L'Etna e la vite, un'unione felice

L'Etna e la vite, un'unione felice La produzione (soltanto 20 mila ettolitri) non corrisponde alla qualità L'Etna e la vite, un'unione felice A guardare le colate di lava incandescente, a sentire i poco rassicuranti sussulti accompagnati dagl'incandescenti lapilli non si direbbe che il grande vulcano sia capace di partorire come una madre estremamente prolifica. Uve, agrumi, ortaggi, frutti d'ogni tipo: un ben di Dio davvero imprevedibile, che quanti si limitano ad osservare le asprezze della lava solidificata davvero non penserebbero mai di poter riscontrare. Invece quei mille e mille gradi di calore nelle viscere del vulcano, quell'inferno sotterraneo che ad ogni momento minaccia d'esplodere, quel misterioso ribollire, che si percepisce in superficie dal cratere o dalle bocche laterali anche più sotto della quota di vertice a m. 3200. come per un insondabile miracolo della natura, consentono la crescita rigogliosa di prodotti straordinari. E' così per i celebri vini dell'Etna, che molti hanno ammirato e che però tantissimi debbono ancora poter apprezzare. Bianchi, rossi e rosati; tenui o più corposi; soavi o più «impegnativi»: tutti hanno un comune denominatore, almeno per chi ha la fortuna di possedere un fine palato: sono riconoscibili perché, anche nella loro levità, sprigionano la personalità e la sicurezza di chi è figlio originato da una forza della natura: la potenza di Ercole forse non era dovuta alla sua ascendenza divina? Ebbene non si tratta di indulgere alla mitologia né di far poesia, ma si può stare certi che, bevendo un Etna, si finisce — e nenache dopo gran tempo — per essere fortemente impressionati dal fatto che «quella roba» viene da lì, dalla terra sotto la quale scorre l'inferno di fuoco, materia e terra incandescenti. I viticoltori dell'Etna sono come gli agrumicoltori e gli altri produttori della zona. Non danno molta confidenza. Sono modesti e riservati al punto da poter sembrare tetragoni. Sono anche — e questo fra tanti meriti è un neo — un po' tradizionalisti. Guai a invadere 11 loro campo, guai a criticarli. Con tutte le difficoltà che debbono affrontare e con tutti gli ostacoli che nel secoli hanno sa- puto superare, d'altronde, chi è ragionevolmente in grado di dar loro buoni consigli, o peggio di dire.loro ciò che devono fare? La produzione è in calo e non c'è da rallegrarsi. Non accade spesso di poter ordinare al ristorante — anche in Sicilia — un buon vino dell'Etna. La produzione si racchiude in sé e questo è il principale campanello d'allarme, il segnale che indica a chi deve recepirlo che occorre mobilitarsi. Non che vi sia il rischio di perdere una «tradizione» consolidata nei secoli, ma certo la difesa ed anzi il rilancio dei vini dell'Etna sono temi da tener presenti e da imporre nel dibattito, «he è vivo e palpitante, sull'enologia siciliana. L'Etna Bianco e L'Etna Bianco Superiore legano splendidamente con il pesce e gli antipasti, «viaggiando» sugli 11,5 e sui 12 gradi, a base di Carricante e Catarratto, entrambi secchi e freschi. Con una resa di circa 90 quintali per ettaro, vanno bevuti fra gli 8 e i 9 gradi e per lo più non invecchiano. Sono però una produzione piccola, inferiore ai 20 mila ettolitri che sono una specie di goccia di fronte ai circa 14 milioni di ettolitri della produzione siciliana. Se i Bianchi dell'Etna sono delicati e profumati, i Rosati e il Rosso hanno un incontestabile odore vinoso e un sapore potente e caldo che subito fa pensare al vulcano e ai suoi misteri che mai saranno svelati.

Persone citate: Rosati

Luoghi citati: Sicilia