Che fatica fare da balia a Brecht, Walser e Rilke

Che fatica fare da balia a Brecht, Walser e Rilke I grandi della letteratura tedesca nei ricordi dell'editore Unseld Che fatica fare da balia a Brecht, Walser e Rilke NAPOLEONE fu un grand'uomo, ha scritto di recente un sociologo, se non altro perché fece fucilare un editore. Goethe nutriva un'avversione quasi proverbiale peri librai (termine col quale designava gli editori): I librai sono creature del demonio, e dovrebbe esserci un'inferno apposta per loro. Hebbel non aveva dubbi: E' più facile camminare con Cristo sulle acque che con un editore nella vita». A riportare questi giudizi poco benevoli sui mestiere che svolge è uno dei più grandi editori tedeschi, da anni alla testa delle celebri case editrici Suhrkamp e insci: Siegfried Unseld. In un volume edito da Adelphi e Valdonega, L'autore e il suo editore (pp. 300, L. 50.000), Unseld ha raccontato le vicende editoriali di quattro autori centrali del Novecento: Hesse, Brecht, Rilke e Walser. I rapporti che legano i grandi autori al loro editori si svolgono per lo più dietro le quinte della scena letteraria e restano ignoti al grande pubblico dei lettori e a volte anche a quello degli specialisti: il libro di Unseld ha quindi il merito di schiuderci un mondo segreto e di fornirci nuove, inedite prospettive da cui osservare autori di cui conosciamo bene l'opera e l'attività pubblica. Tuttavia non è nelle minuzie dei problemi tecnici o nelle intuibili miserie delle questioni economiche che si esaurisce, come si potrebbe credere, il racconto del direttore della Suhrkamp. Attraverso la sua storia editoriale Unseld imposta una visione critica dell'autore o ne arricchisce quella esistente: a volte, come nell'emblematico caso di Robert Walser, l'editore tedesco arriva a far coincidere — in modo convincente ed emozionante — la vicenda editoriale con il destino letterario e umano dello scrittore. La tragica vicenda del grande é spesso misconosciuto poeta e scrittore svizzero, autore dell'Assistente e dei Fratelli Tanner, che ha concluso la sua precaria esistenza in una clinica psichiatrica viene infatti interpretata da Unseld alla luce dell'insuccesso letterario («la serpe malvagia e pericolosa dell'insuccesso» come Walser la chiamava) e della sfortuna editoriale che ha caratterizzato la breve parabola artistica di Walser e contro cui egli ha lottato invano tutta la vita. Ecco come Unseld definisce il 'caso Walser': «Ne.' nostro secolo nessun altro grande scrittore di lingua tedesca ha avuto contatti così numerosi e cosi mutevoli con gli editori più importanti; nessun altro scrittore si è visto pubblicare uno o due lavori dall'una o dall'altra delle grandi case editrici per poi essere repentinamente abbindonato. E'quello che è accaduto a Walser con la Insel di Anton Kippenberg, con Kurt WoÙf, Bruno Cassirer, Samuel Fischer, Ernst Rowohlt. Anche questa esperienza ha fatto di lui ciò che è diventato: un grande scrittore e anche il paziente della casa di cura di Herisau»; Unseld avverte con pena, nel caso Walser, tutta la enorme, tremenda responsabilità — letteraria, sociale, umana — che grava sulle spalle dell'editore. Qual è il compito, si chiede con angoscia Unseld, di un uomo la cui parola può avere un peso così grande? Intanto, afferma, decisivo è il suo rapporto personale con gli autori. Gli autori sono convinti che per l'editore — come per loro d'altronde — non vi sia differenza tra lavoro e tempo libero, e si aspettano che egli sia sempre pronto a occuparsi dei loro casi personali; l'editore diventa una specie di balia letteraria, di analista, di uomo d'affari e di mecenate. A questo proposito Unseld cita il biografo di Hesse, Hugo Ball, che a suo giudizio ha fornito la descrizione più esatta della funzione di un editore di opere letterarie. Secondo Ball l'editore è co- lui che «eon/erisce all'opera, prima ancora che sia santa, una realtà e uno statuto intellettuale», e può trasmettere all'autore -quel senso del proprio lavoro, quell'atmosfera di simpatia e di aspettativa» senza i quali forse l'opera non potrebbe nemmeno vedere la luce. Questo, dunque, è il compito dell'editore: infondere coraggio, liberare energie. Ciò vale soprattutto per quegli autori dalla sensibilità fragile e delicata, incapaci di difendere i propri interessi e caratterizzati da un'invincibile e connaturata «modestia» nei confronti del mondo, anche se profondamente sicuri del proprio valore letterario. A questa categoria appartengono i Walser, i Kafka, i Rilke. Quest'ultimo, racconta Unseld, «era l'uomo più modesto del mondo e, per le questioni finanziarie, il più sprovveduto. Aveva un'alta opinione delle proprie capacità artistiche, ma un'idea assai limitata dei guadagni che poteva ricavarne. Anche i più piccoli versamenti che riceveva dalla Insel per i diritti d'autore, anche le integrazioni, piuttoste magre, che Anton Kippenbcrg glifaceva avere, suscitavano in lui espressioni traboccanti di gratitudine». Non erano di questa stoffa Hesse e Brecht, che sapevano difendere bene i loro interessi Uno degli editori di Brecht, Wieland Herzfelde, ha affermato con disperazione che «con lui gli editori non hanno avuto vita facile». Alcuni episodi di questa storia editoriale rivelano aspetti importanti del personaggio e del suo metodo di lavoro, del suo modo ad esempio, di concepire l'opera d'arte. Herzfelde si era proposto, nel 1938, di riunire tutti gli scritti di Brecht in quella che sarebbe stata la prima edizione delle opere complete. Brecht voleva mantenere per l'edizione completa il titolo Versuche (tentativi) perché Werke (Opere] gii sembrava troppo definitivo. Tale volontà corrispondeva alla natura del suo lavoro, che non aveva un traguardo fisso ma mirava a innescare un processo continuo. «Tentativo» di «esperimento» erano categorie centrali nell'attività di Brecht. Ma Herzfelde temeva che quel titolo avrebbe conferito un'aura troppo specialistica all'opera e riuscì a convincerlo. Le cose non furono però così facili su un secondo punto. Brecht non voleva che si usassero le maiuscole per i sostantivi, ma anche in questo caso — racconta Unseld — ebbe la meglio l'editore, che nella scrittura senza maiuscole, contraria a tutta la tradizione tedesca, vendeva un ulteriore barriera tra la produzione letteraria e i lettori. Urne ld ci racconta, nel suo libro, decine di questi piccoli particolari, di questi episodi rivelatori. Ma è impossibile non avvertire, nel suo lungo racconto, un timbro lievemente melanconico che rivela come la simpatia segreta, l'ammirazione profonda e anche l'inconfessato senso di colpa dell'autore si rivolga ai grandi misconosciuti, a quegli autori ignorati e maltrattati dall'editoria, il cui decano di lingua tedesca resta lo sfortunato Robert Walser. Lafli Mannarini Bertolt Brecht

Luoghi citati: Adelphi