi di guerra. C'era una profonda avversione contro i fumetti, nette famiglie e nette scuole. Leggere fumetti era una trasgressione. Finché non è apparsa la tv commerciale. «Dieci anni fa dissi: ragazzi, la festa è finita», ricorda Sergio Bonetti «Non per 1 cartoni animati, non per 1 nuovi personaggi. Questo vale forse per 1 più piccoli Ma perché la tv attira, occupa, soddisfa il tempo Ubero della gente. D'estate, quando nelle pensioni romagnole non c'era la televisione, vendevamo il 30 per cento di più. Adesso è un sogno. C'è la crisi. Molte case editrici hanno chiuso. Noi resistiamo, in caduta controllata». E non è pensabile che gli sceneggiatori di fumetti divengano sceneggiatori di spettacoli televisivi e cinematografici? «Non ci vogliono», risponde Bonelli. «Faremmo buone cose, ne sono sicuro. Abbiamo fantasia, ritmo. Ma difendono 11 loro orticello, ci tengon fuori. Ma io sono soddisfatto: ho preso per mano Tex, ho vissuto i suoi splendori, lo accompagno nella sua nuova fase». Tex galoppa ancora, quando Il mito del West, anche nel cinema, sembra essersi esaurito. Con quelle saghe l'America ha esercitato nel mondo del dopoguerra un'influenza enorme, n West raccontava di un civiltà contadina, tutto sommato pre-industriale: e questo piaceva, confortava, in un periodo ài duro travaglio di adattamento. Metteva in campo il più delle volte individualismo e lotte fra singo- li afra bande: e anche questo Aandava bene, dopo unaguer- rafra eserciti Ma soprattutto «il West funzionava come una fiaba», dice Antonio Poeti scrittore e pedagogista nell'Università di Bologna. «Era, è la favola dell'uomo bianco, l'ultima rimasta. Era Taltrove meno esotico, l'ignoto fuori porta, come lo chiamo in un mio racconto Inedito». Le strade, le macerie, i prati diventavano d'incanto dirupi e distese solcate da cowboy. Tex è l'eroe di questo universo immaginario. Giustiziere Che cosa ha dato infine Tex? «Ha dato molto», risponde Faeti, texologo da sempre. «Non solo a noi del '39, del '40, di un po'prima e di un po'dopo, ma anche ai nuovi ragazzi. Lo vedevo nel miei alunni a scuola. Ha insegnato che le ragioni vere sono quelle del buon diritto, che ci si comporta bene per la propria dignità, che l'imperio nel cortile di casa si vince meglio con oneste lotte che non sruffianando l'amrninistratore». «Quanto poi ai rapporti con l'America, conclude Faeti, certo, Tex è americano, ma per gli Usa tutto questo West è stato un'arma a doppio taglio. Tex ci ha abituati a certi valori di lealtà e di soccorso ai deboli; ma proprio per questo, quando Tex-Usa va a sparare nel Toncbino, l'amatore si trasforma in odiatore. I lettori si sentono traditi. Non accettano i Vietnam». «Con la metafora del West, incalza il semiologo Omar Calabrese, si mettono in scena i marginali, Tex incarna il giustiziere, il difensore degli oppressi Guai a tradire». Tex a questo punto galoppa vìa. Non vuol mostrare che tante feste e tanti elogi l'han¬ no fatto diventare rosso di A vergogna, fi \ Claudio Altarocca La copertina della versione indiana, la lingua Tamil, di Te» Willer, quarantenne eroe del fumetto