Il risveglio islamico: fede e rivoluzione contro l'Occidente di Igor Man

Il risveglio islamico: fede e rivoluzione contro l'Occidente Trent'anni di Medio Oriente nella testimonianza di Frescobaldi Il risveglio islamico: fede e rivoluzione contro l'Occidente Ifatti d'Algeria, sanguinosi e tristi (poiché è triste che un esercito che si vuole popolare, nato dalla Resistenza, uccida inermi figli del popolo) e, più di recente, l'attacco suicida d'un kamikaze sciita contro un convoglio di soldati israeliani nel Libano del Sud, hanno riproposto all'attenzione, sgomenta, del mondo occidentale il cosiddetto «risveglio islamico». Nel primo caso perché quelli che comunemente vengono definiti integralisti han cercato di cavalcare la tigre della sacrosanta protesta dei giovanissimi boy algerini. Nel secondo, perché la Jihad islamica che opera nel Libano coi suoi hezbollahi (uomini del partito di Dio) nel rivendicare l'azione suicida s'è rifatta al verbo khomeinista ch'era sembrato, in questi ultimi tempi, diluirsi nel pragmatismo di Rafsanjani e dei «nuovi chierici» di Teheran. n «risveglio islamico» è certamente uno dei fenomeni più straordinari del nostro secolo. Oramai dal 1967, a partire dalla disfatta del nasserismo risucchiato nel vortice della «guerra dei sei giorni», esso scuote i paesi musulmani: dall'Egitto all'Indonesia, passando per il Bangladesh. A detta di alcuni studiosi ci troveremmo di fronte a una Internazionale islamica, secondo altri a un riflusso religioso paragonabile alle «nostalgie» di monsignor Lefebvre. Ma c'è anche chi parla di novelli cavalieri templari dell'Islam espiosi da un lontano passato e chi ipotizza una sorta di Opus Dei che brandisce il Corano in luogo della Bibbia. Alla radice del «risveglio», questo cocktail di fede, violenza, spontaneismo,: troviamo la presunzione di seppellire tutti gli ismi dell'Occidente, a cominciare dal «modernismo», liberale o hegeliano, marxista o strutturale, in quanto considerato l'antitesi del tradizionalismo conservatore. Però quest'ultimo pretende di non essere una forma di oscurantismo bensì il mezzo di recupero di quei Valori che comportano un «progresso» etico-sociale da non confondersi con l'illusione mistificatrice del consumismo e del laicismo nazionalista mutuato dall'Occidente. Invero non sono pochi gli interrogativi che il magmatico rivelarsi del nuovo radicalismo islamico suscita. «Si tratta di un. nuovo moto rivoluzionario capace di stravolgere Stati e regimi, rovesciando l'assetto di una regione di fondamentale importanza per le società avanzate, oppure è un ritorno di Medioevo, cupo e fanatico, che può scavare un fossato di incomunicabilità proprio in tempi di stretta interdipendenza tra gli abitanti di quel cosiddetto "villaggio globale" che è il mondo di oggi?-. Così leggiamo nel risvolto di copertina de La riscossa del profeta, il libro di Dino Frescobaldi appena pubblicato da Sperling & Kupfer. Impegnandosi a cercare una risposta al quesito, Dino Frescobaldi, giornalista di razza, ha pensato bene di cucire col filo rosso dell'islamismo risorgente accadimenti di¬ versi che lo hanno visto testimone attento, e spesso partecipe, durante trent'anni di esperienza mediorientale. Va detto subito come questo di Frescobaldi non sia un libro destinato agli «addetti ai lavori». (Anzi è possibile che qualcuno di loro gli contesti d'aver, qualche volta, forzato l'interpretazione dei fatti per cavarne la morale voluta). Chiaro, asciutto, persino drammatico questo viaggio di Dino Frescobaldi dal Cairo a Gerusalemme, passando per l'Iran, la Libia, il Libano, l'Arabia Saudita, aiuterà il lettore comune, i giovani, ad approfondi¬ la una strada di Teheran (foto Grazia Neri) re tematiche inquietanti ancorché fascinose. Soprattutto aiuterà a capire un po' meglio giustappunto i fatti d'Algeria e la rovina «incomprensibile» del Libano. H disperato sforzo odierno di Gheddafi per salvare la sua rivoluzione; la fine del «re dei re» (che Frescobaldi accettò di intervistare nel segno della professionalità quando un po' tutti evitavano Reza Panie vi), e, infine, la tragedia palestinese scandita dall'ini;ifada. " E poiché nelle vene dei giovanissimi insorti palestinesi la febbre patriottica inietta a mo' di flebo gocce di integralismo religioso, ci sembra giusto osservare, come fa Dino Frescobaldi a chiusura del suo attualissimo reportage, che un ulteriore aggravamento della ferita palestinese «pud essere l'occasione attesa per icirr,cótiche lèvahooggi la bandiera del nuovo fanatismo religioso nel nome di Allah». Da qui l'urgenza di una soluzione politica, giacché 'dietro ai palestinesi in lotta per il diritto a una patria vi è potenzialmente anche un miliardo di musulmani, dall'Atlantico al Pacifico, richiamati dal valore simbolico di Gerusalemme». La riscossa del profeta ci dimostra come un reportage può diventare strumento, prezioso, di divulgazione e, al tempo stesso, essere un modo, forse compiaciuto, di raccontarsi. Igor Man Dino Frescobaldi, «La riscossa del profeta», Sperling & Kupfer, 208 pagine, 24.500 lire.