Prime risate dall'America di Masolino D'amico

Prime risate dall'America Twain e altri umoristi in un'antologia curata da Gorlier Prime risate dall'America SECONDO una famosa definizione di Mark Twain, «la storia umoristica è americana, la storia comica è inglese, la storia spiritosa è francese'. Nel secondo e nel terzo caso quello che conta è la storia stessa; nel primo, tutta l'importanza sta nel modo con cui la storia viene raccontata. Nella storia comica e in quella spiritosa l'artista è il creatore della storia, che, dopo, chiunque può raccontare. Nella storia americana l'artista è il narratore. E sempre per l'autore di Huckleberry Finn, 'l'arte di raccontare una storia umoristica — badate, voglio dire oralmente, non per iscritto — fu creata in America, e ci è rimasta'. Ne consegue che l'umorismo genuino ali American è fortemente legato, fin dalle origini, alla sua componente orale (lo stesso Mark Twain si esibiva regolarmente come conferenziere); la pagina scritta non ne dà che una pallida idea, non molto diversamente, poniamo, dai canovacci di certi attori irresistibili sulla scena Ma proprio come siamo ben contenti che, malgrado le sue teorie, Mark Twain non si sia limitato a prodursi di persona, dobbiamo dare atto a una serie di scrittori per la maggior parte oggi semidimenticati non solo di avergli indicato la strada, ma di avere lasciato anche loro testimonianze scritte di quell'arte, che mantengono un sapore assai genuino. Con molto gusto Claudio Gorlier ha pescato nell'opera degli anonimi autori degli «Almanacchi di Crockett» o deir«Almanacco dell'Agricoltore», in quella di personaggi non molto più identificabili come George W. Bradbury («presumibUmente giornalista e umorista') o James S. French (di cui si sa solo che rivendicò, oggi si pensa mentendo, la paternità di una vita di Davy Crockett in un atto ufficiale sottoscritto a Cincinnati nel 1833), e naturalmente in quella dei ben più noti George Horatio Derby (morto nel 1861), George Washington Harris, Joel Chandler Harris (raccoglitore delle fiabe di negri raccontate dallo schiavo Uncle Remus), Seba Smith. Ne è risultata una antologia gradevolissima alla lettura, e ricca di spunti per considerazioni. In molti di questi brani vive per esempio l'incanto con cui i pionieri si avvicinano agli spazi insospettati, alla natura ricchissima e spettacolare del nuovo paese, un incanto espresso da pittori oggi rivalutati come Thomas Cole, Asher B. Durand, Frederic Church, Albert Bierstadt. n loro equivalente umoristico si esprime nella cosiddetta tali story, o racconto di balle il cui eroe per eccellenza è il surricordato colonnello Crockett: il quale risale le cascate del Niagara aggrappandosi ad un alligatore, o supera un tornado a cavalcioni di un fulmine. E sono da cercare qui, forse, le prime manifestazioni di un'altra costante della letteratura americana, il rapporto con gli animali — con animali mitici, favolosi: la balena bianca di Melville, il toro o il gigantesco marlin di Hemingway. Nel denso, prezioso saggio premesso alla propria scelta (e alle proprie spiritose traduzioni) Claudio Gorlier indica, magari esagemado un tantino anche lui, un antecedente al maestoso, primoridiale orso di Faulkner in un raccontino di Thomas B. Thorpe. Altra costante presto riconosciuta e benvenuta dai lettori di Mark Twain è l'asciuttezza, la non-melensaggine, vorrei dire la cattiveria di questo umorismo, n miglior esempio di queUo che intendo si trova nel racconto di Haliburton, e più precisamente nella narrazione ivi contenuta di un imbroglio brillantemente portato a termine dal con-man Sam Slick. Questi si trova a letto in una locanda con la propria vittima designata — come Queequeg e Ishmael all'inizio di Moby Dick'. — e da buon imbonitore di frontiera si preoccupa di rintronare di chiacchiere il malcapitato. Del suo fiume di parole fa parte la narrazione di una precedente esperienza con un compagno di letto, uno sconosciuto che russava forte e che scalcia. Sam Slick senza svegliarlo lo gira dall'altra parte, in modo che scalci verso il muro, e si addormenta tranquillo. La mattina l'individuo lo fissa immobile, le non belle fattezze contorte in una specie di ghigno. Sam Slick lo apostrofa cordialmente, ma non ha risposta. 'Morto, ve lo giuro! Era stato un attacco di apoplessia a farlo scalciare come un matto. Ci restai piuttosto male; per parecchio tempo non riuscii a mandar via dalla mente l'immagine della smorfia orrenda di quel tipo. Terribile, no?: Masolino d'Amico Claudio Gorlier (a cura di), «Gli umoristi della frontiera», Editori Riuniti, 318 pagine, 28.000 lire.

Luoghi citati: America, Cincinnati