L'antibiotico della rana sfida il cancro

L'antibiotico della rana sfida il cancro Isolate e provate due nuove molecole L'antibiotico della rana sfida il cancro DA sempre l'uomo è alla ricerca di sostanze naturali che combattano e vincano le malattie infettive. Il concetto di «antibiosi», cioè di sostanze prodotte da un organismo vivente capaci di ucciderne altri, è vecchissimo. La terapia antibiotica era già praticata dagli indios e dai popoli asiatici molti secoli fa. I cinesi, più di 2500 anni fa, erano a conoscenza delle proprietà terapeutiche dei pani ammuffiti di semi di soia applicati ai foruncoli, sulle pustole e nelle affezioni simili. La letteratura medica ha riportato per molti secoli descrizioni di effetti benefici in seguito ad applicazioni nelle infezioni cutanee di terreni e piante diverse, probabilmente perché contenenti muffe. Ma soltanto nel 1877 Pasteur e Joubert osservarono resistenza di un antagonismo tra muffe e microrganismi. E soltanto nel 1897 Duchesne suggerì di utilizzare questo effetto nella terapia delle malattie infettive. Fleming, nel 1929, pubblicò una notizia che non destò.il meritato interesse: la crescita di una colonia di strafilococco aureo veniva inibita dalla presenza di una coltura di Penicillum notatum. L'era d'oro della terapia antibiotica iniziò solo negli Anni 40, quando in seguito a studi di purificazione e di estrazione su scala industriale della penicillina Florey e Chein, in Gran Bretagna, iniziarono a utilizzare tale antibiotico nella terapia umana. Da allora, e con la scoperta della streptomicina (1943) e di altri antibiotici, bacitracina (1945), colimicina (1946), cloramfenicolo (1947), polimixina (1947), clortetraciclina (1948), cefalosporine (1948), neomicina (1949), eritromicina (1952), si andarono coronando i frutti di mezzo secolo di ricerca ed ebbe inizio l'era pratica della terapia antibiotica. Recentemente un gruppo di genetisti americani del National Institute of Health di Bethesda, nel Maryland, ha scoperto quasi per caso che nella pelle di alcune rane africane (Xenopus laevis) è contenuto un potente antibiotico battezzato «megainina» (dell'ebraico «maghen» che significa scudo), che sembra efficace contro i molti microrganismi patogeni per l'uomo. Le proprietà mediche della rana erano già note da tempo, tanto che il medico italiano Giuseppe Pitrè, agli inizi del secolo scorso, consigliava ai suoi pazienti con infezioni agli occhi, al naso, alle orecchie di legare una rana viva alla tempia e di tenercela finché non moriva. La scoperta della megainina, che alcuni ricercatori paragonano oggi a quella della penicillina, è avvenuta per caso. Michael Zasloff e i suoi collaboratori conducevano da vari anni esperimenti genetici sulle rane, sottoponendole a piccoli interventi chirurgici per il prelievo delle ovaie. Circa un anno fa, questi studiosi osservarono che i tagli chirurgici si rimarginavano in breve tempo e ne de' dussero che le rane dovevano secernere una sostanza batterica. Dopo accurate richerce, alcuni mesi fa, sono riusciti a isolare dalla cute della rana alcuni peptidi (proteine formate da circa 23 aminoacidi) con potente attività antibiotica. Subito dopo, hanno separato due potenti molecole antibiotiche: la megainina 1 e la megainina 2, che rappre¬ sentano dei mezzi di difesa naturale della rana contro le varie infezioni ambientali. Studi sperimentali in provetta hanno messo in evidenza come la megainina agisca, con elevata attività battericida, direttamente sulle membrane cellulari dei batteri rendendoli completamente inattivi. Nessuno fra 1 più comuni batteri pericolosi per l'uomo ha resistito al nuovo antibiotico nelle prove di laboratorio. La megainina si è dimostrata efficace nel confronti dei germi resistenti ai comuni antibiotici, contro le infezioni specifiche della mucosa genitale, soprattutto quelle da candida albicans, frequenti nei soggetti colpiti da Aids. Risulta attiva anche nei confronti dei protozoi: amebe e plasmodi. Il plasmodium falci parum, agente della malaria, viene ucciso dalla megainina in meno di 120 secondi. Attualmente, sono in corso esperimenti per provare la megainina nelle malattie virali, compresa l'Aids, e in talune malattie tumorali. Pare che la megainina possa attaccare specificamente le cellule cancerogene. Molti microbiologi e infettivologi sostengono che un farmaco come la megainina era atteso da almeno vent'anni. E' bene però non lasciarsi prendere da facili entusiasmi, perché gli studi sulla megainina sono ancora in fase sperimentale. Francesco Naccari

Persone citate: Fleming, Giuseppe Pitrè, Joubert, Michael Zasloff, Pasteur

Luoghi citati: Gran Bretagna, Maryland