Dellera: «Gina ha dei problemi» di Donata Gianeri

Lino Capolicchio, gran vanitoso con ironia Adesso fa il regista d'opera: «Tutte le primedonne vogliono essere dirette da me» Lino Capolicchio, gran vanitoso con ironia Lino Capolicchio, o delle vanità: trincerato dietro la sua facciata eternamente infantile, senza una ruga, sotto il caschetto di capelli biondocastani, senza un filo grigio, Capolicchio non solo rifiuta di invecchiare, ma addirittura di crescere. Parla di sé dicendo "da grande» quasi fosse un'eventualità lontanissima, evita di dire l'età, gli secca invecchiarsi sullo schermo o sul palcoscenico, nasconde dietro fumate d'inchiostro, come i calamari, il fatto di avere un figlio di sedici anni. Il quale, in realtà, gli fa da padre. Tutti questi vezzi un po' da diva, nascondono stranamente sicurezza di sé, determinatezza e una gran voglia di provarsi, in tutti i campi dello spettacolo. — Ultimamente, lei si è fatto tentare dalla regìa dell'opera lirica: approdo inevitabile di molti attori. 'Davvero non lo sapevo. Io ci sono capitato per puro caso. Un giorno vennero a intervistarmi per la rivista L'Opera: volevano sapere se amassi o no la lirica e alla fine scopersero, sbalorditi, di trovarsi di fronte un melomane accanito. Così, quando si trovarono a mettere in scena La Bohème al teatro Giglio di Lucca, patria di Puccini, qualcuno fece il mio nome. Per me, non è stata una sorpresa, avevo sempre detto che "da grande" avrei fatto il regista: così mi presentai ed esposi il mio progetto. 'Un'idea scenografica straordinaria con cui intendevo smantellare tutta la convenzionalità che da anni l'opera lirica si porta dietro». — Non è certo il primo a tentare l'impresa: stupisce anzi che, nell'opera, sia rimasto ancora qualcosa di convenzionale. "Non di certo nella mia Bohème: pensi che ho trasformato la prima scena mostrando lo spaccalo dì una casa popolare della Parigi d'epoca, per cui si potevano vedere nelle loro stanze sia Rodolfo che Mimi. Poi gli approcci amorosi come se fossero girati al rallentatore, i languori portati all'estremo, scene che sembravano appena uscite da Tranquillo Cremona. Un successo mai visto». — n debutto è stato il 22 settembre, con quattro repliche. E dopo? "Dopo, ne vedrete delle belle: già subisco un assedio di prime donne, perché ormai vogliono essere tutte dirette da me. Diciamo che in quelle quattro sere, a Lucca, è accaduto un miracolo perchè tutto funzionava a meraviglia ed io sono riuscito a ottenere proprio quello che volevo. Un finale così bello, non si eramai visto». — Capolicchio: lei è di una vanità incredibile! "Sono abbastanza vanitoso, è vero; ma poi, vede, ho l'ironia che mi salva». — E oggi le sue intenzioni quali sono, cinema, teatro, lirica? "Oggi le mie idee sono ancora più confuse di un tempo, se possibile: d'altronde, detesto quelli con le idee chiare. Per il momento sto scrìvendo un nuovo film, perché quello che avevo già pronto, su Tiberio Mitri, pare sia troppo costoso». —EU teatro? "In teatro farò Cronaca di Leopoldo Trieste con regiadi Mario Ferrerò per il Consorzio di Calabria. Ho scelto questo testo, perché mi lega una vecchia amicizia con Trieste, con quale feci un film, alcuni anni fa. Siamo cinque attori, tutti molto giovani e sconosciuti: tranne me, s'intende». — Vuol dire che lei non si considera giovane? -Voglio dire che non mi considero sconosciuto, ovvio: so benissimo che io mi sento giovane, ogni anno di più. Già gli attori sono por- tati q restare più infantili degli altri perché continuano a credere nel gioco; ma io sono un caso limite. Penso che continuerò a gìóddre per tutta la vita». — La sua vita, Capolicchio com'è? •In questo momento, molto agitata sentimentalmente: ci sono ferite che si riaprono di continuo e non si rimarginano. Sono un piccolo romantico, un giovane che soffre: Werther in confronto a me non era nessuno». — Dio mio, Capolicchio, quando si deciderà finalmente a invecchiare? •Invecchiare?, mai. Mi rifiuto persino di diventare adulto, pensi un po'. Certo questo mi limila come attore, perché non sanno più che parte affidarmi. Invecchiarmi, è difficilissimo: quando feci il padre di Mozart, nel film di Avati, impiegavano più di due ore a truccarmi. Qualcuno disse anche che stavo meglio con la faccia segnata e la parrucca grigia. Per carità! Io mi piaccio soltanto così, come sono: ogni ruga, per me, è un dramma. La mattina mi spio nello specchio e se vedo una zampa di gallina che prima non c'era, è l'infarto. Anche ogni filo bianco, è uno choc: per me il terrore corre sul filo». Donata Gianeri

Luoghi citati: Calabria, Lucca, Parigi, Trieste