Identikit della tata ideale

Identikit della tata ideale Identikit della tata ideale Esistono ancora le bambinaie all'inglese, allegre e affidabili, secondo l'immagine immortalata da Mary Poppins? Sembra di sì. Dada Rosso spiega come trovarle LA più famosa e amata di tutte resta Mary Poppins con il suo buffo cappellino cosparso di margherite, il minuscolo nastro rosso sulla camicetta di pizzo, la grande borsa a fiori, l'immancabile ombrello nero e la sua incredibile capacità di far sembrare buone persino le medicine. E', in fondo, il prototipo della nanny ideale. Quella che i bambini vorrebbero a disposizione nelle loro avventure in bilico tra realtà e sogno. Quella che tutti i genitori desiderano incontrare, gentile, affettuosa, efficiente, ma anche capace, — non è una dote da poco — ad andarsene al momento opportuno. A sognarsi una Mary Poppins in carne ed ossa sono soprattutto quelle coppie che gli anglosassoni, amanti di sigle e definizioni telegrafiche, hanno definito «Tink» (Two incomes, nanny and Kids, due stipendi, tata e bambini) e che, a sentire i sociologi, sono rappresentativi di una delle tendenze più diffuse tra le nuove generazioni, insieme ai Dink (due stipendi e niente figli) e ai Single. Quello di una nanny a cui affidare i bambini è un bisogno nuovo, emergente, impellente, che si scontra con una realtà in estinzione: trovare una tata doc (e non solo inglese) è quasi diffìcile come imbattersi nella protagonista del romanzo di Pamela Traves. L'ultima scena di «Man/ Poppins', quella in cui l'adoratissima governante lascia la casa seguita dagli occhi commossi dei bambini, è infatti diventata anche il simbolo della sparizione, avvenuta verso la fine degli Anni 60, della nanny vecchia maniera, di quella, per inten¬ derci, che veniva assunta non solo per assicurare una perfetta educazione ai pargoli e per fare sì che, come sostenevano un po' cinicamente gli inglesi, «i bambini si vedessero, ma non si sentissero», ma anche per dare lustro e status alla famiglia. Lo ammette anche Mario Soldati: «Ho avuto una nanny irlandese a causa dello snobismo sviscerato di mia madre, aristocratica torinese. Miss Murphy arrivò da noi alla fine della guerra, anziana, stilizzata, altissima». Di lei lo scrittore parla con affetto in uno dei suoi racconti, ringraziandola di aver potuto imperare da lei non solo l'inglese, ma anche l'amore per il mondo anglosassone. Le nanny 1988 che possano ricordare Miss Murphy sono sempre più rare. L'anziana, stilizzata e altissima Miss Murphy resta un mito, come mitiche rimangono Miss Ellender, l'inflessibile e distintissima nanny di casa di Robilant prima e Pedemonte poi. Miss Gibbon, l'irlandese rigida ed elegante adorata dai Frescobaldi di Firenze, Mrs. Amalia, un'istituzione in casa Altissimo, ancora adesso che tutte e tre le figlie del segretario liberale sono maggiorenni. «Negli ultimi anni il nostro rapporto con Mrs Amalia si è rovesciato» confessano Sara, Barbara e Carola. «Siamo noi ad essere protettive nei suoi confronti, anche se per lei restiamo le "bambine" e lei continua, come sempre, a brontolare per il nostro disordine e a raccomandarci la sciarpa di lana anche in pieno agosto per paura che ci buschiamo un raffreddore. A lei saremo sempre grate perché è una di quelle rare persone che hanno vissuto tutta la vita dedicandosi agli altri». Nanny in via di estinzione, ma non a causa del pedigree inglese. A ben guardare, anzi, sono forse più introvabili le meno esotiche tate che entravano in una famiglia non ancora maggiorenni e vi restavano, per anni e anni, in alcuni casi fino all'età della pensione, sperimentando la vita solo attraverso gli avvenimenti della famiglia che le aveva «adottate». Personaggi di altri tempi quelle «giovani donne robuste, che indossavano il tradizionale abito-divisa, con la gonna di velluto e i corpetti di cotone con le maniche a sbuffo» di cui parla Rita Levi Montatemi nella sua autobiografia, o quelle «balie rigonfie, vestite di rosa o celeste, come ortensie» cui accenna Lalla Romano in «Maria', delizioso libro dedicato alla storia del rapporto tra la scrittrice e la tata che l'ha aiutata ad allevare il figlio. Non c'è bisogno di ricorrere a facili sociologismi per capire che oggi le ragazze non sono più disposte a rinunciare alla loro vita privata come le nanny e le tate di un tempo. La professione di oggi non è la vocazione di ieri, anche se è complicato incasellarla rigidamente in un sistema di regole e norme, visto che il lavoro della governante continua comunque ad essere più simile che qualsiasi altro a un non-lavoro, perfetta riproduzione a pagamento del ruolo che la maggior parte delle madri svolge con i propri figli. Si tratta di una professione da reinventare, per la quale definire nuove regole, senza tentare di rifarsi a improponibili modelli del passato. In Inghilterra (patria delle nanny, ma anche di quelle «au pair» esportate in tutto il mondo che hanno funzionato da succedaneo alle incomparabilmente più snob «miss» di un tempo), due madri che per anni hanno avuto a che fare con bambinaie, au pair, nanny e aiutanti di ogni tipo e qualità per poter continuare la loro attività professionale, hanno pubblicato proprio in questi giorni, consapevoli di quanto la nanny in edizione riveduta e corretta sia diventata nuovamente indispensabile per le famiglie, «77ie Grood nanny Guide' (Century, 6.95 sterline), un preziosissimo manuale che dice l'ultima parola sull'argomento. In 355 pagine Charlotte Breese e Hilaire Gomer, oltre a fornire un dettagliatissimo vademecum dei diritti e doveri della nanny e delle famiglie, spie: gano le regole d'oro per un perfetto ménage «Tink» e regalano alle lettrici un completo elenco delle associazioni private e statali, delle scuole, delle agenzie a cui ci si può rivolgere per trovare una ragazza inglese disposta a badare ai bambini, anche all'estero (vedi riquadro). Il libro delle due scrittrici inglesi, basato non solo su esperienze personali, ma su un questionario compilato da datori di lavoro e governanti, rivela l'identikit della nanny ideale (continuiamo ad usare questa definizione, intendendola, ovviamente, in senso lato): allegra, pulita e ordinata, dotata di senso dell'umorismo, flessibile, puntuale, affidabile, simpatica, amante dei bambini, onesta. L'elenco degli optional, poi, occupa una buona mezza pagina del libro. Il datore di lavoro ideale per la nanny deve essere: accomodante, positivo, gentile, amichevole, riconoscente, dotato di senso dell'umorismo, simpatico, corretto, ragionevole, normale. Non è strano che in comune nelle due liste ci siano soltanto la simpatia e il senso dell'umorismo: in fondo è il segreto indispensabile per sopportare ogni forma di convivenza. Regole a parte (ma poter fare riferimento alle norme più diffuse è spesso molto utile, sia per quanto riguarda il contratto di lavoro che lo stipendio, il tempo libero e le gratifiche) è bene non dimenticare che il rapporto che si instaura tra i bambini e nanny, tra famiglia e nanny, finisce per coinvolgere la sfera degli affetti, con componenti che vanno ben al di là di quelli esistenti in un normale rapporto di lavoro. Essenziali nella loro semplicità le parole con cui Lalla Romano certifica in •Maria' un aspetto di questo intricato legame. «Non vi fu mai gelosia, tra noi, a causa del bambino-. -Siamo rimasti molto affezionati alle nanny che hanno lavorato in casa nostra», aggiunge Silvia Fina, regista e documentarista. «Con il loro aiuto all'interno della famiglia ho potuto dedicarmi con tranquillità alla mia professione. Non è tutto. Rispolverando il mio inglese con Anne Kelly, che è vissuta con noi più di tre anni, ho ripreso il gusto allo studio. Lei si è laureata in letteratura italiana, che adesso insegna all'Università di Coventry, io mi sono laureata in letteratura inglese. Ancora adesso siamo in contatto e spesso ci viene a trovare. La verità è che tutte hanno fatto crescere anche un po' me, non solo i miei tre figli-. Dada Rosso

Luoghi citati: Firenze, Inghilterra