In ufficio con il cacciatore di spie di Gianni Bisio

In ufficio con il cacciatore di spie La sicurezza «ossessione» della società industriale: convegno di esperti a Torino In ufficio con il cacciatore di spie Le alte tecnologie creano nuove vulnerabilità nelle imprese - Gli israeliani eccellono nell'antisabotaggio: «Gli attentati ci hanno insegnato a prevenire i rischi» - Tramontano i «Ramno», lo specialista esce dall'università TORINO — Né 007 alla Jan Fleming, né esuberanti Rombo. Gli addetti alla sicurezza Industriale e delle infrastrutture a rischio, riuniti da ieri a Torino per il loro primo convegno nazionale, assomigliano piuttosto al protagonistaautore di quello Spycatcher che tanto ha disturbato la signora Thatcher, o ai funzionari àeìi'intelligence di Le Carré: seri professionisti, alcuni docenti universitari, che studiano fenomeni inquietanti come il terrorismo o lo spionaggio per capirli e combatterli, come un biologo osserva un virus per neutralizzarlo. La sicurezza, dall'inizio degli Anni 70, è diventata un'industria ed un capitolo di spesa in ogni impresa importante. Gianni Manunta, maggiore dei paracadutisti, ora amministratore di una azienda di consulenze per il controterrorismo e l'antisabotaggio, la L&M, è l'organizzatore del convegno. Spiega che -la società tecnologicamente avanzataèresa vulnerabilissima dal suo stesso sviluppo-, che sostanze tossiche e radioattive -sono di sempre più facile reperimento- e che il loro impiego da parte di criminali, terroristi o folli potrebbe avere conseguenze gravissime: -Tutte le società civili — dice — dovranno prepararsi ad affrontare questi problemi senza isterismi o strumentali emotività^-. Cosi a Torino, città con la massima concentrazione industriale, sono confluiti per tre giorni gli esperti mondiali di questo delicato settore, uomini (e donne), che amano poco la pubblicità e che parlano di -circostanze precisesema però mai fare nomi. Molti sono i partecipanti italiani, ma numerosi sono anche gli americani, che della sicurezza hanno fatto quasi un incubo, e soprattutto gli israeliani, oggi all'avanguardia nel settore: -La lunga convivenza con il terrorismo — confida l'addetto militare di Tel Aviv, il colonnello Yar- koni — ha purtroppo fatto nascere da noi una scienza della "security", sia per la prevenzione, sia per ridurre al minimo le conseguenze degli attacchi quando malauguratamente si verificano-. E proprio agli esperti israeliani è toccata ieri la parte del leone, nella prima giornata del convegno. Dani Issacharoff, che ha coperto posizioni di responsabilità nello Stato di Israele ed oggi lavora per la Twa e l'American Aerlines. ha analizzato gli elementi che fanno la -security- di una grande azienda — personale, procedure, mezzi fisici, intelligence, supervisione —, ricordando che è il loro equilibrio e l'adattamento ad ogni situazione prevedibile (cioè basata sull'-anaZisz del rischio- ) a costituire la difesa. E il fattore uomo non è mai da sottovalutare, se si tiene conto che il 90 per cento dei sabotaggi trova aiuti all'interno delle aziende. Non solo: anche l'elettronica più sofisticata cade di fronte alla guardia del corpo inefficiente (per età o per addestramento alle armi) o al cattivo uso delle procedure di difesa per le scorte ad alto rischio, manovre rese inutili dall'assuefazione o non complete. Issacharoff ha spiegato come -un ambasciatore sia stato ucciso perché la guardia, violando le procedure, gli apriva la porta dell'auto, distraendesi per un attimo dal controllo della zona circostante-. Inoltre nel percorso programmato non era preusto l'ospedale più facilmente raggiungibile: -Per cinque minuti di ritardo — ha osservato — un uomo è morto-. Anche nella relazione di Moshe Lan, responsabile di molti progetti all'estero di Israele, e comparso come protagonista il fattore uomo. Nello spionaggio industriale ci sono quattro obiettivi — documenti, computer, comunicazioni, personale — ma e l'ultimo che rappresenta il rischio maggiore: -Bisogna controllare il passato dei dipendenti — ha detto Lan — ma soprattutto educare la gente a non parlare, mai comunque per telefono, di materiale riservato, e ridurre al minimo il numero di quelli a contatto con segreti-. Di bombe, terrorismo, strategie delle rivoluzione, con particolare riferimento ai recenti attacchi alle strutture della Nato, ha parlato una delicata signora. Annah Kurz. direttrice del progetto • Conflitti a bassa intensitàdel Jaffee center of strategie studies. Ha sostenuto che esiste una strategia non casuale degli attacchi, legata, come e accaduto nell'85-86. all'andamento del conflitto mediorientale, e rivolta ad ostacolare la pace negoziata con Arafat. Colpi che sono costati miliardi al turismo europeo, coinvolto nell'atmosfera di tenore. Oggi si parlerà di comunicazioni, terrorismo tecnologico e informazione. Gianni Bisio

Persone citate: Arafat, Dani Issacharoff, Fleming, Gianni Manunta, Kurz, Moshe Lan, Thatcher

Luoghi citati: Israele, Tel Aviv, Torino