Eremo, ospedale dimenticato di Daniela Daniele

Eremo, ospedale dimenticato In attesa della ristrutturazione, vetri rotti, furti, spazzatura Eremo, ospedale dimenticato La N di «SAN», ruotata su se stessa, è lì penzoloni, in attesa di cadere. La scritta sul "frontone" potrebbe essere il titolo di un libro sul degrado. I cespugli che crescono rigogliosi sulla scalinata d'accesso, i vetri rotti, le serrande arrugginite e i sacchi di spazzatura, poco lontano, sono la giusta cornice all'opera. Così si presenta oggi l'ospedale dell'Eremo, una delle sedi distaccate del •San Giovanni Battista, città di Torino», uno dei tanti «punti sanità» che non sarebbe corretto definire dimenticati perché gli amministratori li ricordano benissimo ma che sono sicuramente assai trascurati. Dotato di un ampio parco, sulla strada che porta a Pecetto, l'Eremo (dal nome antico dell'Eremo dei Camaldolesi) è un edificio che sta, letteralmente, perdendo i pezzi. Dalle vetrate è possibile scorgere l'interno: i pavimenti di marmo, gli ambienti spaziosi, moderni, ma anche i cristalli infranti del gabbiotto che una volta era l'ufficio informazioni per parenti in visita ai malati. Il cancello che si apre sul parco è aperto. Entriamo, alla ricerca di un custode, e percorriamo il viale ombreggiato da ippocastani. Il «castello» sembra disabitato e le tracce dell'abbandono sono evidenti. Ma, in fondo al corpo centrale dell'edificio, c'è un'auto. Ci sono persone e, su una panca, cassette di ortaggi. Si starino caricando prodotti della terra (frutto del lavoro di malati psichici e di infermieri), destinati ad una comunità terapeutica torinese. «Abbiamo il permesso dell'Ussl», spiega uno del pre- senti e aggiunge: «Afa come avete fatto ad entrare? Ci vuoleun'autorizzazione». Autorizzazione che ladruncoli e teppisti non hanno certo mal richiesto, negli ultimi mesi, non soltanto per entrare, ma per sfondare porte e far man bassa di quanto hanno trovato all'interno delle ex corsie. Tutto era cominciato nel luglio del 1987. In una bella giornata di sole, i ricoverati erano stati costretti a far fagotto e trasferiti al Centro di Rieducazione Funzionale, tra i mugugni di tutti. Il responsabile dei servizi ospedalieri, dottor Rivara, aveva spiegato: «L'Eremo, così com'è, non può funzionare. Le caldaie devono essere fermate e sostituite, la radiologia è antiquata, la cucina non va bene, il tetto è da rifare». L'ospedale è di proprietà della Curia e l'Usi paga un affitto. Qua! è il suo destino? Alessandro Braia, presidente dell'Ussl 9, informa: «Stiamo portando a termine uno studio per sapere, con esattezza, quanto verrebbe a costare il ripristino della struttura. E dobbiamo anche decidere quale destinazione dargli. Siamo, comunque, orientati verso una soluzione che alleggerirebbe il carico pazienti delle Molinette. L'Eremo, infatti, potrebbe diventare un luogo per lungodegenti, non soltanto anziani, ma anche per coloro che hanno bisogno di cure che durino per molto tempo». Aggiunge: «A questo proposito si dovrebbe fare anche un accordo.con l'ospedale di Chieri che potrebbe così usufruire degli stessi locali per far posto ai mala- li acuti». Si è ancora alla fase dello studio, dunque. «Anche perché — osserva Braia — abbiamo bilanci stretti e ci auguriamo che, in futuro, gli ospedali torinesi riescano ad attirare un po'più di attenzione, quanto a contributi economici. Nel frattempo, però, facciamo molte altre cose». Come le tre nuove sale operatorie, o il litotritore, o la messa a punto del centro per i trapianti di fegato alle Molinette. Ma si fa un'autentica scelta dì priorità a vantaggio dell'assistenza, o s'impegnano energie e denaro soprattutto in opere «di prestigio»'? Sorgono perplessità al riguardo, anche alla luce di quanto la Lega per l'Ambiente va raccogliendo. Spiega Gianni Sartorio: «Ci giungono da più parti segnalazioni di carenze sia nell'adozione sìa nell'utilizzo di apparecchiature per diagnosi e terapie. E' ilcaso del laboratorio analisi dell'Usi di Nichelino, costretio a chiudere perché non si fanno certe riparazioni, oppure delle fisioterapie spesso inutilizzate o degli elettroencefalogra.fi comperati e ancora inattivi o del mancato-acquisto degli eco tomografi negli ambulatori extraospedalieri». Fanno eco i sindacati, con un ulteriore distinguo. Claudio Mellana, Cgil Funzione Pubblica: «Dovendo fare lavori di ristrutturazione sarebbe meglio dare la precedenza a strutture interamente pubbliche, come il Biràgo di Viscfte. Afa, purtroppo, non si fa nulla, né da una parte né dall'altra». E l'Eremo, per ora, con i suoi 150 posti letto, serve soltanto da orto. Daniela Daniele Rovine e abbandono: così si può ridurre un ospedale

Persone citate: Alessandro Braia, Braia, Claudio Mellana, Gianni Sartorio

Luoghi citati: Nichelino, Rivara, Torino