Il sogno infranto degli ebrei in Germania

Il sogno infranto degli ebrei in Germania Il sogno infranto degli ebrei in Germania Cinquantanni fa, nella «notte dei cristalli» fra il 9 e il 10 novembre, si scatenava il violento pogrom. Saggi e testimonianze sui rapporti tra le due culture e le speranze ebraiche di assimilazione nella società tedesca L, EBRAISMO tedesco , ha rappresentato uno dei fenomeni più importanti della cultura europea del Novecento. A cinquant'anni dal primo grande pogrom contro gli ebrei in Germania una serie di libri, usciti quasi contemporaneamente, affrontano il tema della simbiosi ebraicotedesca. Tra i titoli principali un breve, ma straordinario saggio di George L. Mosse, Il dialogo ebraico-tedesco. Da Goethe a Hitler pubblicato da Giuntina (124 pagine, 14.000 lire), e l'autobiografia giovanile di Gershom Scholem, il grande studioso di mistica ebraica amico di Benjamin, uscita da Einaudi col titolo Da Berlino a Gerusalemme (162 pagine, 20.000 lire), sulla presenza ebraica in Germania all'inizio del secolo. C'è poi la vivace autobiografia di un altro protagonista significativo della cultura ebraico-tedesca come Ludwig Marcuse, di cui il Mulino pubblica II mio Novecento (354 pagine, 40.000 lire), e infine un saggio, anch'esso autobiografico, delpiù autorevole germanista tedesco, Hans Mayer, intitolato I tedeschi e i loro ebrei, che uscirà nel n. 18 di 'Lettera internazionale'. A questi libri, tutti di fresca pubblicazione, si potrebbero aggiungere aimeno altri due titoli, già recensiti su «Tuttolibri; più che mai pertinenti al tema: il Rahel Varnhagen di Hannah Arendt e La mia vita in Germania prima e dopo il 1933 di Karl Lóivith, edili dal Saggiatore. LA notte tra il 9 e il 10 novembre del 1938, nota come «notte dei cristalli», Hitler e Goebbels scatenavano il più violento pogrom contro gli ebrei verificatosi fino ad allora nel Terzo Reich. Sinagoghe, abitazioni e botteghe ebraiche furono date alle fiamme e molti ebrei, uomini donne e bambini, furono uccisi e i loro averi saccheggiati. Due giorni dopo venivano emanati i decreti che imponevano a tutti gli ebrei 11 pagamento di un miliardo di marchi a favore dello Stato, 11 escludevano da qualsiasi attività commerciale e produttiva e dalla direzione delle aziende, ne vietavano l'appartenenza ad associazioni di categoria e perfino l'ingresso ai teatri, ai cinematografi, ai concerti, alle mostre. Cadeva cosi, insieme ai cristalli delle vetrine infrante, il grande sogno dell'assimilazione, dell'Integrazione del popolo ebraico nella nazione e nella cultura tedesca, un sogno che gli ebrei avevano accarezzato a partire dalla loro emancipazione e soprattutto dall'niuminismo, la stagione culturale che aveva aperto grandi speranze su un'umanità più tollerante, dominata e rischiarata dalla ragione universale. Una stagione culturale il cui ideale di umanità era stato incarnato da un'opera che sarebbe stata definita, più tardi, la magna charia dell'ebraismo tedesco: il Nathan der Weise (Nathan il saggio) di Lessing. D dramma era divenuto a tal punto esemplare e paradigmatico, in quegli anni, per gli ebrei colti che aspiravano all'emancipazione, che quando nel 1933 essi, già parzialmente esclusi dalla vita culturale tedesca, fondarono il loro «Judische Kulturbund» (Associazione culturale ebraica), il direttore Julius Bab decise di inaugurare la prima stagione teatrale con una rappresentazione di Nathan der Weise, allo scopo di diffondere "la grande culttira tedesca che ci dette nutrimento'. M3 a quel tempo la stretta della politica antiebraica non si era ancora consumata. Nell'autunno del 1938 ci fu la svolta. * * n 9 novembre — ha scritto William Sfiirer nella sua Siena del Terzo Reich — «in quella notte di tumulti e di incendi, il Terzo Reich aveva imboccato mia via tenebrosa e selvaggia, dalla quale non vi fu più ritorno. Già in precedenza un buon numero di ebrei era stato ucciso, seviziato e depredato, ma tali crimini erano stati commessi in gran parte da furfanti in camicia bruna... questa volta era stato lo stesso governo tedesco a organizzare e attuare un grande pogrom. Erano opera sua le uccisioni, i saccheggi, gli incendi delle sinagoghe, delle case e dei negozi nella notte del 9 novembre-. La storia della simbiosi ebraico-tedesca ha un inizio e una fine ben precisi: comincia con l'Illuminismo e finisce con la diaspora e l'olocausto. «Lo splendore spirituale di quella simbiosi — scrive nel suo saggio il germanista Hans Mayer — si è spento per sempre. Kafka, Freud, Einstein, Elias Canetti, Paul Celan, Walter Benjamin, Jean Améry, Hannah Arendt, Anna Seghers: una fioritura simile non è più possibile nell'ambito della lingua e della cultura tedesca». Tutto ebbe inizio in Germania verso la metà del XIX Secolo, con la riflessione sui diritti e la dignità dell'uomo. "Simbiosi ebraico-tedesca' questa fu l'impresa comune del figlio di un pastore protestante, Gotthold Ephraim Lessing e del piccolo e fragile ebreo Moses Mendelssohn di Dessau», scrive ancora Mayer. Fu allora che ebbe inizio e si instaurò quello che George L. Mosse definisce, nel suo saggio, il «dialogo ebraico-tedesco», che produsse un retaggio unico per gli ebrei stessi e per gU intellettuali di tutta Europa. «Se l'illuminismo rese possibile l'emancipazione ebraica — scrive lo storico — le dette una fede e uno scopo, favorì altresì un ideale di educazione personale che fu decisivo per l'ebraismo tedesco». Questo ideale di educazione personale al- tro non era che la Bildung di Goethe e di Schiller. E 11 culto di Goethe, vera e propria stella polare per gli ebrei tedeschi, ha svolto un ruolo essenziale nei salotti berlinesi delle madrine del primo romanticismo, le ebree assimilate Rahel Levlh (poi Varnhagen) e Dorothea Veit, futura moglie di Friedrich Schlegel. Walter Benjamin elogiava un'affermazione del suo amico Ludwig Strauss: "Soprattutto nello studio di Goethe uno trova la propria essenza ebraica». L'affermazione, che appare paradossale, trova conferma negli stili di vita della borghesia ebraica, dove "le citazioni di Goethe facevano parte di ogni pasto». Più tardi poteva capitare di apprendere che le ex dirigenti dell'organizzazione femminile ebraica furono viste leggere Goethe mentre aspettavano la deportazione. L'immagine, di un impatto emotivo e simbolico eccezionale, racchiude tutta la tragedia dell'ebraismo tede- * * il Bildungsbùrgertum, la borghesia colta, fu il ceto sociale che raccolse in eredità l'ideale classico della Bildung. Quest'ultimo «era certamente — scrive Mosse — un ideale fatto apposta per l'assimilazione, perché trascendeva tutte le differenze di nazionalità e di religione con l'enfasi posta sull'universalità della ragione e sulla possibilità che chiunque potesse ottenere cittadinanza per mezzo della Bildung». L'accettazione di queste idee era legata alla singolare struttura sociale dell'ebraismo tedesco, composto da una solida classe media, con nessun povero e quasi nessun contadino od operaio. Annota a questo proposito Ludwig Marcuse nella sua autobiografia: -Lo spazio più ampio della mia vita è la Germania; poco importa che da un quarto di secolo io non viva più là. Uno spazio più ristretto è la borghesia tedesca; poco importa che essa non esista più, o comunque non nel senso della mia giovinezza». Analogo l'ambiente familiare descritto dall'ebreo berlinese Gershom Scholem: "Eravamo una famiglia tipicamente borghese e liberale, in cui — come si diceva allora — l'assimilazione ai tedeschi era molto avanzata. A casa nostra c'erano solo pochi relitti percettibili dell'ebraico, per esempio nell'uso di locuzioni ebraiche che mio padre evitava e ci proibiva di impiegare...». L'assimilazione — racconta Scholem'nella sua autobiografia — dominava allora la vita degli ebrei tedeschi in Germania: «Se non apparteneva alla minoranza rigorosamente osservante, all'inizio di questo secolo un giovane ebreo si trovava di fronte a un processo di progressivo sfibramento spirituale dell'ebraismo. C'era qualcosa di atmosferico, che penetravanell'ambiente... e che contrastava con la generale esperienza del crescente antisemitismo, un'esperienza che poteva evitare solo un'immaginazione che si nutrisse di puri sogni». Abbarbicandosi a questi sogni, e al «primato della cultura» che l'Ideale della Bildung portava con sé, gli ebrei si rifiutarono fino all'ultimo di vedere quello che stava accadendo intomo a loro. -L'incapacità di giudicare — scrive ancora Scholem — tutto ciò che concernesse se stessi che caratterizzava la maggior parte degli ebrei, i quali tuttavia — se si trattava di altri fenomeni — esplicavano quella facoltà di ragione, di critica e lungimiranza che giustamente è stata spesso ammirata o anche criticata, — questa capacità di autoinganno è uno degli aspetti più islnfss o ò a a e o ù importanti e più tristi dei rapporti fra i tedeschi e gli ebrei». Gli ebrei aderivano insomma ad una ideologia che era stata nel frattempo abbandonata dalla maggior parte del tedeschi e la difendevano in condizioni in cui era scontato 11 suo fallimento, n nazionalsocialismo rappresentava soltanto 11 culmine di un lungo sviluppo durante il quale la Bildung di Humboldt, Lessing e Goethe si era progressivamente corrotta nella sua caricatura. Gli ebrei tedeschi si bloccarono nelle loro posizioni mentre la storia avanzava in una direzione imprevista. * * La degenerazione della simbiosi ebraicotedesca che si avvicinava al suo punto di rottura produsse un'altra Importante tendenza: accanto all'assimilazione e all'arroccamento sui valori della tradizione illuminista degli ebrei borghesi, colti e liberali, vi fu il risveglio nazionale ebraico, la presa di coscienza che il destino del popolo israelita non era l'assimilazione ma il recupero delle proprie radici. Sorse cosi l'alternativa fra i sionisti, che si basavano sulla valorizzazione dell'identità ebraica e volevano fondare un proprio Stato, lo «Stato ebraico» proclamato da Theodor Herzl a Vienna, e gli ebrei rimasti fedeli a Lessing e a Mendelssohn, 1 quali non si rendevano conto di come fosse perduta, oramai, la postazione che difendevano. Tuttavia la linfa culturale che aveva alimentato gli ebrei tedeschi assimilati nutrì — afferma Mosse — anche coloro che rifiutarono l'assimilazione in nome delle proprie origini religiose e culturali. Esempio tipico di questo fenomeno è il «sionista spirituale» Gershom Scholem, considerato l'erede di quell'illuminismo prussiano che si respirava a Berlino. La storia di Scholem è esemplare perché egli percorre a ritroso, con una coerenza unica, il cammino dall'ortodossia all'assimilazione che avevano compiuto in Germania molti suol correligionari: è il cammino, sia reale che metaforico, che dà il titolo alla sua autobiografia: Da Berlino a Gerusalemme. Sfilano, nei ricordi di Scholem, 1 personaggi più significativi del «dialogo» ebraico-tedesco: da Benjamin a Buber, da Agnon ad Aby Warburg, da Rosenzweig a Max Scheler. Ma c'è in particolare un episodio, strettamente legato alla cerchia familiare di Scholem, che merita di essere riferito, a testimonianza della complessità delle posizioni umane e politiche scaturite dalla simbiosi tra ebrei e tedeschi. Il fratello maggiore di Gershom, Reinhold Scholem, aveva sviluppato una posizione di destra, accentuando la tendenza all'assimilazione. Divenne membro della Deutsche Volkspartei (Partito popolare tedesco) e sarebbe entrato nella Deutschnationale Partei (Partito nazionale tedesco) se vi fossero stati ammessi gli ebrei 'Nel 1938 — ricorda Scholem — era emigrato in Australia; quando lo rivedemmo a Zurigo, poco dopo il suo ottantesimo compleanno, mia moglie, che non era al corrente della situazione tedesca, gli chiese che cosa fosse esattamente. Disse, forse con una certa esagerazione: "Sono nazionalista tedesco". "Come — replicò lei — e questo dopo Hitler?". "Non mi lascerò prescrivere le mie opinioni da Hitler", ribatté seccamente mio fratello. Lei rimase senza parole». Anche questo, dunque, produsse la simbiosi ebraico-tedesca. Lai li Mannarini Gli ebrei perseguitati dai nazisti in una una vignetta di «Der Stiirmer» (Anni 30) l na sinagoga in fiamme a Berlino nel 1938