Esorcista di demoni linguistici di Guido Ceronetti

Esorcista di demoni linguistici SUSSURRI E GRIDA Esorcista di demoni linguistici Il linguaggio corrente riflette con nitcnte sbigottimento i guasti dell'anima. Una tale spia è una fortuna, per chi vive naufrago, e ancora vuol capire. Una delle parole che, non omicide, non sudicie, innocue, normali, un po' gelide (di quelle che non uso mai), hanno acquisito una predominanza anomalissima, che denuncia corrompimento mentale, è produzione. La sua applicazione ai fatti che hanno un rapporto con lo spirituale, il teoretico, il letterario, il musicale, il figurativo, in genere con la Tedine illuminatrice, è universale, anche fuori del regno italofono. Ma qui non tratto che italiano. Purtroppo, niente è linguisticamente più involgarito (nel senso di occupato dal volgo), pecorile e asservito del mondo che scrive (giornali, libri, pubblicità, tribunali, cataloghi, uffici, Stato) e di quello che mette la bocca in microfoni e parla da centrali che irradiano suoni e immagini. C'è l'attenuante di una invisibile e fondamentale coartazione delle volontà. Dicendo «mondo che scrive» io stesso che cosa avrò detto? Un luogo comune, una cretinaggine. C'è un mondo (mundusl) che scrive? Uno che legge? E che roba è il mondo politico"} Figuriamoci poi quando «il mondo politi¬ co è messo a rumore». Ne passiamo troppe. Ma qualcuna indica proprio la morte dell'anima. Produzione, nell'uso invalso, è tra queste. Se qualcuno del «mondo che scrive» ne terrà conto non avrò gridato inutilmente. Dire produzione al posto di opera e di creazione, di attività creativa o creatrice o poetica, fa parte del linguaggio più sottilmente e, insieme, più bassamente asservito alle potenze nemiche di quel che è anima. Non sono stato nominato esorcista da nessun arcivescovo ma esercito tale utile mestiere all'interno del vago «mondo che scrive», da qualche anno. Un demone da esorcizzare è produzione quando mostra l'orecchio di porco tenebroso in espressioni come: la sua produzione, durante tutto un arco che va... ...una lunga stasi di produzione... ...una brillante ripresa di produzione... in tale periodo non si notano di lui produzioni di rilievo... il calo della sua produzione in quell'epoca... ...produzione che non ebbe più soste... dalle prime alle ultime produzioni... produzioni al massimo livello produzioni di basso livello nel pieno della sua produzione, un malore lo... cento e più produzioni circa mille produzioni in tre anni produzioni abbondanti produzioni scarse produzione che non ebbe successo... il meglio della sua produzione è il... Prego riflettere un istante. Lì non si parla di vini, di pesticidi, di vernici, di scarpe di Vigevano, di vetri di Murano, di Fiat, di Italsider, di Grundig, di Toshiba, di Acque Minerali della Battona, e neppure di coca raffinata o di quel che si dice (senza pronta emottisi di castigo) «il pollo da carne». Il riferimento è tranquillamente (tiro nel mucchio) a Wolfgang Amadeus, a Johann Sebastian, a Dante, Leopardi, Ariosto, Petrarca, Montale, Goya, Schiele, Bosch, Giorgio da Castelfranco, Arturo Martini, Vincent Van Gogh, Brunelleschi, Sansovino, Leonardo, Molière, Paul Klee, Virgilio, Seneca, Euripide, Donatello, Chaplin, Kafka, Martin Heidegger, Immanuel Kant, Machado, De Falla, Kavafis, Emily Dickinson, Rilke, Dudovich, Bistolfi, Darwin, Rops, Nadar... Insomma chiunque abbia avuto a che fare con pentagrammi o quaderni, tele, marmi, progetti di edifici, cel¬ luloidi, tirate in versi o in prosa, si è ricevuto, come un avviso di reato, là dove requiesai, la tessera che io accredita sovrintendente di una propria, celebrata e tuttora ben commerciata, catena di produzioni. Chi sia ancora di quaggiù non può neppure per un momento illudersi di sfuggire alla schedatura di produttore. Non è impossibile che nel Decennale di trambusti della mia Scomparsa, un beccamorto delegato dell'Università di Black I Iole si alzi e dimostri, con dati di calcolatore, il mio «netto calo di produzione nei primi Anni Settanta» e la mia inaudita «ripresa produttiva sul calare degli Anni Ottanta». Oplà: il decreto che abolisce la creazione dappertutto, che toglie all'anima qualsiasi capacità generativa, che allo spirituale impone, per lasciarlo temporaneamente sopravvivere, la stella gialla «Materiali Culturali», è applicato con rigore. Dov'è stato trabocco d'anima siamo al «notevole spessore culturale». L'americano (lingua dominante), espressione di anima disintegrata, enorme fìocto di bave cadaveriche di leviatano supremamente «produttivo» è anche lì fas e nefas. Il Nuovo Ragazzini, di production registra l'uso nell'industria cinematografica e teatrale e anche per «òpera d'arte, ope¬ ra letteraria» (ci siamo: poi abbiamo esteso illimitatamente). Temo questo valga anche per le isole britanniche. Un altro uso è «messa in scena, allestimento» (teatrale). E anche questo è un assassino già entrato per la nostra sfondatissima porta. Abbiamo per «rappresentazione», sempre più spesso, perché gli assassini hanno fretta: «produzione». Così si può leggere o ascoltare: «da questa produzione di Beckctt è stata tratta una produzione al Teatro di Stoccolma con la produzione di Gunnar Kulasson». In un articolo di Antony Burgess, uscito tempo fa sul Corriere, compariva incessantemente «produzione». L'autore non aveva scherzato nell'adoperarlo. Il traduttore avrebbe potuto variare mettendo «rappresentazione» dove l'inglese usava l'innominabile production in tal senso: nemmeno per idea; così «produzione» a catena... Questa infezione ha toccato, contagiato tutti. Mi meraviglio di essere rimasto così facilmente indenne: le locuzioni teratogene mi schivano, per loro il contagiato è il refrattario. Ecco qua, su fresca bancarella da fiera, vaccini, antidoti, preservativi, antibiotici artigianali contro il linguaggio appcstato. Chi li vuole? E' tutto gratis... Guido Ceronetti

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