Turismo paradiso perduto

Turismo, paradiso perduto Da sei anni l'Italia piace sempre meno agli stranieri Turismo, paradiso perduto Anche nell'88 sono arrivati meno tedeschi, americani e inglesi - L'utile della bilancia commerciale sceso del 21 per cento - La Confindustria: «Abbiamo ritardi imperdonabili» ROMA — S'incrina la favola del Bel Paese. L'Italia del turismo si guarda allo specchio e si scopre brutta e vecchia, controlla la cassaforte e la trova mezza vuota: Paperon de Paperoni non abita più qui, dicono gli esperti della Banca d'Italia. Però — aggiungono — che nessuno si stupisca. I conti vanno male dall'82; mentre il pianeta si metteva in viaggio, l'Italia rallentava, perdeva la battaglia a colpi di gomito con Spagna, Grecia, anche Stati Uniti. Da allora sono in calo gli incassi di valuta pregiata, mentre l'italiano fa sempre più sorridere gli albergatori stranieri anche grazie alla sua maggiore disponibilità di valuta -all'esportazione-. Nei primi sei mesi dell'88, spiegano gli esperti di Ciampi, il saldo attivo della bilancia turistica è passato da 4400 a 3500 miliardi (meno 21,7 per cento); in Italia i viaggiatori stranieri hanno speso il 6 per cento in meno, gli italiani all'estero, invece, hanno lasciato un portafogli più gonfio del 33 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. L'estate non ci ha restituito il paradiso perduto. Gli albergatori denunciano infatti la fuga di tedeschi (—6,3%), americani (—2.4) e inglesi (—12,8), i clienti migliori, insomma, quelli che non badano a spese, preferiti a orde di giapponesi, francesi, belgi e austriaci con macchine fotografiche, sacchi a pelo e panino in tasca. Piangono città come Venezia (600 mila presenze in meno negli ultimi nove mesi), Firenze e Roma, non ridono Torino, Bologna e Milano comunque aiutate dal turismo d'affari. Le statistiche scaraventano il settore nella bufera delle polemiche. 'Agli inizi degli Anni Settanta — accusa la Coniindustria — il nostro Paese deteneva stabilmente circa un quarto del turismo mondiale, quota che nell'87 si è ridotta a meno dì un quinto e che alla fine dei prossimi dieci anni potrebbe precipitare a poco più di un decimo. Cosi se tra l'85 e V86 la Spagna ha incrementato le entrate del 47,8 per cento, la Grecia del 28.7 e la Francia del 20,8, l'Italia fa il fanalino di coda con il 12,5 per cento'. Fin qui l'analisi degli effetti, ma quali sono le cause della crisi e di chi le colpe? Gli studiosi della Banca d'Italia sono diplomatici: «Le origini delle difficoltà vanno ricercate nelle condizioni di concorrenzialità complessiva del nostro settore turistico (qualità dei servizi resi, adeguatezza delle strutture alberghiere) e nell'efficacia delle misure per la salvaguardia del patrimonio naturale ed artistico». La Coniindustria è più critica: -La nostra offerta è poco incisiva, se non carente, mentre la domanda cresce e si fa sempre più sofisticata. Siamo di fronte ad un'inadeguatezza imperdonabile se si pensa che, secondo le ultime stime, nel Duemila le persone che supereranno le frontiere per motivi turistici saranno almeno mezzo miliardo l'an¬ no». L'offerta italiana è, dice l'istat, mediocre, ma cara: «La rendono cara soprattutto gli imprenditori; la fanno mediocre le disfunzioni e gli scollamenti tra i servizi pubblici e privati». In questo quadro, spiega Stefano Landi, direttore del dipartimento turismo del Censis, risulta scoordinata l'azione degli enti locali, 'la distribuzione di competenze fra Regioni, Province e Comuni è una giungla di interessi politici o di categoria». Gli albergatori ammettono la crisi, accettano parte delle accuse, ma puntano il fucile sullo Stato. Dice Giovanni Colombo, presidente della Faiat: -Archivieremo Ì88 con un incremento del 3 per cento: non troppo, ma neppure poco. L'anno scorso abbiamo avuto 182 milioni di presenze, quest'anno raggiungeremo il tetto dei 190 milioni e il fatturato globale lordo passerà da 70 a 75 mila miliardi. Purtroppo da un turismo di qualità stiamo scivolando su un turismo di quantità, arriva più gente, ma spende meno. La verità è che manca completamente una corretta politica economica del turismo nazionale». -Lo sa — s'accalora Colombo — che da vent'anni dibattiamo con il governo gli stessi problemi? Tempo fa abbiamo fatto una proposta che ci sembrava sensata: eliminiamo la tassa di soggiorno e sostituiamola con un'una-tantum a carico degli operatori turistici. Risultato: la vecchia e superata imposta di soggiorno viene adesso aumentata del 50 per cento. Ristrutturare gli alberghi? Come si fa quando si devono sopportare interessi del 15 per cento e con l'incubo della prossima legge finanziaria? Se passano le modifiche proposte gli alberghi italiani do¬ vranno sborsare 156 miliardi di tasse di concessione comunale, contro i 4 miliardi e 600 milioni attuali. Eppoi manca la promozione, l'Enit e le Apt non funzionano. Da due anni l'Italia è un fantasma sul mercato mondiale, mentre Paesi come la Spagna sono diventati colossi nell'immagine e nella pubblicità». Chissà se per caso o per scelta, il nuovo presidente dell'Enit Marino Corona proprio ieri, giorno di polemiche, ha voluto dettare le nuove strategie dell'ente. A cui gli domandava quale sarebbe stato il suo slogan ha risposto così: 'Il turismo è un prodotto che può essere anche barattato, mi piacerebbe che i nostri funzionari all'estero trasformassero le loro sedi in salotti dove proporre, per esempio, ai responsabili della "Honda" in Giappone un milione di giornate di turismo e cultura in Italia in cambio del 50 per cento in yen ed altrettanto in prodotti». Tanti auguri. Dario Cresto-Dina

Persone citate: Ciampi, Dario Cresto, Giovanni Colombo, Stefano Landi