II diavolo ispira i polacchi

II diavolo ispira i polacchi Il Festival Cinema Giovani propone a Torino due sezioni ricche di titoli e tematiche sempre polemiche II diavolo ispira i polacchi Fuori concorso un inedito di Zulawski del 72 che riporta all'attualità il tema della patria lacerata TORINO — Passano per un attimo in secondo piano, nella retrospettiva di Cinema Giovarti intitolata al Cinema polacco 1956-1970, i nomi ormai celebrati di Wajda, Munk, Has e Zanussi. Inserito fuori progamma perché datato 1972 ma pensato e urlato secondo una foga lirica che chiude gli Anni Sessanta, ecco l'inedito Dtabel ài Andrzej Zulawski. Il regista segue i ritmi e le follie degli scrittori patriottici polacchi, che non si soffermano sulle minuzie di cronaca ma preferiscono esprimere con una ventata romantica le aspirazioni e le angosce d'un popolo chiamato dai destino a lottare continuamente per affermare la propria stessa esistenza. Qui Zulawski prende spunto dalla spartizione polacca della fine Settecento ma attraversa l'Ottocento e cita l'attualità senza minimamente allentare la presa nei conironti di spettatori che non devono chiedere logica e storicità al racconto. Un diavolo di seconda categoria, tutto in nero e con la vocazione di ballerino, semina 1 orrore nella Polonia che viene a contaminare. Il suo eroe o piuttosto vittima è l'ardente Jakub. il quale trascorre da un castello a una corte a un monastero, sospinto da una vena fatale che si colora di sangue. Liberatolo infatti da una cella dove avrebbe languito a morte, il diavolo gli mette in mano un rasoio affilato e in testa le tentazioni più spaventevoli. Jakub, scosso da crisi epilettiche e da smanie patriottiche, in realtà si trova preso tra dissolutezze e tradimenti, di ora in ora più segnato dal fango e dal sangue. In questa sua dannata avventura sottolineata da cadenze horror, il protagonista rinuncia a un tratto al romanticismo perché nella lotta contro il nemico e contro sé stesso non conosce più il popolo ma unicamente nobili e potenti. Soltanto un gruppo di artisti, più indifesi degli altri, ne arresta per un attimo la furia. In un finale intinto nel fato dove una suora rapita si erge a vendicatrice contro il diavolaccio, Zulawski propone un suo nichilismo che all'epoca sconfinava nella polemica nipple. E' ripetitivo, macabro però manovra come nessun altro la macchina a mano dando l'idea di essere immersi nel peccato, noi e i personaggi. Non lontana dà una simile concezione si conferma la sua attuale produzione girata in Occidente e vivificata da forme diverse di divismo: la Deneuve per Possession, la Kaprysky in La /emme publìque, la Sophie Marceau di L'amour braque. Rimanendo ai nomi classici della retrospettiva, quale gioia nello scoprire o nel ritrovare Andrzej Wajda e Andrzej Munk. Un uomo sui binari di Munk (1956) costituisce la prima artistica testimonianza sul periodo degli errori politici, dove la vigilanza volontaria e il proselitismo partitico fecero vittime innocenti e inermi. Senza mai calcare la mano Munk descrìve l'incomprensione che con il falso modernismo incontra un anziano meccanico delle ferrovie. Non desta simpatia perché sembrerebbe preso dal lavoro inteso secondo un individualismo sacrale, eppure con il suo sacrificio salverà i viaggiatori d'un convoglio destinato a deragliare, Nella commissione d'in chiesta la verità tarda crudelmente a venire alla luce. Munk seleziona i tempi e i ritmi con una razionalità geniale, eliminando la colonna sonora tradizionale e colorendo il film di sibili; sbuffi, stridori delle locomotive. Di sequenza in sequenza si apprezza l'interpretazione di Kazimierz Opalinski, un uomo del passato che fa arrossire i piccoli rivoluzionari. Infine il capostazione, non riuscendo a trovare un colpevole in alternativa, conclude i lavori della commissione d'inchiesta con un eloquente: «Si soffoca qui dentro!'. Si soffoca dentro alla Polonia. Del resto la cinepresa panoramica dall'ufficio alla ferrovia, che abbiamo appena conosciuta come luogo di errori. Non c'è modo di respirare, come non c'è ugualmente modo di respirare per 1 resistenti di /Canal, l'altro film, che nel '56 confermava per opera di Wajda i dubbi di una generazione. Pagate alcune convenzioni al genere bellico, la regia si libra nel racconto di una condizione umana mai smentita neppure nelle oscene circostanze di un'Impossibile fuga dai tedeschi attraverso le fogne. Kanal e il successivo Cenere e diamanti introdussero 11 pubblico italiano alla conoscenza della cinematografia che con il «free cinema» inglese apriva il discorso del rinnovamento attuato in Francia, Cecoslovacchia e in parte da Hollywood. In conclusione una curiosità per «cinéphiles». Nella parte del compositore che si perde nelle fogne all'esile suono di un'ocarina, compare Wladislaw Sheybal. Con il nome di Vladek Seybal lo ritroveremo, in una situazione diversamente musicale, nelle vesti dell'impresario che anima le sequenze alla Busby Berkeley citate da Ken Russell ne II boyfriend. Piero Perona Il regista Zulawski

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Francia, Hollywood, Polonia, Torino