Rivivono le stanze di 007 e maharaja

Rivivono le stanze di 007 e maharaja LONDRA: IL FOREIGN OFFICE RITROVA I PASSATI SPLENDORI VITTORIANI Rivivono le stanze di 007 e maharaja LONDRA — Il gusto per la stravaganza dell'architettura vittoriana era andato perso negli Anni 50; anzi, si odiava la derivazione patrizia della filosofia che emanava da quello stile: la glorificazione dell'impero e l'intraprendenza economica. Un monumento che soffrì in quell'epoca e che sottolinea forse più di ogni altro "il desiderio vittoriano per la ricchezza, per l'ornata decorazione" come scriveva lo storico d'arte Nicholaus Pevsner, è il mastodontico Foreign Office. Non era stato restaurato: la stravaganza delle sculture, i materiali nobili erano stati celati con timidezza puritana. Partizioni di legno compensato dividevano splendide camere, i pavimenti di piastrelle istoriate venivano nascosti dal linoleum, i cortili da un tetto corrugato. Passando per i corridoi del Foreign Office, di tanto in tanto, si poteva intravedere uno scorcio dell'antica gloria: alcune belle statue facevano capolino da dietro i pannelli di legno. Le sontuose scalinate, 1 vasti ritratti dì marchesi e conti, di ministri degli Esteri e dì generali, sembravano scusarsi di ricordare un passato che non rispondeva ai canoni dell'epoca attuale. L'enorme edificio che comprende l'obsoleto India Offi¬ ce e il Colonia! Office oltre all'Home Office (ministero dell'Interno) e il Foreign Office (quello degli Esteri) era in pessimo stato. Come nuovi uffici venivano aggiunti, per mancanza di spazio si accumulavano i fili elettrici, le partizioni continuavano a dividere sale e saloni, gli elaborati stucchi venivano coperti. Stili in battaglia Negli Anni 60 si era persino parlato di demolire la vasta fabbrica in stile «italianizzante» e di costruirne una nuova. Fortunatamente la moda è cambiata e i simboli della grandezza vittoriana vanno più d'accordo con la filosofia thatcheriana; così, nel 1980, si decise di ristrutturare il Foreign Office. I lavori cominciarono quattro anni più tardi e "dovrebbero essere ultimati nel 1994- dice Julian Evans, segretario politico del ministro del Foreign Office. Già un'enorme parte dell'edificio è stata completata ed è ora il turno dell'ex India Office; il ministro degli Esteri e i quattro ministri del Foreign Office hanno dovuto traslocare per alcuni anni, dato che i loro uffici si trovavano proprio in quella sontuosa area. Il costo dell'intero restauro ammonterà a 20 milioni di sterline. E' affascinante la storia di questo gigante che si staglia tra Downing Street, Whitehall e il parco di St. James, frequente meta di visite fatte da James Bond nei suoi film. Quando si cominciò a pianificarlo, c'era battaglia tra gli stili del neo-gotico e neo-rinascimentale. "La battaglia degli stili, scrive Pevsner, circa il 1860-70, veniva grosso modo combattuta tra il classico e il gotico. Il suo locus classicus sono gli uffici di Gilbert Scott del 1870-75-. La locazione per gli uffici di governo era stata prescelta, il concorso lanciato: tra i 218 concorrenti solo 19 avevano eseguito i piani in stile neogotico. Tra questi quello di Gilbert Scott non vinse. Il Foreign Office scelse invece il disegno classico di H. B. Garling ma lord Palmerston, il primo ministro liberale di allora, lo rifiutò. Nel frattempo Gilbert Scott non si era dato per vinto, continuava a cambiar piano e stile, finalmente sottomise un piano in stile tardo rinascimentale. «La sua origine stilistica è Genova e Venezia, continua Pevsner, e per renderlo ricco il punto è di ricoprirlo tutto». Ma per vincere il concorso Gilbert Scott doveva acconsentire di lavorare con Matthew Digby Wyatt, l'architetto della Compagnia della East India. L'India Office era ormai sotto la responsabilità del governo dopo l'abolizione della East India Company dovuta all'ammutinamento indiano del 1857. L'India Office aveva più soldi, lo si può constatare nell'uso di marmi opulenti, di porfidi, nella scalinata delle Naiadi, nel cortile di Durbar. Quest'ultimo, di Digby Wyatt, è lavorato in pietra di Portland con colonne di granito rosso da Peterhead; ci sono altri graniti grigi scozzesi, insomma Digby Wyatt usò pietre nobili e locali. Le statue che decorano il ricco cortile rappresentano gli uomini che si distinsero nelle campagne indiane. Il Durbar Court fu usato per la prima volta nell'estate del 1867, inaugurato da uno splendido ballo dato in onore del sultano della Turchia, a Londra in visita ufficiale. Il bailo venne a costare 11.488 sterline 19 scellini ed 8 penny: una cifra enorme! Elefanti scolpiti Oggi il cortile è visibile dai corridoi che lo circondano su tre piani e dalla bella sala dei congressi, sempre di Wyatt, che viene usata per incontri politici importanti ed anche per qualche festività politica. E' stata restaurata con stile ed è un ambiente-bellissimo: i legni, gli stucchi, i marmi so¬ no riccamente e finemente lavorati, il caminetto del 1730 è italiano e proviene dall'antica sede della East India Company. Adesso parte dell'ex India Office è in restauro e non può essere abitato. Prima che fosse chiuso, il ministro in carica mi portò in visita: le scalinate di marmo sono tra le più ricche mai costruite, disegnate per impressionare il visitatore. La camera d'aspetto per i maharaja è scolpita con motivi di elefanti e temi indiani. Una saletta a due entrate ugualmente grandiose in caso, mi spiegò il ministro, che due maharaja dovessero entrare assieme e, naturalmente, bisognava farli procedere simultanea mente e conferir loro gli stes si onori. Il grande cortile d'entrata è ancora diviso in quattro, con le entrate per i diversi ministeri che oggi sono diventati uno e cioè il Foreign Office. Naturalmente ogni dettaglio all'interno e all'esterno suggerisce il potere di un'era impressiona il visitatore; questo era uno degli scopi di tale architettura e il visitato re a tutt'oggi è intimidito Specie dopo i restauri, le sale, le scalinate, i corridoi ria bilitati del Foreign Office, fi gurano tra i più bei monu menti vittoriani di Londra. Gaia Senzadio

Persone citate: Court, Digby Wyatt, Gilbert Scott, James Bond, Julian Evans, Matthew Digby Wyatt