«E il grano di Cernobil»

«E' il grana di Cernobil» Inquietante denuncia dei giudici sul carico radioattivo di Bari «E' il grana di Cernobil» il magistrato: «0 la Grecia ha mentito sul tasso di inquinamento, oppure quel prodotto arriva da un Paese più vicino alla centrale: Polonia o Urss» - Appello a De Mita: «E' necessaria una legge che imponga controlli sugli alimenti vegetali» ■ Per evitare il blocco i trafficanti mescolano cereale «sporco» con altro normale BARI — n grano radioattivo sequestrato due mesi fa nel porto di Bari mentre veniva sbarcato da una nave proveniente da Salonicco quasi certamente non è stato raccolto in Grecia tra l'87 e 1*88.1 documenti che lo attestano sarebbero falsi. In realtà il grano è probabilmente cresciuto poco dopo l'incidente nucleare di Cernobil in una zona molto più esposta alle radiazioni rispetto alla Grecia: forse la Polonia o forse l'Unione Sovietica. Solo cosi si spiegherebbe l'alto tasso di radioattività che le analisi disposte da pretura e procura della Repubblica di Bari hanno rilevato: 1570 bq, al di sopra della soglia di sicurezza. Ma non tutto il carico era contaminato. Grano radioattivo è stato mescolato con altro «normale». Una tecnica, a quanto pare, usata da organizzazioni senza scrupoli di import-export: unire prodotti di buona qualità ad altri inquinati. In questo modo il tasso di radioattività rientra nei limiti fissati dalla legge, e il prodotto può essere commercializzato. Senza che, naturalmente, la parte contaminata perda la sua pericolosità. Le due inchieste della procura della Repubblica e della pretura di Bari lasciano poco spazio a dubbi: il grano arrivato il 19 settembre nel capoluogo pugliese non era stato coltivato in Grecia. -A meno che — ipotizza il sostituto procuratore Enrico Maria Capristo — le autorità elleniche abbiano mentito sul tasso di radioattività dei loro prodotti agricoli comunicato alla Cee dopo Cernobil; quello reale potrebbe essere stato a livello dei 1570 bq del grano sequestrato a Bari-. La tesi di un traffico internazionale, che si affaccia nell'inchiesta del pretore Nicola Colaianni. è avvalorata da alcune circostanze. Il caso della nave cipriota «Alexandre-, il cui carico — 2400 tonnellate di grano — venne sequestrato dalla Sanità marittima e che dovette ripartire per la Grecia per ordine proprio del pretore Colaianni, non è isolato. Allora furono incriminate quattro persone: oltre al comandante della nave, anche tre responsabili della ditta importatrice, la Ninivaggi Finanziaria di Altamura, provincia di Bari. Pochi mesi prima, nel porto di Manfredo¬ nia, fu bloccato un altro carico di grano radioattivo proveniente sempre da Salonicco. Altro cereale contaminato — secondo quanto avrebbe appreso il sostituto procuratore — è sotto sequestro nei silos del porto di Catania, dov'era stato sbarcato da un'altra nave anch'essa proveniente dalla Grecia. In tutti questi casi — sottolinea il pretore Colaianni — la scoperta è stata il risultato di accertamenti occasionali. A Catania si effettuarono controlli perché alcuni piccioni erano morti dopo aver beccato il grano. A Bari fu lo scrupolo dei funzionari della Sanità marittima a consigliare le analisi sul carico dell'«Alexandra». Intanto, dal momento che non vi sono leggi che consentono lo sbarco solo dopo gli accertamenti, il grano veniva scaricato e trasportato nei depositi della Ninivaggi. Dopo due giorni giunsero i risultati delle analisi: il carico aveva un tasso di radioattività di 1570 bq, di gran lunga superiore ai limiti di sicurezza previsti nei Paesi della Cee. Nel frattempo quel grano avrebbe potuto essere trasformato in pasta e pane. Un'eventualità che gli inquirenti escludono, dopo I controlli a tappeto dei carabinieri e della Guardia di Finanza in tutti i depositi di mulini e pastifici della zona. Ma il dubbio resta: nessuno è in grado di assicurare con certezza che un quantitativo, anche minimo, possa essere stato commercializzato prima che la macchina dell'inchiesta bloccasse il cereale. Vicende emblematiche della sporadicità dei controlli e del vuoto legislativo in una materia, quella delle importazioni di prodotti agricoli, cruciale per la salute pubblica. -Non vi sono leggi — spiega il pretore Colaianni — che obbligano le autorità sanitarie e doganali ad effettuare analisi accurate sulla merce prima che sia consentito lo sbarco. Tutto è affidato al potere discrezionale dei funzionari saìiitari. Il problema da risolvere subito è quello di un'azione preventiva effica¬ ce. L'Italia è un Paese dalle maglie molto larghe, attraverso le quali chissà quanti veleni passano nei generi alimentari che tutti noi consumiamo. I casi che vengono scoperti, come quello del grano radioattivo di Bari, sono solo coincidenze fortunate, nulla più'. Colaianni ha segnalato il problema in una lettera che ha indirizzato al governo nei giorni scorsi. Un messaggio che — come egli stesso ha confermato l'altra sera partecipando alla trasmissione di Sergio Zavoli su Ramno, «Viaggio intomo all'uomo- — vuol essere -un grido d'allarme-. 'Non mi aspetto risposte personali alla lettera — dice il pretore di Bari —, solo un'azione parlamentare che giunga rapidamente alla formulazione di leggi precise. C'è anche da dire che la discrezionalità è riservata solo ai generi alimentari di origine vegetale, mentre per quelli animali, per esempio, le analisi preventive sono obbligatorie-. L'inchiesta del pretore sta per concludersi: 'Attendo solo — prosegue Colaianni — i risultati di perizie sul grano rimasto a Bari mischiato a quello buono nei silos. Sono analisi che dimostrano come un prodotto inquinato In modo pericoloso, mescolato ad altro buono, abbassi entro i limiti consentiti dalla legge il tasso di inquinamento, per cui può essere commercializzato. Ma la sua pericolosità resta; la perizia ha rivelato che in quel grano miscelato una parte è a tasso zero, altre risultano a 1500 bq, quindi radioattività molto pericolosa. Il problema non è quello di abbassare la media di inquinamento, ma impedire che avvengano misturazioni con prodotti nocivi». Ora il sostituto procuratore Capristo vuole andare a Salonicco per completare la sua inchiesta. Alla procura della Repubblica di Bari aspettano una risposta delle autorità greche: il sì al viaggio del magistrato italiano. Ma per il momento nessuno si è fatto vivo. Vito Cimmarusti