Olga Ivinskaya: ero Lara per Pasternak e aspetto la riabilitazione di Emanuele Novazio

Olga Ivinskaya: ero Lara per Pasternak e aspetto la riabilitazione Parla la donna che ispirò lo scrittore: il legame sentimentale, le vicende del «Dottor Zivago» e i campi di lavoro Olga Ivinskaya: ero Lara per Pasternak e aspetto la riabilitazione MOSCA — Accanto a lei, nella piccola stanza invasa di aggetti, ci sono le foto di «allora-: Boris Pasternak solo, 11 volto sempre come distratto. Boris Pasternak accanto agli amici. Boris Pasternak insieme con lei, Olga Vsevolodovna Ivinskaya, la donna che lo scrittore amò fino alla morte. Quelle foto, incorniciate al muro, stese sul piano di una piccola scrivania, appese ai vetri di un armadio, Olga Vsevolodovna le guarda, le racconta, le spiega. Come si fa con frammenti di memoria quasi ossessiva, che continuano a tormentare e a parlare. Oggi, a 76 an-' ni, Olga Ivinskaya è una donna piccina dal capelli bianchi ondulati, gli occhi celesti molto vivaci e alle volte un po' lustri; di eleganza discreta: un abito di maglia a quadri bianchi e neri, ie scarpe grigie col mezzo tacco, un filo di granato al collo. Come in una foto di quarant'anni fa: quando, incontrando lei, Pasternak aveva trovato il personaggio di Lara. — Come conobbe Pasternak? «Fu nel novembre del '46, quando avevo trentaquattro anni, ero già vedova e avevo due figli. Lavoravo a Novy Mir, responsabile della sezione giovani Ricordo che in quel perìodo veniva da me un ragazzino biondo con le sue prime poesie: Evgheny Evtushenko. Lui, Boris Leonidovich, venne un giorno su invito del direttore della rivista, Konslantin Simonov. Un giorno gelido, con pioggia e nevischio. Poi cominciò a telefonarmi, chiese un appuntamento: 'Voglio che ci diamo del tu, sarebbe una menzogna darsi del lei', mi disse. E cominciò il nostro romanzo. Tutto, allora, mi divenne chiaro e inevitabile.' — In quel momento stava nascendo anche Zivago. «Afe aveva scritto un paio di capitoli. Ma il romanzo 'apevaun altro titolo, allora, «Quadri di vita di mezzo secolo; e quei capitoli li aveva chiamati «Ragazzi e ragazze: —Lei e Zivago siete entrati; insieme, dunque, nella vita di Pasternak. •Credo che Boris Leonidovich inseguisse già il sogno di scrivere l'opera che avrebbe tirato le fila della sua vita. Ma certo nel romanzo entrai poi io, con la mia storia'. — sì riconosce in Lara? •Quando Boris Leonidovich disegnò quel personaggio ci mise dentro anche me, ma noi due, io e Lara, non sempre coincidiamo. Anche mia figlia è nel romanzo: è Katenka, la figlia di Lai a. Quando la vide, le disse: 'Irochka, me lo chiedi proprio, con i tuoi occhi, a)i entrare nel romanzo'». —Il romanzo cambiò la sua vita? «Restò legato al mio destino.. Al punto che, nel '49, fui arrestata dal Nkvd, la polizia segreta.» —Come andò? •Mi presero perché ero presente, alle prime letture del romanzo, quelle che dal '47 Boris Leonidovich faceva agli amici. Mi chiesero di riassumere i capitoli scritti fino ad allora: dicevano che era un libro antisovietico, ma il mio riassunto andava contro le loro previsioni. Fu. allora che accadde: mentre ero alla Lubianka, dopo un interrogatorio mi dissero •ora vedrai Boris», e mi por-, tarono in un obitorio: ero incinta di lui, e per io spavento abortii. Nostro figlio nacque morto, era di sette mesi». — Come reagì Pasternak? «Mi accadde una seconda volta, quando tornai dal campo: ero andata in campagna per affittare una dacia a degli amici, e capitò per la strada. Mi resi conto, allora, che non avrei mai potuto avere figli da Boris Leonidovich. Lui piangeva, diceva: possibile che per nostro figlio non ci sia posto, al mondo? Ma quella volta, la seconda, mi accusò di essermi comportata in modo irragionevole, di aver rischiato troppo con quel viaggio disagiato». — E il processo: come andò? «Fui condannata a cinque anni di campo, in Mordovia: nemmeno da un tribunale, ma per corrispondenza, come avveniva allora. Dalla famosa •troika», segretario del partito, capo della polizia segreta e procuratore. Nel verdetto mi si accusava di 'essere stata vicina a persone sospette di spionaggio'». — Come furono gli anni del campo? •Era un campo per prigionieri politici che non ne avevano lo status. All'inizio ero caposquadra; ma non riuscivo a farlo, e cosi mi assegnarono lavori pesanti, i cosiddetti «obscie raboti»: zappavo i campi». — Perché non arrestarono Pasternak, ma presero lei? •Non so. Ma si sparse voce, allora, che all'ultimo momento Stalin vietò l'arresto di 'quella persona con la testa fra le nuvole'». — Quando era nel campo, riusciva a comunicare con Pasternak? •Potevo ricevere posta soltanto dai parenti più stretti, così lui si firmava col nome di mia madre. Quelle lettere mi salvarono. Ricordo un giorno particolarmente difficile, ero malata, stremata dalla fatica. Mi chiamarono al posto dì guardia, nella notte, e mi mostrarono le poesie di Boris Leonidovich. Non me le lasciarono tenere; ma quel fatto insolito, nella vita net campi, mi fece capire che lui faceva di tutto per farmiuscire». — «riuscì? •No, ma feci solo quattro anni. Perché mori Stalin, e Berta liberò quelli con condanne non superiori ai cinque anni. Tornai a Mosca, tornai da lui». ■ —Fu difficile Incontrarsi di nuovo, dopo tanta assenza? •Lui verme subito, anche se forse aveva qualche scrupolo, qualche imbarazzo. Forse pensava come avrebbe potuto: essere, il nuovo incontro: forse aveva paura di vedermi troppo cambiata, invecchiata. Invece ero solo un po' dimagrita, forse più pallida. Mentre ero nel campo, lui ebbe un infarto, e fu salvato dalla moglie. E si sentiva suo debitore. Ma tutto ricominciò come una volta: affittai una dacia vicina alla sua, a Peredelkino». —Ebbe mai una crisi seria, con Pasternak? •Come succede a tutti, avevamo momenti di incomprensione. Lui lo scrisse, in una poesia: •Siamo fili ad alta tensione: Ma dalla metà degli Anni Cinquanta tutto si stabilizzi), e ci.rendemmo conto che non ci saremmo mai separati». — Poi arrivò la tempesta: su Zivago e su di voi. •Ne fui coinvolta fino alla fine. Fui io a portare il manoscritto nelle redazioni delle riviste, loro mi trattavano come la persona di fiducia di Boris Leonidovich. Prima della famosa seduta all'Unione Scrittori che ne decise l'espulsione, il 31 ottobre del '58, ce ne fu un'altra, alla quale lo rappresentai Avevo la sua delega perché lui era malato. Per la prima volta sentii l'accusa di «alto tradimento» nei suoi confronti, perché il romanzo era stato consegnato a Feltrinelli. Cercai di spiegare, ma non mi lasciarono parlare, e il presidente dell'Unione, Alexei Surkov, mi cacciò, mi disse «lei rappresenta un traditore: Ma nell'insieme sì diffuse un comportamento ambiguo, nei nostri confronti. Fu così che nacque la lettera di Boris Leonidovich a Krusciov, nella quale chiedeva di non essere espulso dal Paese: ma non fu lui a scriverla». — Chi la scrisse? •lo, insieme con un giurista che aveva suggerito quella strada. La preparammo insieme, e ci aiutarono anche Ariadna Efron e Marina Tsvetaieva. Poi andai dal capo del settore cultura del comitato centrale, che rivide il testo, e Boris Leonidovich lo firmò: —Era d'accordo su tutto? •Sì, seguì le mie proposte, lo tenevo per le briglie: lui pensava che la sua vita fosse in pericolo. Alla lettera fece una sola correzione: 'Nato in Russia», scrisse, «non in Urss». Mi decisi quando mi parlò di suicidio, mi disse facciamolo tutti e due, e mi mostrò un flacone di NembutaL Era il 27 ottobre del 58: venne nella mia stanza, c'era mio figlio e gli disse: •Mitia, la mamma deve seguirmi», e Mitia rispose: •Certo, la mamma deve fare quel che volete voi». Gli dissi aspettiamo un giorno, almeno; e corsi da Kostantin Fedin, lo scrittore; gli raccontai quel che era accaduto, che la tensione lo stava portando al suicidio. E le cose cambiarono: andai al comitato centrale, e capii che temevano lo scandalo. Qualcuno mi propose di tener fermo il romanzo, in Italia, per un anno, perché nel frattempo sarebbe stato pubblicato anche in Urss. Ma l'anno passò sema che accadesse nulla. Era un espediente, credo: per tirare per le lunghe. Surkov cercò di avere indietro il manoscritto, ma non ci riuscì». — Pasternak si tranquillizzò? «JVo, ma decidemmo di stare a vedere. Era una situazione diffìcile, molti scrittori lo criticavano per aver passato il romanzo all'estero. Ma il fatto che intorno a lui ci fossero persone che ne condividevano il dolore, gli rese più facile sopportare le accuse». — Come trascorsero, quegli ultimi anni? •Faceva traduzioni, e c'era una corrispondenza cifrata con Feltrinelli Boris Leonidovich aveva un amico, il corrispondente del •Welt» a Mosca, Heinz Schewe, parente della moglie di Feltrinelli mi pare. Era lui a passargli i messaggi, e a tenere legami con i traduttori. Fu allora che le autorità, qui a Mosca, fecero pressioni su Boris Leonidovich perette richiamasse il manoscritto e lo modificasse, ma lui rifiutò. Poi, pensava a una autobiografia, e lavorava alle bozze delle •Opere scelte». Cercò anche di riscrivere te vecchie poesie, ma glielo impedimmo. E scrisse la 'poesia per il Premio Nobel», lì mondo la deve a me: avevamo litigato, lui si sentì solo e la scrisse per lamentare •non c'è la mia mano destra». Ma lavorava anello alla commedia «La bella cieca», rimasta incompiuta e pubblicata sema autorizzazione dallo scrittore Lev Oserov sulla rivista •Prostor». Il manoscritto mi fu sequestrato due mesi dopo la sua morte, nel 60, quando venni arrestata per la seconda volta. Da allora ho provato a riaverlo, ma inutilmente: nonostante abbia una «ricevuta» che dimostra la mia proprietà: — Perche 11 nuovo arresto? •Mi presero insieme con mia figlia Ira: trovarono del denaro inviato da Feltrinelli Ci accusarono di contrabbando e rapporti con stranieri, anche se erano rubli e non valuta straniera. Mi condannarono a otto anni, mia figlia a tre, ma abbiamo scontato soltanto metà della pena. Poi, tornai a Mosca, dove ho lavorato come traduttrice e più tardi ho avuto una pensione. Ora aspetto la riabilitazione: — Che rapporti aveva lei con la famiglia di Pasternak? •Loro sapevano del mio ruolo nella sua vita. Abbiamo cercato di rifare la nostra vita, di troncare i rapporti con loro; ma lui aveva compassione per la moglie, temeva che il distacco potesse avere conseguenze troppo pesanti. Era concentrato sulla sua seconda vita; te co. se ufficiali seguivano la moglie, ma quelle principali seguivano me. Diceva: vìvo qui e lavoro la». — Come giudica la pubblicazione di Zivago su Novy Mir? •L'hanno fatto precedere da una strana nota: è il testo 'definitivo, hanno scritto. Ma non ne hanno il diritto: il testo definitivo era quello che Boris Leonidovich passò a Feltrinelli Ci saranno stati forse una decina di errori di battitura; ma quello era il testo che lui avrebbe voluto ve■ der pubblicato in Urss». — Cosa Ai, per lei, la morte di Pasternak? •Quando eravamo insieme tutto aveva un colore, diverso. La mia vita di prima era finita, ne cominciava un'altra». — Le è difficile, oggi, ripensare a Lara? •Si Guardo a Lara come atta mia giovinezza». Emanuele Novazio. Ol Iik l fili Iri Ptk M l 1945 Olga Ivinskaya e la figlia Irina con Pasternak a Mosca nel 1945 La casa di Pasternak nelle vicinanze di Mosca