Frutterò & Lucentini: il sorriso e il furore di Lietta Tornabuoni

Frutterò & Lucentini: il sorriso e il furore Frutterò & Lucentini: il sorriso e il furore FRUTTERÒ & Lucentini detestano il presente: lo si capisce ancora meglio rileggendo 1 loro articoli usciti tra il 1985 e 111988 su varie pubblicazioni ma soprattutto su «La Stampa», scelti e raccolti ora sotto 11 titolo «La manutenzione del sorriso» (Mondadori, 310 pagine, 24.000 lire). Del presente salvano certi personaggi e atmosfere francesi, parigine, o certe occasioni studiose di ripensare a Federigo Tozzi, al Manzoni, all'editoria antica, a d'Annunzio; mentre appartengono già al passato alcune ammirate personalità avventurose, alcuni scrittori prediletti. Italo Calvino, Piero Chiara. Del presente detestano naturalmente, lungo i tortuosi, micidiali percorsi dell'attualità, le detestabili cose italiane: «il delirio ripetitivo della politica nazionale, le assurde o criminali insipienze della burocrazia, le indegnità dei pubblici servizi, i disperati affollamenti estivi, la proterva idiozia di certi spettacoli teatrali e cinematografici: tutto quello che ogni giorno suscita un'indignazione sempre reiterata e dunque sempre più sfiduciata, dà 11 sentimento d'una impotente solitudine, fa ridere male, fa patire. Ma del presente Frutterò & Lucentini detestano specialmente la perdita degli strumenti o delle armi propri dello scrittore. Perduta la possibilità di racconta-, re il mondo: -Un secolo fa la società ancora non era (o non appariva) troppo complicata per le forze d'uno scrittore, ancora era concepibile tentare di de¬ scriverla totalmente... Qualsiasi fatto, qualsiasi persona, trovava ancora il suo posto naturale in un sistema narrativo che coincideva col mondo». Perduta la forza esatta delle parole, adoperate a caso o a orecchio, malintese, sequestrate da indebite appropriazioni (-"democratico", se è lecito chiedere in prestito un vocabolo confiscato dai trovarobe della sinistra»), sfinite e svuotate dall'uso improprio sistematico, alterate dall'approssimazione e dall'ipocrisia dei linguaggi mediatici, politici, burocratici, rivendicativi, ridotte, a suoni indistinti appena allusivi, a -grugnito preistorico: Perduta la funzione profonda della cultura, trasformata In capriccio neòmane, in succedersi di trovate, di idee futili o di rivisitazioni, in susseguirsi di finte scoperte e innovazioni spurie, in •prevalenza del cretino». Perduta l'ironia, nella quotidiana drammatizzazione parodistica, nelle amplificazioni della vita immaginaria: -L'ironia è una pulce in questi tempi ormai totalmente occupati dal pachiderma dell'insolito, dell'abnorme... Orli di abissi, inquinamenti irreversibili, negoziati stellari, tecnologie sbalorditive, carestie inaudite, scandali devastanti, disperate emergenze, nulla più succede che non sia presentato come fuori da ogni regola, precedente, misura». Perdute, nella -no¬ stalgia dell'analfabetismo», la rilevanza sociale e la battaglia culturale di scrittori e intellettuali -consapevoli di combattere ormai ai margini della immane e confusissima mìschia, figurine seminascoste tra gli alberi, infiacchite dal dubbio di aver sbagliato bandiera, uniforme, avversario, in uno scontro in cui non valeva comunque la pena di impegnarsi». Detestare un presente detestabile che lo disarma e spodesta può essere del tutto naturale per lo scrittore, anche per lo scrittore chiamato a scrivere ' su giornali quotidiani o settimanali, persino per il giornalista: ma Frutterò St Lucentini non si arrendono. Non sono rassegnati né indifferenti, in loro mancano il rimpianto e l'indulgente autocompassione, la malinconia è assente: sono furenti, invece. Se il furore contraddice l'ironia, diventa impervio conservare il sorriso, meccanismo -estremamente delicato, tragicamente usurato, sempre in procinto di incepparsi e spegnersi»: eppure sorridono, ci riescono, ce la fanno. Come fanno? Quello di Frutterò & Lucentini non è il sorriso rassicurato e furbetto di chi deplora il proprio tempo ma non ci vive per niente male, di chi usa la critica, la protesta e l'invettiva come un mantra o un esercizio oratorio oppure come una variante della preghiera quotidiana. Non è il sorriso superiore e saggio, -sereno, bonario, filosofico, di chi ha fatto pace e vuol farti far pace col mondo e i suoi spilloni avvelenati». Non è fi sorriso gretto dello snob che osserva la volgarità altrui, se ne diverte e la irride. Non è il sorriso compiaciuto e vile che da sempre i commedianti italiani riservano ai difetti, guasti, vizi nazionali anche più atroci. Non è 11 sorriso scemo all'americana, rictus d'una vitalità sufficiente a se stessa, dello speranzoso rinvio ottimista «domani è un altro giorno». Il sorriso di Frutterò & Lucentini è lo stile, naturalmente: e lo manu tengono, r»n cura sempre più raffinata, densa, divertente e con sempre più intenso sottile piacere (loro, nostro), benissimo. Lietta Tornabuoni

Persone citate: Federigo Tozzi, Italo Calvino, Lucentini, Manzoni, Piero Chiara