DOVE GUSTARE TARTUFI di Sandro Doglio

DOVE GUSTARE TARTUFI DOVE GUSTARE TARTUFI FINALMENTE ci sono. E sono anche abbastanza abbondanti (più dell'anno scorso, in ogni caso), e soprattutto molto profumati. E naturalmente sono cari, ma non più del solito. Parliamo di tartufi — dei tartufi bianchi nostrani — gioiello della gastronomia del Piemonte, trionfo dell'autunno. In alcuni ristoranti li offrono già da ottobre, alcuni addirittura da settembre. In un posto li avevano già alla metà di agosto. Ma i tartufi «veri», i tartufi «buoni», i tartufi «nostri» in realtà sono quelli che si trovano da novembre in poi, fino alle prime nevi. Nei negozi sono in vendita — secondo le dimensioni — tra le 120 e le 200 e più mila lire l'etto: da più di un milione a due milioni e passa il chilo, insomma. E per una buona «grattatina» su un piatto di tagliatelle o di agnolotti, o su una fonduta fatta con la Fontina che dio comanda, ci vogliono 5-6 grammi di tartufo. Il di più, se il tartufo è buono e profumato come deve essere, è considerato eccesso, comunque spreco. Non c'è torinese o piemontese che — potendo — rinuncia almeno a un pranzo profumato con i tartufi. E in genere, più che a casa, il pranzo con i tartufi lo si va a consumare al ristorante. La fama si è diffusa, i gastronomi stranieri arrivano a frotte. Oggi quasi tutti i ristoranti hanno tartufi sulla carta dei cibi. Il tartufo è diventato da questeparti un elemento indispensabile per dimostrare che si offre buona cucina (il che non sempre è vero). Tuttavia ci sono ristoranti che più di altri hanno fama e tradizione nella presentazione e nel servizio di questi profumatissimi tuberi. Tentiamo perciò una rassegna di questi «mostri sacri» del tartufo. Con l'avvertenza che naturalmente un buon tartufo e a prezzi onesti — sempre che si tratti di quello nostrano, cioè il Tuber magnatum pico, così chiamato perchè il medico torinese Pico lo descrisse scientificamente per primo nel 1788, e che si trova soltanto nelle Langhe e nel Monferrato — lo si può trovare anche altrove. A Torino uno dei ristoranti più noti per offrire tartufi (anzi di tanto in tanto vi vengono celebrate autentiche «sagre gastronomiche» a base di tartufi) è la Cloche, sulle prime rampe della collina verso il Pino. I Bello, monferrini, ne fanno incetta presso i cercatori e offrono sempre prodotti di prima qualità e in abbondanza. Ma i torinesi sanno anche che — più per tradizione che altro — la cena a base di tartufi in genere la si va a fare fuori Torino. Ad Asti, al Gener Neuv, santuario della cucina nostrana, Piero Fassi ha messo in sala una bilancia di grande precisione e un cartello con il prezzo di giornata dei tartufi. Un controllo per i clienti, certo; ma anche un modo simpatico di proporre questo prezioso tubero: ognuno decide quali vuole, scegliendoli da un grande paniere, e quanto ne vuole, pesandoli prima e dopo la «grattatina» sulla bilancia, subito sapendo di quanto sarà aumentato il conto. Nelle settimane scorse il cartello del ristorante segnava il prezzo di 3.200 lire al grammo, poi è man mano sceso, secondo mercato, a 2.800,2.500, e in questi giorni dovrebbe essere un po' più basso. Si tratta di tartufi di primissima scelta. Tartufi su ogni piatto, ma soprattutto sugli straordinari tajarin si possono trovare da Camolin, a Costigliole Belbo. E anche al Belvedere di La Morra, tempio sacro dei riti gastronomici autunnali. A Barolo c'è il simpatico Brezza. A Denice (Alessandria) i Cacciatori; ad Alba i fratelli Gallina sono specialisti in tartufi (oltre che in carne cruda) alla Capannina. Nel Monferrato c'è il Castello di San Giorgio; nelle Langhe, a Neive, tartufi e buon mangiare da Claudia e Tonino alla Contea di Neive; ad Acqui la Schiavia; a due passi da Torino, nel bel verde Canavese, tartufi splendidi si possono trovare al simpatico Tre Re di Castellamente (non dimenticare di assaggiare gli amaretti morbidi della casa). Tartufi come pioggia naturalmente a Monforte d'Alba: «Quest'anno i tartufi, e la nostra cucina piemontese in genere, sembrano essere la grande scoperta degli stranieri, dice Giorgio Rocca, del celeberrimo ristorante Giardino (più noto come «Felicin», dal nome del suo indimenticabile papà): 'Nelle Langhe abbiamo sempre avuto in questa stagione molti svizzeri, molti tedeschi, ma mai co¬ me quest'anno; e tutti vogliono i tartufi. Per fortuna cominciano a esserci, e sono anche molto buoni. Il costo? Sulle 100-150 mila lire all'etto». Guido Alciati di Costigliole, che fino alla settimana scorsa saggiamente rifiutava di servire tartufi perché, diceva, «non sono ancora buoni, e soprattutto non sono nostrani», oggi ha anche lui tartufi «veri» in menù, ed è oberato di prenotazioni, soprattutto di clienti stranieri (da Guido non c'è un solo posto libero per tutto novembre): «I tartufi sono arrivati in ritardo, ma finalmente ci sono, e sono buoni, molto profumati. Costano sulle 170-180 mila lire, ma alcuni begli esemplari li ho pagati anche 220 mila lire all'etto». Pier Carlo Ferrerò, del San Marco di Canelli, è lui stesso gran cercatore di tartufi, va per valli e colline con la sua cagnetta Diana: «Non ce ne sono moltissimi, dice, ma la qualità è in genere elevata. La mia cagnetta dà grandi soddisfazioni e me ne ha fatti trovare di stupendi, autentiche meraviglie sotterranee di profumo che pesano anche più di un etto». Costo? «Il prezzo onesto per quelli molto belli si aggira sulle duecentomila lire l'etto; si può trovare qualcosa di piccolo a 160 mila, ma nei negozi si possono anche pagare 230-240-. Un'ultima segnalazione doverosa: al Rododendro di Boves, la bravissima Mary Barale fa anche con i tartufi mirabilia in cucina. E' la stagione giusta per andarci, anche se il viaggio è lungo. I prezzi segnalati per i ristoranti — ricordiamo — vanno intesi senza vini e senza grattatina di tartufo. Sandro Doglio

Persone citate: Cacciatori, Gallina, Giorgio Rocca, Guido Alciati, Mary Barale, Monforte, Pier Carlo Ferrerò, Piero Fassi