Arrampicata libera anche al coperto

Arrampicata libera anche al coperto Arrampicata libera anche al coperto LA pratica sempre più diffusa dell'arrampicata libera ha provocato negli Anni 80 un entusiasmo collettivo, sportivo e d'immagine, soprattutto tra i giovani. Inizialmente c'era il «free climbing», una pratica che ha portato nell'ambiente della montagna una «rivoluzione culturale» analoga a quelli che il movimento studerà esco provocò 20 anni fa nella politica. Tute sgargianti, chiome fluenti e orecchini sono l'aspetto estetico, l'appeal pubblicitario, più accattivante che questi nuovi poeti della roccia propongono oggi; appeal supportato però da innovazioni tecniche avanzate, a vantaggio di tutti gli alpinisti, anche tradizionali. Numerose aziende del settore hanno triplicato i loro fatturati spinti dalle ricerche e dalle esigenze più contagiose messe in atto da atleti innovativi e carismatici come Patrik Edlinger, l'ipnotico uomo-ragno che danza sulla roccia. Lui tra i primi, ha coniugato l'eccezionale forza fisica con la destrezza e l'eleganza del gesto sulla presa. Ma dal «free climbing» folkloristico si è ora passati ad appuntare l'attenzione sull'arrampicata sportiva, sforzo atletico puro, praticabile in ogni stagione, non soltanto sulle pareti naturali, ma anche «indoor». La roccia vera diventa irrilevante, come conquista naturale (ogni via possibile peraltro è stata ormai tracciata) e può diventare artificiale. La parete oggi viene posta e ricreata ovunque, anche in palestra o nei giardini pubblici, per prestarsi ad una pratica puramente atletica e sportiva, dove il rischio è stato di proposito ri¬ mosso e annullato per garantire il massimo divertimento o la massima prestazione, dove l'avventura lascia il passo alla pura performance. Vengono impiegati materiali e strumenti estremamente sofisticati ed evoluti: scarpette che aderiscono al granito come ventose, imbracature e funi, placche artificiali con appigli più fantasiosi e stimolanti di quelli che la natura stessa ha disseminato con molta parsimonia in pareti quasi irraggiungibili o troppo distanti per i più. Ecco dunque proliferare le pareti artificiali (Indoor climbing system) che la Camp di Premana (Como tel. 0341-890117) vende e monta in kit fornendo anche know how per U crescente numero di appassionati diportisti. Sono composte da matrici in legno con fondo sabbiato o in cemento, montate su strutture e ossature di tubi Dalmine o Innocenti in grado di reggere e ricreare in poche ore vere e proprie montagnole, tetti e strapiombi, scenografie quasi teatrali, di un finto a volte perfino piacevole. Su queste strutture si possono applicare teorie infinite di placche intercambiabili, di forma esagonale, rotonda o rettangolare, che costituiscono gli appigli (in costante evoluzione tecnica) atti ad imitare perfettamente ogni asperità e conformazione rocciosa. Queste placche, ideate e prodotte in Francia dall'ingegner Savtgni, sono in vetroresina impastato con sabbia di silicio e vantano già apprezzabili tentativi di imitazione ad opera di nostre aziende artigianali. I pezzi originali della Camp sono infatti cari: dalle 10 mila lire per una piccola semisfera alle 30 mila per piastrelle esagonali o addirittura mezzo milione per altre più complesse e variamente incavate. Si applicano con bulloni a qualsiasi parete e non patiscono l'usura mantenendo indefinitamente la loro superficie ruvida per una presa sempre sicura (l'atleta usa anche della polvere al magnesio — magnesite — per asciugare le dita e aumentarne l'aderenza). Strutture di questo tipo, che costano come minimo dieci milioni sono presenti ormai in tutta Italia. La più grande parete artificiale europea al chiuso, una delle prime costruite, è la «Guido Rossa», al Palazzo a Vela di Torino, che dell'8 all'I 1 dicembre ospiterà il secondo campionato italiano •■indoor» di arrampicata sportiva. Altre sono state montate da vari corpi militari per l'addestramento (Scuola militare Alpina di Aosta, IV corpo di Armata di Bolzano, Guardia di Finanza di Predazzo), una dal Cai di Palermo, un'altra dal campeggio «La Quercia» di La Zise sul Lago di Garda. Ciò dimostra che anche in luoghi sprovvisti di pareti naturali adatte all'arrampicata oggi si può incrementare questa disciplina. Più di cento sono le richieste avanzate da varie palestre e centri sportivi (50 progetti saranno esecutivi entro un anno). I centri più qualificati stanno montando pareti artificiali di notevoli dimensioni: 11 Gym Center di Napoli ha adottato come sede addirittura una grotta di tufo di 1200 metri quadrati alta 30 metri che ospiterà entro un mese la parete indoor più completa del Centro-Sud. A Milano i vari centri sportivi Conti si stanno attrezzando; a Torino la palestra Free Time sta ampliando i locali proprio per il Free Climbing obbedendo a pressanti richieste. La Ferrino, azienda specializzata in attrezzature da campeggio, montagna e escursionismo, ha prodotto, con la consulenza dell'alpinista Maurizio Giordani, una «climbing Line- all'avanguardia (corde dinamiche da 3000 lire il metro e imbracature altamente tecniche, a partire da 26 mila lire, per salire in matematica sicurezza). Le scarpette per arrampicare hanno anche incrementato il fatturato di aziende come -Dolomite» e «La Sportiva- (100 mila lire in media, con tomaia in pelle o cordura e suola in gomma morbida e liscia come le ruote delle auto da corsa). La pratica dell'arrampiacata sportiva nel nostro Paese è curata dal Club Alpino Italiano in veste semiufficiale, ma da due anni è nata la prima Federazione di Arrampicata Sportiva (la Fasi) che ha organizzato le prime competizioni internazionali ad Arco di Trento e a Bardonecchia e sta promuovendo corsi che si rivolgono anche ai giovanissimi. La sede della Fasi per ora è presso il Cai di Torino (011-6509851) ma forse presto verrà riconosciuta dal Coni e prenderà un orientamento sempre più tecnico e agonistico anche in palestre urbane abbandonando completamente l'alpinismo puro e tradizionale. Forse la montagna sta andando davvero a Maometto. 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Persone citate: Enzo Maolucci, Free Time, Guido Rossa, Maurizio Giordani, Patrik Edlinger, Vela