Dal crack alla supercassa
Dal crack alla supercassa La crisi di Prato accelera l'alleanza con Firenze e Bologna Dal crack alla supercassa Prende corpo il disegno della Transappenninica - Restano da definire le quote del «salvataggio» MILANO — La Cassa di Prato è salva: un'iniezione di oltre mille miliardi senza interessi ricostituirà le riserve,, i fondi rischi e consentirà di evitare il fallimento. Il prezzo è l'autonomia, per la verità già persa da tempo, mentre si riconferma il ruolo di controllo da parte della Cassa di Firenze. Sullo sfondo il finale è già delineato: la fusione con le casse di Bologna e Firenze nel grande progetto della Cassa Transappenninica. Se le linee guida sono tracciate, i particolari del piano sono oggetto di' discussione. I protagonisti del salvataggio sono parecchi, non tutti entusiasti. C'è il Fondo interbancario di tutela dei depositi che dovrebbe versare 650 miliardi praticamente a fondo perduto, c'è il concorso del Fondo solidarietà-dell'Acri, per la verità di non grande entità, c'è l'intervento delle Casse fiorentine già azioniste della Cassa di Prato sulle quali dovrebbe gravare uno sforzo contenuto in 150 miliardi. Ci sono infine le sei grandi banche (BNL, Comit, Imi, San Paolo di Torino, Crediop e Montepaschi) che dovrebbero colmare la lacuna, ossia accollarsi quanto manca ai mille e passa miliardi necessari (ima cifra stimata intorno ai 150 miliardi), compensando in un secondo tempo lo sforzo economico con la svalutazione delle partecipazioni e i crediti di imposta. Per questi sei istituti, la chiamata di soccorso è quanto mai onerosa. Sono infatti tra coloro che hanno concorso in misura rilevante alla costituzione del Fondo di garanzia. Dunque quei 650 miliardi che il Fondo porterà a Prato, in parte escono già dalle loro tasche. Se ne aggiungono ora altri 150, senza contare il nuovo salasso cui dovranno sottostare per ricostituire a nuovo lo stesso Fondo, che in questo salvataggio, perde 650 dei mille miliardi di dotazione. Non.-Jé. dunque strano che i vertici di questi istituti siano riluttanti. Del resto, ufficialmente nulla è stato ancora fissato: le sei banche si sono riunite martedì pomeriggio presso l'Abi, hanno discusso a lungo, hanno esaminato cifre, ne hanno chiesto altre. Ma la parola finale spetta ai consigli di amministrazione, e non è escluso che qualcuno decida di tirarsi indietro. L'iniezione massiccia di liquidità che ilpiano di Bankitalia prevede, consentirà a Prato di uscire dal tunnel del commissariamento, ricostituendo i fondi rischi (chiamati a fronteggiare un dissesto valutato in 800 miliardi) e il capitale indispensabile per proseguire l'attività. Il nuovo capitale dovrebbe permette- re a Prato di ritornare sog-getto attivo e di poter quindi; inserirsi nel progetto di fusione tra le due grandi casse di Firenze e di Bologna. Anzi, una volta uscita dalla crisi, Prato porterà alla cugina di Firenze una dote che consentirà a quest'ultima di marciare verso le nozze con Bologna su un piano di maggiore parità. Quanto ai duemila piccoli azionisti della banca pratese, che hanno già visto più che dimezzato il valore della loro partecipazione dopo la prima ricapitalizzazione dello scorso febbraio, dovranno attendere con pazienza che la vicenda si concluda. Potranno quindi mutare le loro azioni in titoli della nuova superbanca, augurandosi di recuperare nel tempo il valore perduto. n cammino verso la conclusione della vicenda è ancora lungo: la delìbera delle autorità monetarie è stata anticipata per evitare il cròllo dei depositi, ma i particolari da definire sono moltissimi, ed è difficile armonizzare in un disegno unico soggetti cosi diversi. La città di Prato sta comunque tirando in questigiorni un bel sospiro di sollievo: i guai della Cassa erano1 diventati una mina vagante, un vero incubo. Dice Antonio Lucchesi, imprenditore pray tese, ex presidente dell'Unione Industriale ed ex consigliere della Cassa, di cui fu uno dei primi a denunciare la cattiva gestione, e dalla quale si dimise all'inizio dell'anno: «Di tutte le situazioni bisogna anche vedere i lati positivi. L'autonomia della Cassa di Prato era già finita nel dicembre del 1986, ora si presenta per questo istituto l'occasione di sprovincializzarsi, aprendo un dialogo con istituti che hanno una visione più larga, più internazionale. E anche per la Prato che produce, il confronto sarà.rnoltojitUe^. „r." ,.„. rt: : ryfMenaSapchj, Gianguido Sacchi Morsiani
Persone citate: Antonio Lucchesi, Sacchi Morsiani
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