Meli accusa: «Accadono fatti gravi »

Meli accusa: «Accadono fatti gravi » Oggi a Roma la commissione Antimafia decide sul nuovo caso Palermo Meli accusa: «Accadono fatti gravi » Sembra che la rottura con il pool della procura sia avvenuta sulla vicenda dei Costanzo - Ma il consigliere istruttore smentisce: «Si tratta di altro, il segreto istruttorio mi impone il silenzio» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PALERMO — Lo scontro sembra ormai a viso aperto tra il consigliere istruttore di Palermo Antonino Meli e la procura della Repubblica. Che dissensi ve ne siano lo hanno confermato lo stesso Meli e a Roma il senatore socialista Maunzio Calvi, vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia il cui ufficio di presidenza si riunisce oggi a Roma per esaminare la nuova vicenda che fa sussultare il palazzo di giustizia di Palermo. Dopo un'intera giornata trascorsa sulla pista delle rivelazioni del «pentito» Antonino Calderone che chiamò in ballo anche Carmelo e Pasquale Costanzo, due fratelli d'oro dell'intraprendente imprenditoria catanese. Meli ha escluso che le dichiarazioni da lui rese sabato all'antimafia a Palermo abbiano riguardato i Costanzo dei quali comunque il magistrato non ha fatto il nome. n consigliere istruttore ha precisato che le sue dichiara¬ zioni -hanno avuto riferimenti a vicende non meno gravi, diversamente svoltesi, sulle quali nulla di specifico posso dire allo Stato per il divieto nascente dal segreto istruttorio-. Il giallo a questo punto si infittisce. Tutti tornano a chiedersi quali siano i «fatti inquietanti» ai quali si è riferito sabato il senatore Calvi dopo l'audizione di Meli. -Esco da quest'incontro con un profondo senso di malessere-, aveva affermato il vicepresidente della Commissione antimafia, sempre richiamandosi alle dichiarazioni del consigliere istruttore. Di che cosa si è lamentato allora il consigliere istruttore con la Commissione antimafia? Nell'attesa che venga fuori la «verità vera» dopo le tante -verità così e così» fioccate quasi a getto continuo ieri come sabato e domenica, è stato registrato un perentorio -non parlo assolutamente- del procuratore della Repubblica Salvatore Curti Giardina, quando già circola¬ va la voce che Meli in serata avrebbe reso noto una «messa a punto». Ma alcuni sostituti della procura escludono che il consigliere istruttore ce l'abbia con loro e sostengono che le sue lamentele con l'Antimafia riguarderebbero semmai altre stanze del Palazzo. Al di là del contenuto delle affermazioni del consigliere Meli, sembra proprio che tra l'alto magistrato e il pool antimafia della procura della Repubblica (i cui componenti sono molto amici di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, antagonisti di Meli nel controverso «caso Palermo») sulla vicenda dei Costanzo vi è a dir poco una disparità di vedute che traspare da un fitto scambio di richiesta di documenti, accertamenti, indagini varie tra l'Ufficio istruzione e la Procura. Meli avrebbe da tempo sollecitato alla Procura della Repubblica un «parere conforme» ali?, sua linea che sarebbe favorevole all'incrimi¬ nazione di Carmelo e Pasquale Costanzo. In sintonia con quanto otto mesi fa decise il giudice Falcone la procura appare invece più morbida. Ci si riallaccia in pratica alle rivelazioni del pentito Calderone che in marzo provocarono l'emissione di 160 mandati di cattura firmati da Falcone e 2 comunicazioni giudiziarie per associazione mafiosa inviate dallo stesso dott. Falcone ai fratelli Costanzo. I due imprenditori — riferi il pentito — avevano alle dipendenze il fior fiore della mafia catanese con in testa «Nitto» Santapaola condannato all'ergastolo per il delitto Dalla Chiesa, e il boss Francesco Mangion. I due, anni fa, furono sorpresi con armi e munizioni vicino a dove fu assassinato quel giorno stesso il sindaco democristiano di Castelvetrano Vito Lipari, ma incredibilmente la passarono liscia dopo aver sostenuto che «andavamo a caccia». Antonio Ravirìà