Panetta al di qua della siepe di Gianni Romeo

Panetta al di qua della siepe Panetta al di qua della siepe JOHNSON 10—I Giochi olimpici erano una specie di grande abbuffata, per gli sportivi. Ma quando si erano gustati da poco il piatto più prelibato, il canadese ha mandato per traverso 11 banchetto ai commensali E anche i cibi serviti nei giorni successivi, per colpa sua, non hanno più avuto quel sapore speciale che ci si sarebbe aspettato. RANETTA 9 — Era la bandiera di un'Italia generosa che corre in testa al gruppo, non specula, non fonda i suol successi stilla sola furbizia. Forte, coraggioso, sereno. Invece a Seul ha ingannato un po' tutti, ha deluso le attese soprattutto perdendo il coraggio. Non quello di andare in testa alla corsa, ma di avvertire prima che non era più il Ranetta di un anno fa. Ci ha ingannati facendoci macerare nella speranza, sapendo che era una speranza impossibile. GIURATI BOXE 8—L'Olimpiade non sfugge alla regola del grandi tornei di calcio, chi gioca in casa gode di certi favori. Ma quando questi favori superano ogni limite del buon senso, quando si arriva ad intimidire tutto un ambiente picchiando un arbitro, non fanno brutta figura solo i picchiatori Ancor di più 1 giurati, ben lieti di barare nei verdetti con la coscienza addormentata dall'alibi ' dell'intimidazione. E se un Parisi fa dimenticare 1 torti subiti da un Nardieiio, nop si può dimenticare una brutta pagina di sport. AOL'ITA 7 — Voleva un posto nella storia per la sua bravura, lo ha ottenuto per la sua presunzione, andando a scegliersi le distanze più difficili. 15000 lo avrebbero salutato vincitore, i 10.000 forse anche. Aouita è l'emblema dei grandi perdenti di un'Olimpiade dell'atletica mai cosi poco rispettosa dei suoi grandi personaggi. Da Reynolds a Cram, da Moses alla Kostadinova, si è visto che non basta 11 biglietto da visita per intimidire gli avversari. LAMBERTI 6 — n nuotatore prodigio è stato silurato dall'emo¬ zione, colando a dicco. In troppi gli avevano detto che era bravo, lui è stato preso dall'angoscia di non esserlo. E c'è riuscito davvero bene. Ma il fallimento di Lamberti deve far capire quanto sia difficile emergere in un'Olimpiade: gli atleti sono come delle auto di Formula 1, basta che non funzioni un ingranaggio e anche gli altri si bloccano. TIRATORI 5 — Ci avevano abituati troppo bene gli uomini del tiro azzurro, Ad ogni Olimpiade, pam, una medaglia d'oro centrata in pieno. Questa volta hanno colpito le illusioni. Hanno pedalato in salita, proprio come 1 corridori della 100 chilometri PALLANUOTO 4 — La squadra di Fritz Dennerlein evidentemente aveva consumato nella notte di Madrid '88, al Mondiali tutta la sua baldanza. Ci si attendeva a Seul la ripetizione di quel film, ma ecco invece una pellicola già vista troppe volte nello sport italiano, quando il peso delle responsabilità fa smarrire la ragione. Eppure i giocatori di pallanuoto sono tutti maggiorenni e professionisti PUBBLICO 3 — Per la gran chiusura dell'equitazione allo Stadio olimpico spettatori zero. Nello stesso stadio Bubka aveva rinunciato a tentare 11 record mondiale dell'asta perché venivano applauditi i decathleti mentre lui cercava di concentrarsi su una misura (6,10), mai tentata al mondo. E le gradinate si svuotavano prima delle grandi finali. Oppure al tennis la gente arrivava quando le partite si stavano concludendo. Per la gente di qui evidentemente l'importante è partecipare. O non partecipare. DRECHSLER 2 — C'era Florence Griffith a chiuderle la strada e nessuno muove alla tedesca del l'Est accuse speciali per non aver vinto. Ma quel senso di rassegnazione, o di felicità, per essere arri vata almeno seconda fa sbiadire l'immagine di una ragazzona che non aveva pelle scura né muscolacci, ma sembrava anche lei una figlia del vento. GINNASTICA 1 — Ci avevano troppo abituati bene le Comaneci e le Retton, tanto per ricordare due nomi di ballerine dello sport che avevano incantato il mondo. Qui a Seul tutte brave, tutte perfette. Ma tanti piccoli robot, non il gemo e la grazia. Nessuna ci ha fatto innamorare. LEWIS 0—Anche il grande Cari sta nella pagella dei «meno». Sfiora soltanto la sufficienza. Dalle 4 medaglie d'oro di Los Angeles '84 è sceso a due, una delle quali tutti ormai sanno come guadagnata. Nella staffetta è stato vittima senza colpe, ma anche quell'episodio è un po' l'emblema della sufficienza con cui gli americani, troppo sicuri di sé, hanno affrontato le gare. Dai nostri inviati Gian Paolo Orai ezzano e Gianni Romeo Panetta questa volta ha deluso

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