Bordin, è nata una leggenda

Bordin, è nata una leggenda L'italiano vince Foro nella maratona e vendica, dopo 80 anni, Dorando Pietri Bordin, è nata una leggenda L'azzurro controlla la corsa, poi ha una breve crisi ma negli ultimi due km si scatena - Superati di forza Wakiihuri (Kenya) e Saleh (Gibuti) H dal nostro Inviato GIORGIO BARBEBIS SEUL — L'oro più puro arriva con Gelindo Bordin, dopo i 42.195 metri di una maratona che fa rivivere epopee passate, con il cuore trepidante specie per gli ultimi metri, nel ricordo mitico — che tanti ha avvicinato all'atletica — di quel lontano 24 luglio 1908 in cui Dorando Pietri fu, quanto meno, vincitore morale della gara olimpica di Londra. Questa volta non è stato un arrivo drammatico: in tanti, forse tutti, eccetto il buon Gelindo, avevamo messo il cuore in pace quando dopo 37 km e 800 metri 11 gibutiano Saleh, rimasto a guidare la corsa con l'azzurro e il keniano Wakiihuri, ha attaccato e Bordin ha perso contatto. Immediatamente abbiamo cercato il concorrente successivo, il giapponese Nakayama, per sapere se avremmo ancora visto la bandiera italiana sventolare durante una premiazione. Rassicurati, ci siamo concentrati sul duello di testa, protagonisti gli stessi uomini di un anno fa a Roma, dove Bordin era stato terzo ap punto dietro a Wakiihuri e Saleh, fino a che — mancavano due chilometri e pochi metri al traguardo — ecco la maglia azzurra riavvicinare i primi, agguantare dapprima il keniano che aveva perso qualche metro, quindi raggiungere e superare — siamo al km 40,450 — anche Saleh. Sembra un sogno, l'atletica italiana conclude la sua annata più difficile con la vittoria più esaltante. L'entrata in pista — dove per nove giorni abbiamo vissuto gare davvero degne di un'Olimpiade, capaci di far superare anche il traumatizzante effetto-Johnson —, l'apoteosi dell'ultimo giro, il segnarsi di Bordin con la croce a 80 metri dal traguardo, l'inginocchiarsi a baciare il terreno doo l'arrivo fanno parte delle immagini che, riproposteci dai filmati, rivedremo e rivivremo chissà quante volte; l'emozione di vedere Bordin lanciato verso il trionfo rimarrà però unica, indelebile. Gelindo Bordin, che correva la sua decima maratona (ne ha vinte cinque), l'aveva promesso nei giorni di vigilia: "L'Olimpìade viene ogni quattro anni e bisogna correrla per vincere. Un piazzamento a priori non mi sento di sottocriverlo. Cercherò di stare con i primi e, al trentacinquesimo chilometro, giocherò le carte che posseggo, ogni possibile energia'. La gara, com'era prevedibile, ha progressivamente portato alla ribalta coloro che già alla vigilia venivano indicati come potenziali protagonisti: Bordin sempre nelle primissime posizioni a controllare. I primi 10 km vengono percorsi in 30*32"; dopo 15 in testa si forma un gruppo di una ventina di corridori. Ci sono tutti i migliori, degli azzurri anche Poli rientrato do po un momento difficile. Pizzolato è invece più indietro: farà, come suo solito, corsa a risalire, raggiungendo e superando molti. Il gruppo di testa viaggia compatto, il tanzaniano Ikangaa quasi sempre in testa. Allo scadere della prima ora sono stati percorsi 19.560 metri. H 20° km viene superato dopo un'ora 01'26". Verso il 23° cede nuovamente Poli e al 25° (passaggio in un'ora 16'57") 11 gruppo di testa è formato da 13 corridori: gli australiani Meneghetti e De Castella, il keniano Wakiihuri, il tanzaniano Ikangaa, il sovietico Kachapov, i giapponesi Nakayama e Seko, il glbutiano Saleh, il britannico Spedding, il messicano Herrerà, e Bordin. L'assenza più rilevante è quella dell'altro keniano Houssein, in grave crisi fin dai primi chilometri. Ed eccoci vicini al 30 km, Bordin esce allo scoperto: suda e beve poco, pare non risentire della fatica. E difatti attacca, la sua è una scrollata violenta che dimezza il gruppetto di testa. E' il momento della verità, quello degli ùlti¬ mi terribili chilometri nei quali è tutto possibile, compresa la cotta che ti manda ko. Oggi i sistemi di allenamento sono avanzati, basati sull'analisi approfondita dell'individuo, del suo organismo, delle sue reazioni alla fatica. Ma non possono prevedere lo stress che ogni gara propone in maniera differente. Nella maratóna gli ultimi 10-12 km rappresentano il momento della verità e tanto più è avvenuto ieri in una gara ad eliminazione: chi non è riuscito a trovar sintonia con il ritmo del primi — mai elevatissimo, salvo i momenti di «strappata», anche per i 25 gradi di temperatura media, fortunatamente senza che mai l'umidità superasse 1 valori del 30 per cento —, una volta staccato non ha più avuto modo di tornare sui primi. Cosi ecco, dalla pattuglia dei «magnifici 7» del 30° km cedere nell'ordine Seko, Spedding, Inkangaa, Nakayama. Dopo 36.700 metri sono dunque in tre in testa, gli stessi di un anno fa a Roma, le ormai potenziali medaglie. Poi l'allungo di Saleh ed 11 finale tutto-Bordin con un'ultima emozione quando Wakiihuri si riprende e sembra mettersi all'inseguimento dell'azzurro ormai al comando, Ma Gelindo si volta, vede l'avversario. Sul volto gli si ridisegna l'espressione dettata della determinazione: ed è l'apoteosi, con l'ambasciatore Graziella Simbolottl che rimedia alla mancanza della tradizionale corona di alloro per il vincitore, entrando in pista con un tricolore che avvolge intomo alle spalle dell'azzurro. Mentre iniziano i festeggiamenti, ecco anche gli altri azzurri arrivare: Pizzolato ha rimontato tanti, è sedicesimo; Poli diciannovesimo. Nel complesso gli azzurri sono cosi secondi solo al Giappone (Nakayama 4°, Seko 6°, Shintaku .17°). Seul. Mille obiettivi per Bordin all'ingresso nello stadio Seul. Tagliato il traguardo Bordin s'inginocchia e bacia il terreno in segno di ringraziamento

Luoghi citati: Giappone, Kenya, Londra, Roma