Con Friedman le note vibrano da Evans a Berio

Con Friedman le note vibrano da Evans a Berio I dischi di un ottimo jazzista, ma conosciuto da pochi Con Friedman le note vibrano da Evans a Berio SOPRA il volto leale e sorridente di David Friedman, i capelli un tempo nerissimt cominciano a tingersi di grigio. I baffi, invece, resistono sul nero. Molti musicisti lo considerano il migliore vibrafonista in attività, anche oltre i confini del Jazz, ma pochi lo sanno. Succede che perfino gli addeti ai lavori, quando lo sentono nominare, chiedono notizie e spiegazioni; il grande pubblico lo ignora quasi del tutto. Nella sua scheda biografica si legge che è nato 'a New York il 10 marzo 1944. Ha compiuto studi musicali approfonditi che gli hanno consentito di suonare, oltre al vibrafono e alla marimba il pianoforte, la batterìa, numerosi altri strumenti a percusione, e di praticare con attorni risultati sia il jazz, sia la musica d'avanguardia: non a caso tra le sue influenze si riconoscono da un lato Bill Evans e dall'altro Luciano Berlo. E' insegnante e autore di pubblicazioni tecniche. Ha partecipato a numerosi festival, tra i quali quello di Moers, in Germania, e ha suonato nell'Orchestra Filarmonica di New York. Per tre anni, dal 1977 al 1979, ha lavorato sistematicamente assieme al vibrafimista David Samuels col quale ha fondato un quartetto. Doublé Image, assai interessante per l'originalità e la complessità dello stile. Attualmente dirige complessi propri. Se gli si chiede perché mal Ut sua fama sia così clamorosamente inferiore ai suoi artisti, la risposta è secca e precisa: «Voi euro- pei dovreste conoscere meglio l'ambiente musicale degli Stati Uniti, specialmente quello del Jazz. Lì, se non si corre dietro alle mode (in questo momento è ancora la/ustori che domina la scena), se un artista vuole seguire la propria vocazione ed esprimere quello che gli urge dentro, focile o difficile che sia, rischia di rimanere fuori dei circuiti che contano. Tutto qui, man non è certo poco». L'argomento brucia, perché il tono di voce è aspro e la fronte si aggrotta. Le parole di Fridman confermano una volta di più che le eccezionali doti native, la pratica quotidiana e l'esperienza possono non bastare. Eppure, quando lo si ascolta si resta colpiti innanzitutto dalla tecnica impeccabile e dal suono rotondo e corposo, che non assomiglia a quello di nessuno; i soliti paragoni con Lione! Hampton o con Milton Jackson sarebbero fuori luogo. Usa quattro tamponi, la musica fluisce dalla tastriera senza sforzo apparente, innervata da una continua creatività, sia che Friedman proponga composizioni proprie, sia che indulga a qualche motivo standard. E' chiaro che per un artista siffatto e arduo trovare la grande casa discografica che lo promuova con ogni mezzo e lo faccia partecipare ai circuiti concer¬ tistici che contano. Non per nulla Friedman, fin qui, ha realizzato soltanto quattro album a suo nome, mentre (sia detto senza mezzi termini) artisti che valgono meno di lui ne vantano a decine. In ordine di pubblicazione sono Of the wind's eye della Enja. Futures passed e Winter love Aprii Joy della toner City, Shades of change ancora della Enja. Lo scorso anno il vibrafonista aveva annunciato la lavorazione di un quinto long playing al quale teneva molto, peraltro non ancora uscito, a ulteriore dimostrazione dell'esistenza di un "Caso Friedman». Lo si può inoltre ascoltare in due album con Doublé lamge, rispettosamente della Inner City e dell'Ecm, e in un bellissimo duo con David Samuels (In lands I never saw detta Celestial Harmonies). Ci sono infine numerose sue collaborazioni discografiche, come compositore e come strumentista, con Chet Baker, Jack Dejohnette, George Bensqn, Hubert Louis, Horace Silver, Wane Shorter, Daniel Humair e altri. Franco Fayenz David Friedman

Luoghi citati: Germania, Lione, New York, Stati Uniti