E i cinesi patiscono la censura di Stefano Reggiani

E i cinesi patiscono la censura E i cinesi patiscono la censura In concorso «Uno e otto» di Zhang Junzhao e per la Germania «Terra dei padri, terra dei figli» TORINO — Noi cittadini non tedeschi siamo fortunati. Abbiamo già tutto scritto nei libri di storia della scuola media, Hitler e il nazismo, magari con qualche semplificazione, ma senza sensi di colpa, e possiamo parlarne, quanto ne abbiamo parlato. .1 giovani tedeschi invéce (e sia detto senza ironia) guardano al passato recente della Germania con timore e titubanza, i testimoni non sono ancora scomparsi, i nonni, se non 1 padri, erano direttamente coinvolti. La tentazione maggiore è rimuovere. Il silenzio magari non basta ai giovani come Nico Hofmann (anni 29): prima di girare 'Land der valer, land der soline- (Terra del padri, terra dei figli) Hofmann era di quelli che pensavano malinconicamente e un poco retoricamente: 'Se i giovani di questo paese potessero portare il lutto per la storia della loro patria, per la storia delle vittime e dei carnefici, forse ci si potrebbe davvero liberare ed emancipare dai condizionamenti della mìa generazione-. Possiamo dire che il film di Hofmann, presentato in concorso a CinemaQiovani, è una risposta verso la consapevo¬ lezza dei figli, con una condanna netta del passato? Non è così facile. 'Terra dei padri, terra dei figli- è la constatazione di una continuità nella rottura, di una vicenda dei padri da vedere con compassione da parte dei figli, tanto più grandi gli errori, tanto più grande la pena affettuosa. Che non è, si badi bene, una assoluzione, ma forse un modo per non rendere invisibile la storia. Nel film un giornalista di 25 anni vuole ricostruire la vita del padre imprenditore, morto anni prima. Ha appreso dalla madre che l'uomo si è ucciso; per sapere perché interroga superstiti, recupera vecchie foto, compie un viaggio in Polonia: come un film in bianco e nero si snoda la storia del padre e l'interprete è lo stesso attore che fa il figlio. Durante la guerra il padre aveva accettato di gestire in Polonia una fabbrica confiscata, impiegandovi prigionieri ebrei di un vicino lager, senza curarsi delle periodiche sparizioni. Verso la fine della guerra, distruggendo i documenti, s'era preso i macchinari della fabbrica, trasportandoli nei teli della Croce Rossa al posto dei feriti. S'era ucciso, quando un giornalista aveva scoperto il suo passato pòco edificante. Adesso, 11 ritratto-inchiesta del figlio viene pubblicato con un titolo problematico, Ù figlio s'è in qualche modo riconosciuto e sogna di fermare la mano suicida. E' sempre benvenuto il cinema cinese ai festival, questo 'Yige he bage-. Uno è otto, di Zhang Junzhao, In concorso a CinemaOiovani. giungeva con la fama accattivante di un'opera prima a lungo osteggiata dalla censura. Anzi, al festival veniva annunciato il finale originale, poi barattato con uno più patriottico e meno violento. In realtà 'Uno e otto-, tratto da un poema sulla guerra nippocinese di Ouo Xiaochuan, è un film volutamente spigoloso e può suscitare qualche perplessità per l'accumulo di effetti violenti, manieristico in maniera provocatoria. Fatto ad imitazione dei film americani sul carcere e sull'esercito (alcuni brutti ceffi si redimono di fronte al pericolo), il gusto semplificato sembra richiamare il cinema di Hong Kong e magari certi esempi di western all'italiana. Un distaccamento cinese è in ritirata, inseguito dai giapponesi, e si trascina dietro un gruppo di prigionieri (spie, ladri, disertori, avvelenatori) e un comandante ingiustamente accusato. Lungo la marcia i criminali comuni s'uniscono contro l'ufficiale, ma insieme ne sono affascinati; fino al grande riscatto conclusivo in cui i prigionieri combattendo contro i giapponesi, danno la vita per la patria. Si,' può darsi che passi anche per questo grande manierismo il rinnovamento del cinema cinese, ma quando si combinano i pezzi a freddo,.occorrono in particolare misura e coerenza stilistica. Tra le scene «eccessive», da segnalare un'esecuzione giunta all'ultimo atto e poi rinviata per pentimento dell'esecutore e il finale censurato: rimasto solo e con un colpo in canna, uno dei prigionieri uccide l'infermiera del distaccamento che sta per essere violentata dai giapponesi, vuol risparmiarle l'onta. Nel finale concordato coi censori il prigioniero ha molte'pallottole e fa fuori tutti i giapponesi, poi scappa con la ragazza verso un avwenire migliore. Potenza della censura. Stefano Reggiani —

Persone citate: Hitler, Hofmann, Land, Nico Hofmann, Zhang Junzhao

Luoghi citati: Germania, Hong Kong, Polonia, Potenza, Torino