Perché ignoriamo i romanzi spagnoli di Angela Bianchini
Perché ignoriamo i romanzi spagnoli Polemica: un intervento di Maria Luisa Aguirre D'Amico Perché ignoriamo i romanzi spagnoli Caro Direttore, ho letto l'articolo di Angela Bianchini «Dalla Spagna ci rimproverano» uscito la scorsa settimana su 'Tuttolibri'. Forse sarebbe stato più giusto mostrarsi subito d'accordo con Horacio Saenz Ouerrero: il disinteresse del lettore e dello spettatore italiano per la narrativa e per la letteratura drammatica spagnole è reale ed è difficile da giustificare e da spiegare. SI potrebbe affermare, io credo, che il suo interesse si ferma al «siglo de oro», salvo qualche rara eccezione. Qualche eccezione (citata dalla stessa Bianchini): Sastre, Garcia Lo rea. Ma il successo di Sastre (me ne rendo conto adesso) fu In parte ottenuto facendo appello a una solidarietà politica, cosi come indubbiamente politico ed emotivo è stato il successo di Garcia Lorca. Per contro un autore di eccezione, Ramon del Valle Inclan, quanto poco interesse ha suscitato. A proposito di Valle: con Einaudi avevo già firmato un contratto per un Super-corallo dedicato al suo teatro. All'ultimo momento l'Editore ci ripensò e pubblicò solo Divine parole e Luci di Bohème nella piccola collana teatrale. Ho proposto gli straordinari «esperpentos» ai più importanti registi italiani: me li hanno sempre rifiutati, dicendomi che né loro né il pubblico italiano erano interessati al mondo ispanico. Speravo che almeno la narrativa sarebbe stata accolta meglio. La Sellerio ha pubblicato recentemente La corte dei miracoli: a me pare un romanzo di grande respiro e vi compare un personaggio ricorrente nel teatro e nella narrativa di Valle, il marchese di Bradomin, uno del personaggi citati da Saenz Ouerrero che potrebbe, a pieno diritto, diventare «un personaggio» per il lettore italiano. A quanto so. soltanto /I Manifesto ha recensito La corte dei miracoli. Tuttolibri e la Bianchini lo hanno ignorato (o sbaglio?). Tutto cospira, dunque, a che il lettore italiano continui a ignorare Bradomin. Maria Luisa Aguirre D'Amico Maria Luisa Aguirre D'Amico ha tutte le carte in regola per testimoniare circa la diffusione o meno della letteratura drammatica spagnola in Italia: infatti attraverso traduzioni e saggi di molte opere teatrali, fra le quali quelle di Alfonso Sastre, essa ha contribuito moltissimo a far conoscere in Italia il teatro spagnolo. Proprio a lei pensavo nel parlare del sostegno dato in Italia ad Alfonso Sastre: fu a casa di Maria Luisa Aguirre che conobbi Sastre e potei fargli l'intervista pubblicata poi dalla Stampa. Dispiace dunque di sentire proprio dalla Aguirre quante difficoltà incontri oggi non solo la narrativa dell'Ottocento, ma anche il teatro spagnolo e si sarebbe tentati di coincidere con lei quando osserva che la popolarità di Alfonso Sastre aveva una origine di solidarietà politica. Su Garcia Lorca penso, invece, che giochi il fascino di una poesia giudicata, a torto o a ragione, poesia d'amore. Quanto all'aver tardato fino ad oggi a recensire La corte dei miracoli tradotto da Maria Luisa Aguirre, vorrei scusarmene e ricordare, però, che su questo giornale si tenta in maniera continuata di tenere il pubblico al corrente delle novità di lingua spagnola di vario genere. Prova ne è la recensione che dedicammo a Valle Inclàn e al suo Tiranno Banderas il 12 maggio 1984 e che ricordava il successo di Luci . di bohème con Raf Vallone. La corte dei miracoli è davvero un bellissimo romanzo ma viviamo in tempi calamitosi e dubito che il personaggio del marchese di Bradomin, sottile e complesso, di ascendenza dannunziana, abbia la forza necessaria per imprimersi sul pubblico italiano. Angela Bianchini Boterò, «Tablao flamenco»
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