Il prete che reinventò la Sei di Giorgio Calcagno

Il prete che reinventò la Sei LA MORTE DELL'EDITORE DON FRANCESCO MEOTTO Il prete che reinventò la Sei Si svolgeranno domani mattina alle 11,45 nella basilica di Maria Ausiliatrìce i funerali di don Francesco Meotto, il direttore editoriale della Sei, morto domenica, per un male incurabile, a 67 anni. Ci sono editori famosi per av. *e fondato la loro casa e altri per averla saputa continuare. Don Meotto apparteneva a una terza categoria, quella dei rifondatori. Quando diventò direttore della Società Editrice Internazionale, quarantacinquenne, nel 1966, la casa salesiana aveva già mura robuste, un tronco solido che si era sviluppato sulle antiche radici di Don Bosco: ma i suoi frutti rimanevano all'interno della cinta. Era una editrice cattolica per un pubblico cattolico: dove autori di gruppo si rivolgevano a lettori di gruppo. Nel mondo culturale italiano non esisteva. Arrivò questo professore di lettere torinese, che aveva insegnato dieci anni in un liceo romano, cordiale, dinamico, e ci fU subito un cambiamento. Leale alla Congregazione che rappresentava — la sua fede religiosa era pari alla sua apertura mentale — don Meotto sentiva prepotente il richiamo della società. Capiva che la cultura non poteva nascere né circolare all'interno della cinta: e lui, per primo, non ci stava. Curioso del mondo, attento ai cambiamenti, sempre presente dove poteva esserci un dibattito o uno spunto di idee, anche a lui lontane. La casa di Valdocco, nel suo progetto, doveva caratterizzarsi producendo libri seri, non «confessionali». Lo ripeteva ai suoi collaboratori—e molte erano collaboratrici — che aveva scelto tutti in ambiente laico; lasciando loro sempre più spazio. Ex insegnante, dava molta importanza alla scuola, il settore dove oggi la Sei ha una fra le più forti presenze in Italia. Sotto la sua direzione, la casa editrice aveva sostituito i vecchi testi—alcuni dei quali anche molto discussi — con opere nuove, affidate a studiosi seri, che non gabellassero informazioni di parte. E aveva puntato sulla linguistica, per fornire strumenti utili, senza secondi fini, come il dizionario di inglese, modellato su quello fondamentale di Oxford. Ma il suo vero fronte di battaglia era la letteratura non sco- lastica, dove più difficile si presentava il confronto, n libro Sef, fino a pochi anni prima, non entrava nemmeno nelle librerie non cattoliche. Don Meotto andò a cercare i suoi autori nell'Università, nei giornali, nel mondo dello sr.Htacolo; inventò collane per poterli ospitare. Li avvicinava con la sua simpatia umana, li teneva agganciati con la sua disponibilità all'ascolto. Tutti sapevano che era un prete, nessuno sentiva in lui 11 linguaggio clericale. La sua punta di diamante doveva essere la «Varia Sei», quasi una casa editrice a parte, che egli aveva aperto in corso Vittorio Emanuele per segnare anche fisicamente le distanze dalla casa madre di Valdocco. Nel suo catalogo troviamo oggi nomi come Piero Chiara e Arpino, Biagi e Zavoli, Tilde Giani Gallino e Diego Novelli; o scrittori stranieri come Ende e Barbara Pym, il tedesco orientale Heym e il brasiliano Guimaraes Rosa, appena uscito. Senza dimenticare, naturalmente, quegli autori cattolici che potevano dare un contributo anche a un lettore esterno: da Eugenio Corsini, con il suo illuminante saggio sull'Apocalisse, a Franco Bolgiani e Francesco Traniello, fino a Vittorio Messori, best seller della casa, oltre un milione di copie vendute per Ipotesi su Gesù. In questo spirito, insieme con alcuni intellettuali di altra identità, don Meotto creò nel 1982 il premio Grinzane Cavour, diventato oggi fra i più ambiti in Italia, il solo che coinvolge nella giuria gli studenti liceali. Possono concorrere tutti i libri, tranne quelli della Sei. A lui non interessava promuovere i singoli prodotti della sua casa editrice, ma la lettura fra i giovani: che vedeva pericolosamente allontanarsi dal libro. E aveva ideato un meccanismo perché si leggesse all'interno della scuola. Per la Sei, ha lavorato fino all'ultimo, quando già lo aveva aggredito 11 male, che lo avrebbe stroncato in poche settimane. Nel suo ufficio c'è ancora la poltrona allungabile, dove veniva a sedersi, quando poteva, per ascoltare collaboratori, fare telefonate, prendere appunti. Il suo testamento, frutto di quei difficili giorni, è il programma editoriale del 1989, che lascia già tutto definito, ai suoi continuatori. Giorgio Calcagno J

Luoghi citati: Grinzane Cavour, Italia, Oxford