Tutti insieme eticamente di Gianni Vattimo
Tutti insieme eticamente Parliamone Tutti insieme eticamente POTETE immaginare due filosofi più lontani fra loro di quanto lo siano sir Karl Popper e Jacques Derrida? Ebbene, proprio loro sono stati (insieme al terzo premiato, Carlo Sini, successore di Enzo Paci all'Università di Milano) i protagonisti della decima edizione del «Premio di filosofia Federico Nietzsche», che si è celebrata a Palermo'lo scorso weekend, con due giornate intensissime di seminari in cui Popper e Derrida hanno lungamente discusso con un gruppo di filosofi italiani e con un folto pubblico il significato delle proprie proposte filosofiche, nel panorama culturale contemporaneo. Al di là della notizia di cronaca, due riflessioni sembrano scaturire da questo avvenimento. Anzitutto: non sempre la «convegnisticà» imperversante nel nostro Paese merita il male che se ne dice. Questo premio, e l'Associazione di studi e ricerche intitolata a Nietzsche che lo assegna (con una giuria di cui fanno parte alcuni fra i più noti filosofi italiani), esiste da dicci anni, grazie all'entusiastica attività che vi dedica Alfredo Fallica, professore di filosofia in un liceo palermitano, e i contributi della Regione Sicilia. Nei dieci anni della sua vita, ha laureato (e portato a Palermo, per incontri e seminari sempre di alto livello) filosofi come Hans Georg Gadamer, Paul Ricoeur, Emmanuel Lévinas, Luigi Pareyson, Emanuele Severino, e ora Popper e Derrida, mettendoli a confronto non con il pubblico spesso generico delle conferenze «di cultura», ma con studiosi e docenti universitari invitati di volta in volta in base alle specifiche competenze. E' un'iniziativa che, partita in modo molto modesto, e senza un grande prestigio accademico, si è a poco a poco rafforzata unicamente in base alla qualità delle sue scelte. Non è molto, ma non è nemmeno poco. C'è però una seconda, più importante considerazione da fare: la decima edizione di questo premio ha accostato due filosofi molto distanti fra loro, Popper e Derrida, e per giunta nel nome di Nietzsche, che almeno a Popper sembra profondamente estraneo (anche se lo è meno di quanto si creda, come ha sottolineato la motivazione del premio letta da Severino, che evidenzia in Popper un grande critico delio scientismo positivistico — in questo molto simile a Nietzsche). Che una vocazione profonda dell'attuale filosofia italiana, e uno degli elementi della sua popolarità presso il pubblico dei non specialisti, sia proprio la sua capacità di mediazione, interpretazione, forse anche volgarizzazione? Da questo punto di vista, è significativo che sia Popper sia Derrida, nelle loro introduzioni ai rispettivi seminari e nei discorsi di accettazione del premio, abbiano insistito su tematiche etiche e politiche, piuttosto che di epistemologia e filosofia della conoscenza. Derrida, soprattutto, ha impostato il suo intervento («Politiche dell'amicizia») sulla necessità di delineare, anche a partire da Nietzsche, una visione della democrazia e della politica che vada al di là del famoso schema (di Cari Schmitt) fondato sull'opposizione amiconemico. Una prospettiva sulla quale anche Popper può dichiararsi sostanzialmente d'accordo. Se c'è una possibilità di mediazione e dialogo fra tradizioni filosofiche diverse (come l'epistemologia rappresentata da Popper e l'ermeneutica rappresentata da Derrida), oggi essa tisiede, più che nell'indagine sulla conoscenza, la scienza e i suoi meccanismi, nella messa in luce di una comune ispirazione etico-politica. Ora, la tradizione filosofica italiana, molto più di altre, con i suoi Croce, Gramsci, e prima ancora Vico, sembra avere una specifica vocazione in questo senso. Su tale vocazione, vatrtbbe la pena di riflettere. Gianni Vattimo
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