Come su un binario la funivia del futuro di Gigi Mattana

Come su un binario la funivia del futuro A La Thuile si inaugura un impianto avveniristico nato da un'idea del francese Denis Creissels Come su un binario la funivia del futuro L9 IDEA di superare un ostacolo con l'aiuto di un cavo teso è vecchia quanto il mondo, ma soltanto a metà del secolo scorso, quando furono disponibili valide funi d'acciaio, poterono nascere le prime teleferiche moderne. Dal trasporto del materiale presto si passò al trasporto passeggeri e videro la luce le funivie. La prima, costruita nel 1866 a Schaffhausen per controllare le turbine sul Reno, portava vagoncini da due persone, ma già pochi decenni dopo si cominciava a operare in montagna anche soltanto per turismo: la palma della primogenitura spetterebbe all'impianto svizzero del Wetterhorn (1908), che superava con una cabina da 16 persone un dislivello di 400 metri su pendenze notevolissime: nel 1913 da Rio si arriverà al Pan di Zucchero. Tutti i decenni successivi furono un fiorire di funivie (infatti il primo skilift vedrà la luce soltanto nel 1934 e la prima seggiovia nel 1937) con miglioramenti costanti in sicurezza, confort, capacità di trasporto. Oli ultimi anni nel campo degli impianti di risalita hanno visto tanti affinamenti, ma probabilmente l'unica idea veramente rivoluzionaria è il DMC i doppia mono cavo) scaturita dalla mente geniale dell'ingegnere francese Denis Creissels: dall'84 a oggi ne sono stati costruiti una decina e il primo fuori dalla Francia è quello che la torinese Agudio ha ultimato nella stazione valdostana di La Thuile (un altro sta per nascere ad Arabba) e che abbiamo avuto la possibilità di provare ancora prima dei collaudi ufficiali del ministero dei Trasporti. Su una lunghezza di 1700 metri il DMC di La Thuile copre un dislivello di 710; viaggia a 6 metri al secondo portando tremila persone l'ora in venti cabine da 25 posti in piedi; è mosso da quattro motori da 275 kW ciascuno. Una scelta onerosa iper i costi; e coraggiosa (per la burocrazial ma motivata: vediamo quali sono le ragioni che hanno decretato l'ideazione e il successo di questo tipo di impianto che manderà in pensione molte delle gloriose funivie. Fino agli Anni Sessanta, quando lo sci era ancora un fenomeno per pochi eletti, le funivie erano più che sufficienti. Poi, con l'aumentare delle folle, si vide che il classico sistema va e vieni accanto a tanti vantaggi presentava l'handicap di fornire portate non più adeguate alle richieste (ancora nel 1971 Piero Savoretti fu trattato da megalomane quando costruì la funivia della Val Veny con cabine da 75 persone: ora anche il doppio non guasterebbe). Le altissime velocità raggiungibili (12 e perfino 15 metri al secondo in assenza di cavalietti, cioè di quelli che volgarmente vengono chiamati piloni) danno una buona portata soltanto su linee brevi, altrimenti è intuitivo che bisogna aumentare le cabine a dismisura. Quando un gioiello tecnologico come la funivia del Piccolo Cervino impiega dieci minuti ad arrivare da Trockener Steg alla vetta, pur con vetture da cento persone, più di 600 persone l'ora non potrà trasportare. Il problema delle code negli ultimi dieci anni è stato risolto con le telecabine ad agganciamento automatico (non sempre però è possibi¬ le sostituire una linea funiviaria su terreni ostici e molto ripidi perché mentre questa non ha vincoli di franchi al suolo, in Italia una telecabina non può correre a più di 24 metri da terra); essendo un impianto ad anello chiuso è ovvio che, indipendentemente dalla lunghezza, tanto più il cavo scorre velocemente e tante più cabine vi sono appese, tanto più aumenta la portata. Pur sicurissime, superelettronizzate, gradite al pubblico, le classiche telecabine a sei posti che hanno popolato ultimamente le Alpi, sulla soglia dei 2400 trasportati all'ora si sono trovate di fronte a un muro. Più di cinque metri al secondo non si possono fare; il tempo di lancio fra una vetturetta e l'altra non può essere inferiore ai 7 secondi altrimenti gli sciatori non ce la fanno a salire e scendere; la fune non può oltrepassare il diametro di 50-55 millimetri normalmente usato. Se è vero che si riacquistano tempi e spazi con l'uso di cabine più grandi (naturalmente una dodici posti avrà sul cavo metà di cabine di una esaposto a parità di portata), i limiti delle funi non paiono aggirabili. E proprio su queste difficoltà si è innestata la soluzione di Creissels: il DMC, con le sue due funi parallele con un metro di scartamento (il carrello è come se fosse appoggiato su due binari invece di essere attaccato a un filo) ha una superba resistenza alle bufere di vento; consente velocità di 6 metri al secondo e campate molto più lunghe. Inoltre poche cabine in linea facilitano eventuali soccorsi. Non sono stati pochi i problemi che la Agudio ha dovuto affrontare. Anzitutto il DMC deve presentare il perfetto sincronismo tra le due funi, altrimenti le quattro morse del carrello si aggancerebbero sghembe sul cavi che tirano in misura diversa. Solo l'elettronica consente questa perfezione di funzionamento, e ad essa è asservita ogni altra caratteristica dell'impianto, dalla ridondanza dei motori normali e di emergenza ai molti sistemi di frenatura, alla tensione idraulica che ha evitato di scavare le immense fosse dei contrappesi. Aggiungete un terreno difficile che ha richiesto fonda- zionl spropositate per innalzare i 50 metri del secondo cavalletto e la (pur giusta) pignoleria dell'Ispettorato della Motorizzazione di fronte a una realizzazione cosi innovativa. Il costo totale è di dodici miliardi mentre una telecabina a sei posti ne sarebbe costati otto. Ne valeva la pena? Certo, perché a parte i 3000 trasportati ora contro 2400, il DMC ha una resistenza al vento (che in alto, verso Les Suches, può farsi sentire brutalmente) incomparabilmente superiore. Fra poche settimane, con la neve, arriveranno gli sciatori: accederanno alla partenza da due diversi livelli di parcheggi (dal basso saliranno con una scala mobile) e si accoderanno fino a riempire in 25 una cabina (sono molto gradevoli, ma la loro forma, più che la matita di Pininfarina, l'ha disegnata la galleria del vento) dotata di radio ricetrasmittente e di attrezzatura per i salvataggi. Si chiudono le porte automaticamente, poi un traslatore accelera la cabina fino a portarla, al termine della trave di lancio, alla stessa velocità del cavo: le quattro morse (controllate da apparecchiature elettroniche) si serrano e via verso l'alto senza un sussulto passando sulle rulliere. All'arrivo le morse si aprono, la vettura decelera e si riaprono le porte: il comprensorio che va dallo Chaz Dura al Piccolo San Bernardo all'unione con la francese La Rosière è a portata di sci. ii Gigi Mattana La funivia di nuova concezione realizzata a La Thuile

Persone citate: Agudio, Piero Savoretti, Pininfarina, Steg

Luoghi citati: Arabba, Francia, Italia, La Thuile, Rio