Don Bosco visto dallo psicologo di Franca D'agostini

Don Bosco visto dallo psicologo Un ritratto non agiografico di Dacquino Don Bosco visto dallo psicologo «Ul N insieme di giullare, saltimbanco, prestigiatore, con un pizzico di scugnizzo napoletano». E' l'inaspettato e non agiografico ritratto di san Giovanni Bosco all'età di undici anni, descritto da Giacomo Dacquino nella sua Psicologia di Don Bosco. Difficile prevedere che quel giovane contadino, incline allo spettacolo e al gioco, sarebbe diventato uno dei grandi santi dell'Ottocento piemontese, il fondatore della congregazione salesiana e l'iniziatore degli «oratori» parrocchiali. Eppure, già allora, erano evidenti i presupposti di una esistenza singolare, segnata da uno straordinario rapporto con il divino, ma anche con il mondo della vita, e con i bisogni naturali degli esseri umani. Dotato di una grande destrezza manuale, e di una sicura intelligenza pratica, Don Bosco ebbe «un io forte», un -narcisismo sano», non tendente alla prevaricazione. Sui prati della campagna di Asti, dove i contadini si riunivano per assistere alle invenzioni di quel ragazzo che già progettava di diventare sacerdote (nell'autobiografia, la vocazione è datata all'età di dodici anni), Giovanni Bosco mise alla prova e rafforzò le sue doti di capo carismatico, la sua personalità -vincente, da leader». In seguito, dovette lottare contro la superbia, che in lui — come scrisse — -ave- va messo radici profonde»; ma gli rimase l'aspetto migliore del suo ingenuo narcisismo infantile: la capacità di donare, di "Offrirsi agli altri», che Dacquino chiama -oblatività». La sua sicurezza In se stesso, e una ostinata fiducia nella giustizia delle proprie idee, gli permisero di superare brillantemente alcune condizioni difficili sul piano psicologico, e profonde carenze affettive. Rimasto orfano di padre all'età di due anni, trovò nel sacerdoti che frequentavano le campagne piemontesi alcune 'figure paterne sostitutive», ma già allora si accorse che nel mestiere del prete c'era troppo distacco dalle cose del mondo, troppa l'inclinazione alla trascendenza e poca disposizione all'affetto. Nel seminario di Chieti, dove trascorse gli anni più formativi, tra il 1834 e il 1841, sperimentò quella "pedagogia del terrore» che era in uso nelle scuole religiose dell'epoca. Costretti a meditare sull'opera seicentesca del gesuita Plnamonti, L'inferno aperto al cristiano perché non v'entri, 1 chierici erano ossessionati da un'idea vaga e torbida del peccato; venivano accusati ingiustamente, e puniti, per colpe che non avrebbero mai commesso. Alcuni si ammalavano e morivano, altri diventavano pazzi o più semplicemente nevrotici. Don Bosco riuscì invece a «sublimare» i propri istinti difensivi e reattivi, e, soprattutto, adottò un espediente psicologico di sicura efficacia, consistente nel «sostituirsi» aH'oggetto mancante: divenne lui stesso, per i ragazzi, il padre e il pedagogo che non aveva trova¬ to nell'infanzia. Nacquero così 1 principi essenziali della sua pedagogia: l'eliminazione dei «castighi» attraverso il metodo della «prevenzione» (mettere l'educando nell'impossibilità materiale di peccare); la partecipazione alla vita degli allievi, con la condivisione dei loro Interessi e delle loro preoccupazioni; l'idea di fondare il sistema educativo sulla «ragione, la re¬ ligione, l'affetto». Quanto all'accusa di omosessualità e pedofilia latenti, mossa a Don Bosco da critici approssimativi, più interessati allo smascheramento che all'interpretazione, si tratta secondo Dacquino di un'ipotesi arbitraria e -poco scientifica». Anche a voler prescindere totalmente dalla questione della santità, Don Bosco fu un personaggio del tutto trasparente sul piano umano, privo di ambiguità e frustrazioni, dotato di ostinazione nel perseguire 1 propri obiettivi, ma anche di dolcezza, o •mansuetudine», nel difendersi. Rimase, se mai, un po' bambino (ma forse il «narcisismo» dei santi è simile a quello dei bambini): non rinunciò alla disposizione al gioco che aveva così pronunciata nell'infanzia, tanto da farne uno dei presupposti più tipici e originali della sua pedagogia. Franca D'Agostini Giacomo Dacquino, «Psicologìa di Don Bosco», Sei, 349 pagine, 25.000 lire.

Luoghi citati: Asti, Chieti