Ritratto di Lennon con i colori del lessico familiare

Ritratto di Lennon con i colori del lessico familiare Anteprima: a otto anni dall'assassinio, la vita del cantautore raccontata dalla sorella Ritratto di Lennon con i colori del lessico familiare Otto anni fa, l'8 dicembre, uno squilibrato assassinava a New York John Lennon, da poco quarantenne. L'ennesima morte violenta toglieva al mondo del rock, e della musica in generale, uno dei suoi protagonisti più poetici e rivoluzionari. Ora, senza una precisa o evidente occasione, l'opera e la vita di Lennon suscitano un rinnovato interesse: due biografie, un film e due dischi (che includono due brani inediti) sono usciti in questo periodo. Probabilmente tutto parte da una biografia dissacrante scritta da Alberto Goldman («La vita di John Lennon» che Mondadori sta per pubblicare). In questo libro, Goldman descrive l'ex leader dei Beatles come uno schizofrenico, un epilettico, un tossicodipendente, un ubriacone omosessuale, un malavitoso, un marito violento e cosi via. La seconda moglie Yoko Ono ha cosi portato sugli schermi un'agiografia di Lennon, tentando di confutare le pesanti, e probabilmente false, accuse di Goldman. Ma non è la prima volta, né sarà l'ultima, che qualcuno tenta di lucrare sulla fama dell'autore di memorabili canzoni come «Imagine» o «Michette». Le seconda biografia, voluta per confutare falsi aneddoti sull'infelice infanzia di Lennon, è scritta dalla sorella (da parte di madre) Julia Baird («Lennon mio fratello», Armenia, pp. 190, L. 21.000). Di questo libro, delicato nei toni e ricco di ricordi, anticipiamo alcuni brani per concessione dell'editore. Quella che la sorella ci offre, è l'immagine più privata di John Lennon: non vengono dimenticati i momenti pubblici di una rockstar, ma sono soprattutto gli accenti del lessico familiare ad illuminare i giorni di un grande personaggio del nostro tempo. ALCUNI storici dei Beatles hanno, scritto che John è cresciuto solo e infelice, tagliato fuori dalla famiglia. Le cose non sono andate cosi. Le nostre vite erano talménte legale fra loro che tutti noi appartenevamo a un frammento detta famiglia di un altro. Entravamo e uscivamo in continuazione l'uno dalla casa dell'altro, con zie che ci trattavano come fossimo stati loro figli, parlando di ciascuno di noi, e facendoci la predica se era . il caso, come facevano coi rispettivi figli. Eravamo tutti quanti perfettamente felici, al centro di una famiglia incredibilmente unita La nostra era un'unica grande casa composta di cinque sorelle e sette figli Stan (l'unico figlio di Mater), Leila e David (i due pargoli di Harrie), Michael (figlio di Nanny), e John, Jacqui e me. I nostri zìi non avevano quella grande importanza. Erano figure vaghe sullo sfondo: andavano al lavóro e non si intromettevano nelle nostre faccende. Una volta, parlando della propria famiglia in un'intervista, John ha detto: 'C'erano cinque donne che erano la mia famiglia. Cinque donne forti e intelligenti. Una di loro è stata mia madre. Quelle donne erano fantastiche. Un giorno o l'altro potrei scrivere su loro qualcosa del tipo La' saga dei Forsyte. Sono state loro la mia prima, vera educazione femminista», ■k ★ JOHN sollazzava Jacqui e me con divertenti disegni che tracciava sotto i nostri occhi. Era sempre stato bravissimo a disegnare, coi libri che aveva scritto e illustrato da bambino, i fumetti che sapeva creare in un lampo', gli strani mostri e le immagini psichedeliche che ornavano la sua camera da letto a Mendips. Se i nostri compiti a casa richiedevano qualche illustrazione, lui era pronto ad aiutarci col ritratto di un terrificante dinosauro o di un soldato romano in una superba uniforme. I nostri insegnanti si accorgevano sempre-.che noi non saremmo mai state in grado di disegnare niente del genere. Il talento di John deve essergli venuto, senza dubbio, da nostra madre, che era capace,di disegnare e dipingere con assoluta spontaneità. Quando ci raccontava storie, che inventava a mano a mano, disegnava per noi i personaggi su un taccuino, col progredire del racconto. Talora dipingeva acquarelli, magari una natura morta con un cesto di mele: oppure, come quando andammo in vacanza a Khyl, nel Galles del Nord, una marina Una volta dipinse un grande asfodelo giallo sulla parete del bagno. E sotto scrisse: 'Volete che i vostri denti diventino gialli come questo asfodelo? Allora non lavateli!'. Possedeva un senso artistico estremamente sviluppato, anche per la musica. 'Mia madre sapeva suonare tutti gli strumenti a corda che esistevano', ha detto una volta, orgoglioso, John. Lo strumento preferito di Julia era il banjo di madreperla appartenuto a suo nonno Stanley, che le aveva insegnato a suonarlo quando era bambina In seguito, mia madre non ebbe nessun'altra educazione musicale. Continuò a suonare a orecchio, come John. Suonava e ci cantava filastrocche, ad esempio Three Blind Mice (Tre topolini ciechi) e una versione particolare di My Son John (Mio figlio John). IL grande grammofono a manovella di mio padre era l'epicentro delle serate che trascorrevamo in casa. Fu grazie a quel grammofono che Jacqui, John e io conoscemmo per la prima volta la nuova, strana musica che giungeva dall'America, il rockn roll, portata a Liverpool dai marinai che tornavano dai loro viaggi. Dal momento in cui mia madre mise sul piatto un disco di Elvis e lo fece ascoltare a John ;:er la prima volta, lui se ne innamorò. Lo stesso accadde quando il grammofono gli fece conoscere Buddy Holly. 'Il primo pezzo che ho imparato a suonare è stato That'U Be The Day; ha raccontato John in un'intervista, molti anni dopo. 'Mia madre me lo insegnò sul banjo. Restò lì con me con infinita pazienza finché io non riuscii a riprodurre tutti gli accordi. Era una perfezionista Mi costrinse a ripetere e ripetere finché non ebbi imparato tutto a puntino. Ricordo che fece rallentare la velocità del disco in modo che io potessi scrivere le parole. Sentire Buddy per la prima volta fu uno shock totale. E pensare che era proprio mia madre a farmi appassionare a tutto quello'. Il primissimo strumento musicale di John fu una vecchia armonica a bocca. che gli aveva regalato George, il marito di Mimi. Era la sua proprietà più preziosa. La portava consè da per tutto; non voleva perderla d'occhio un solo istante. * * NEI giorni seguenti pensai molto a John. A fine settimana arrivò una sua lettera, il che significava che doveva averla scritta immediatamente. Nella lettera tornava su tutto ciò che ci eravamo raccontati al telefono e diceva che la conversazione gli aveva fatto ricordare tante cose. Yoko era di nuovo in ospedale, e John diceva che gli sembrava di dover essere lui a partorire, che non vedeva l'ora che tutto fosse finito. -Non dimenticare di dire a Jacqui di chiamarmi', mi ricordò di nuovo, e si firmò 'tuo fratello John, zio dei tuoi figli». Era come se volesse garantirsi i rapporti con la famiglia, avere la certezza che la nipote e i due nipoti che non aveva mai visto sapessero almeno che lui era lo zio. Anche i miei figli facevano parte delle radici che John tornava a cercare. (...) Dopo quella prima telefonata, John e io continuammo a sentirci almeno una volta al mese. O mi chiama¬ va lui, ola chiamavo io col "sistema colléct. L'argomento delle conversazioni fu sempre lo stesso: la famiglia, e soprattutto mamma John parlava e parlava di lei, rivivendo la propria infanzia. Ci crogiolammo tutti e due nei ricordi, nei giorni felici, nelle risole, nell'umorismo surreale, e fummo sempre riportati allo stesso punto: alla tragedia e all'assurdità della morte di Julia, e al bisogno di lei che avevamo. Mi ripetè infinite volte quanto le mancava. Mi disse che era contento che io mi chiamassi Julia. Anche mia figlia avrebbe avuto lo stesso nome, ma David lo scelse per la sua prima figlia, nata un anno prima della mia. Anche John aveva Julian, per cui la tradizione del nome sarebbe continuata. Comunque, sentire la canzone Julia sul White Album resta sempre, per me, un'esperienza sconvolgente. (...) Dopo la nascita di Sean, il 9 ottobre 1975, John fu troppo occupato a interpretare il ruolo del padre per avere il tempo di chiamarmi. Lo risentii solo dopo diverse settimane, e continuai a sperare che il biglietto d'auguri che gli avevo spedito per il compleanno fosse arrivato in tempo. Si, era arrivato, lo stesso giorno della venuta al mon¬ do di Sean, esattamente'trentacinque anni dopo lanascita di John. »! Quando finalmente ciparlammo, mi disse di esse-' re pieno di gioia Aveva preso la decisione di occuparsi di suo figlio finché' non avesse avuto cinque: anni, mentre Yoko avrebbe; pensato al loro ufficio e agli; affari di casa. Disse che£ avere il bambino era un'e-t sperienza meravigliosa. Mi\ parlò di Sean come una; madre al primo parto. ; John aveva raggiunto" l'età in cui ci si rende conto, dell'importanza di una fa-, miglia. Sean era la sua im-1 mortalità. Con John a gui-Z darlo nei primi artni,sareb-', be cresciuto secondo il no-' stro vecchio stampo, e il no-i me del Lennon sarebbe^ sopravvissuto. Jofin era so-; stanzialmente un uomo de->dito alla famiglia. Era ere'; sciuto in una calorosa at~ mosfera familiare, circon-* dato d'amore da ogni lato.» Già una volta aveva persol'occasione di avere una fa' miglia tutta sua, in parteper colpa del fatto di essere: un Bea tic, e voleva rico-' minciare da capo. La nascita di Sean gli aveva dato. un'eccitazione incredibile. Sean era la sua nuova vita, ' e io ero felicissima che, nonostante la fama e la ricchezza, John potesse avere tanta gioia nella sua esistenza occupandosi del fi-, glio, godendosi la sua in-, fanzia. Cominciò a scroi-, tarsi di dosso la vecchia im-; magine, che in certi momenti era stata quasi quella di nemico pubblico] numero uno. Mi raccontò per ore cosa: significasse essere di nuovo padre, e questa volta padre, sul serio, sperava. Orgogliosissimo, mi parlò di not-; ti insonni, delle pappe diSean, del suo primo sorriso,^ del vederlo crescere. Pavoneggiandosi, mi disse che non avevo idea di quantofosse faticoso prendersi cura del piccolo. "Guarda che ci sono passata anch'io;' gli feci presente, e scoppiammo a ridere tutti e due nel renderci conto di quanto fosse estremo il suo entusiasmo. Adorava portare Sean a passeggio in Central Park sulla carrozzella, mostrarlo a tutti pieno d'orgoglio. Le tournée coi Beatles gli avevano fatto perdere in modo quasi completo i jj primi anni di Julian. Quel| la ver lui era un'esperienza del tutto nuova, e non voleva perdere un solo momento della crescita di Sean. Faceva qualunque cosa per lui. Aveva proibito a Cynthia di prendere una governante per Julian Era dell'idea che i primi cinque anni di vita siano i più decisivi, e che solo un genitore possa provvedere a quel periodo tanto fondamentale. Così John faceva alzare Sean al mattino, lo vestiva e gli dava la colazione, gli preparava il pranzo, poi restava sempre in casa, disponibile per il gioco. Quando non era occupato con Sean, passava il tempo a leggere. I libri erano ancora la sua più grande passione. Non aveva letto più tanto dai tempi della scuola quando, raggomitolato sul letto di Mendips, si lasciava trascinare nei mondi dei Viaggi di Gulliver e di Alice nel paese delle meraviglie. Credo che John con Sean volesse fare ciò che non aveva fatto per Julian «Ho sbagliato tutto nel modo più completo', mi disse una volta. "Comunque Julian è ragazzo splendido, nonostante quello che gli ho fatto. Sean avrà tutta la mia attenzione fin dal primo momento». ... < . , Julia Baird John Lennon durante l'esibizione dei Quarrymen in cui conobbe Paul McCartney (1956)

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